«La mangiatoia è finita, chi speculava con margini altissimi per fare "integrazione", spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere». L’ultima leggenda sui migranti e l’accoglienza è sintetizzata così, in un tweet irriverente del ministro dell’Interno Matteo Salvini che accompagna la notizia, diffusa da un quotidiano locale del Veneto sulla rinuncia della Caritas a partecipare al nuovo bando disegnato sulla legge del decreto sicurezza. "Poche risorse per migranti, anche la Caritas si toglie: non partecipa al bando per l’accoglienza". Un’offesa per chi ogni giorno si prende cura non solo dell’accoglienza ma anche e soprattutto dell’integrazione dei richiedenti asilo
Nel profluvio di selfie con folla sullo sfondo del tour siciliano, una bevuta di birra e di caffé alla nocciola, una capatina tra le forze dell'ordine, la macchina della propaganda salviniana ieri 25 aprile, non ha voluto perdere l’occasione per far gettare al ministro dell’Interno una palata di fango sulla Chiesa e sui tanti cristiani volontari che si occupano di poveri e, dunque, anche di migranti.
Come abbiamo più volte spiegato, il decreto sicurezza svuota infatti completamente il lavoro di accoglienza ed integrazione fatto fino ad oggi. Soprattutto l’accoglienza diffusa in piccoli centri, appartamenti e parrocchie. Il risultato? «Lo Stato ci sta lasciando soli sul territorio a gestire l’emergenza – spiegano gli operatori –. Quando possiamo, continuiamo il lavoro a nostre spese. Ma è sempre più difficile e le storie di invisibili espulsi dal sistema di accoglienza sono destinate a crescere». L’accoglienza vera, da Nord a Sud Italia, garantiva un percorso di autonomia abitativa e lavorativa. Ricchezza per chi era accolto, ma anche risorsa per il territorio che accoglieva. Tutto questo, adesso, si sta sgretolando. Perchè quello che chiede il governo, oggi al terzo settore, è solo un’accoglienza svuotata: un posto letto, un luogo dove mangiare e dormire e nulla di più. Niente più corsi di italiano. Niente più supporto psicologico per le donne che hanno subito violenza. Niente più corsi di formazione professionale e riconoscimento del titolo di studio conseguito nel proprio Paese. Per questo molte organizzazione hanno deciso di non partecipare ai nuovi bandi (vedi qui), gli ultimi due casi, in ordine di tempo, hanno riguardato le Caritas di Treviso e Vittorio Veneto e la Croce Rossa di Macerata.
Salvini, che è certamente un esperto in mangiatoie (vedi i 49 milioni fatti sparire dalla Lega e i numerosi casi giudiziari che riguardano i suoi rappresentanti, o i vari maneggi con società di comodo) non si capacita del fatto che altri possano muoversi secondo altre e ben diverse logiche, quelle della vera accoglienza e dell'integrazione. Maturando, quindi, la scelta di non rispondere più ai bandi "ridotti" a mero servizio "alberghiero" o di gestione "simil-carceraria". Non condividendo né le modalità né soprattutto le finalità di un’accoglienza così svuotata di significato. Anzi, volutamente trasformata in una "macchina" non per integrare, ma per creare nuovi irregolari su cui speculare politicamente.
Con il taglio all’accoglienza, è un’intera organizzazione sociale e di solidarietà a collassare. Ma, nonostante le difficoltà, alcune diocesi e strutture hanno deciso di far fronte ai bisogni da sole, come Caritas Ambrosiana. «Abbiamo partecipato a solo due bandi, a Monza e Milano – fa sapere il direttore Luciano Gualzetti –. Cento posti in tutto, quelli di "Casa Suraia". Per il resto faremo da soli, andremo avanti con le nostre forze e non lasceremo nessuno per strada».
Caritas Ambrosiana ha già istituito un fondo di solidarietà per continuare a garantire l’accoglienza di "qualità", quella vera, che punta all’integrazione. «Per noi è una scelta di vita». Ma il compito di accogliere così, in maniera dignitosa, «è compito dello Stato», rimarca Gualzetti. «Un compito che in questi ultimi tre anni lo Stato non è stato in grado di fare – aggiunge –. Ha chiesto aiuto al terzo settore e noi abbiamo risposto. Poi è uscita la leggenda del "magna magna e della mangiatoia"». Gualzetti non nasconde lo sconcerto.
Oggi paradossalmente si privilegiano le grosse strutture e si dà un colpo di spugna all’ospitalità diffusa, quella vincente ed inclusiva. «Siamo in un delirio completo – conclude preoccupato – dove ognuno dice quello che vuole e le persone vengono trattate come pacchi, parcheggiate nei grandi centri perché vi restino a lungo. Questo porterà sicuremente a problemi di sicurezza ed integrazione, a discapito di tutto quello che abbiamo fatto in questi ultimi anni». E, aggiungiamo noi, a un vero magna magna di grandi strutture che ottimizzando sui costi e facendo spallucce dell'obbligo di integrazione e salute, guadagneranno sulle sofferenze dei più vulnerabili. Alla faccia della tanto sbandierata “sicurezza”.
Oggi Avvenire propone un prospetto per fare il punto sull'accoglienza di strutture ecclesiali:
Alcuni numeri che fotografano la realtà
25.000
Le persone migranti accolte nelle strutture ecclesiali italiane grazie a parrocchie, associazioni, organizzazioni e movimenti
188
Le diocesi della penisola che svolgono iniziative di accoglienza e ospitalità, da aggiungere ad altri servizi caritatevoli
4.658
I migranti ospitati finora nei progetti Sprar che fanno riferimento a strutture ecclesiali, posti oggi messi in discussione dal decreto sicurezza
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