Welfare
Salvati da una “madre segreta”
Si chiama così il servizio istituito dalla Provincia con Caritas e Movi: alle mamme in attesa vengono garantiti anonimato e assistenza medico-sociale.
S ono un centinaio ogni anno i bambini abbandonati con gesti disperati, gesti dettati dalla ?logica del cassonetto?. Gli autori di questi gesti forse sono rimasti soli con il proprio dolore. Non si sono fidati di nessuno. Molto probabilmente non sanno che la legge consente di non riconoscere la maternità e di offrire in adozione il frutto del proprio grembo. Una via legale che, come conferma Andrea Rossi dell?Ai.Bi., permette di dare in adozione bambini piccolissimi, e costituisce ormai la maggioranza delle adozioni nazionali.
In Lombardia esiste ormai da tempo un servizio pubblico che ha lo scopo di aiutare la maternità difficile ed informare sulle possibilità offerte dalla legge. Si chiama “Madre segreta” ed è un servizio istituito dalla Provincia di Milano in collaborazione con la Caritas Ambrosiana ed il Movimento di Volontariato Italiano (Movi). C?è un numero verde (167 400.400) in funzione tutti i giorni dalle 10 alle 22, alle future mamme si offre anonimato e assistenza medica e sociale, oltre a informazioni sulla legislazione e sulle strutture a tutela della maternità. ?Madre segreta? è concepita proprio con questo proposito: offrire alle ragazze in difficoltà una via d’uscita ed un percorso di assistenza: non riconoscere un figlio per permettergli di vivere in una famiglia che lo accoglierà come proprio.
Dall’inizio del 1998 hanno chiamato ?Madre Segreta? oltre 8.000 persone, in maggioranza donne italiane. Numerose le chiamate delle ragazze minorenni che rappresentano il 32% del totale. Donne che desiderano informazioni generali sulla gravidanza e raccontano spesso profondi disagi familiari. E che ottengono assoluta segretezza: l’anonimato infatti è garantito in quanto indispensabile riparo contro l’ambiente ostile. La donna che chiede soccorso a “Madre segreta” non figura in nessun registro ospedaliero o di altro servizio. «La paura più grande è come dirlo a mamma e papà» afferma un’addetta al servizio che rimane anonima per tutelare chi si rivolge a lei. «Il disagio per la propria maternità è una delle cose più difficili da raccontare. Il timore più grande è quello di essere giudicata dal proprio ambiente. Tocca a noi favorire l’accoglienza e far sentire assoluta fiducia e comprensione». La maternità difficile coinvolge molto spesso persone di ceto medio-alto. Il 70% delle utenti di ?Madre segreta? dichiara di non aver problemi economici, mentre il restante 30% afferma che il disagio della propria maternità non è di natura economica, ma molto spesso psicologica e familiare. Al numero verde rispondono volontarie preparate da professionisti ed esperti. E’ garantito un servizio di supervisione organizzato da assistenti sociali e psicologi. «Il servizio nasce dall’esigenza di assistere la maternità e di rispondere alla disperazione di un figlio non voluto» racconta Livio Tamberi, Presidente della Provincia di Milano. «Madre Segreta ha offerto a numerose mamme la possibilità di essere seguite da psicologi, ginecologi, assistenti sociali, di avere sussidi e aiuti anche economici. Tutto il Consiglio Provinciale all’unanimità ha deciso di potenziare i finanziamenti del numero verde». La più grande soddisfazione? «Da quando è attivo il servizio i disconoscimenti della maternità sono diminuiti». L’aspirazione di Tamberi è quella di essere emulato da qualche suo collega. «Mi farebbe piacere che la nostra esperienza fosse a disposizione di altre Provincie. Le telefonate che riceviamo giungono da tutta Italia: sarebbe utile allargare l’assistenza a gran parte del territorio nazionale».
NEL PROSSIMO NUMERO la seconda parte dell?inchiesta: racconteremo le esperienze di chi ha adottato un bambino e forniremo tutti gli indirizzi utili
Bambini e coppie, partita persa
Il rapporto di 20 a 1 tra coppie in attesa di adottare un bambino italiano e bambini dichiarati adottabili è un dato clamoroso, determinatosi negli ultimi anni. In particolare, è nel 1997 che si raggiunge questa situazione con le oltre 21 mila domande in attesa di risposta contro i 1440 bambini dichiarati adottabili. Ma come si arrivati a questa fase di vero e proprio blocco delle adozioni nazionali? Semplice: con il crescere a dismisura delle richieste delle coppie a fronte del numero più o meno stabile dei piccoli adottabili. Nel 1993, ad esempio, le domande giacenti al 31 dicembre erano 14.524, i bambini adottabili 1231; nel 1994 le domande crescono a 16.289, i bambini invece diminuiscono, e diventano 1051. L?anno successivo, 1995, le domande sono a quota 17.512, i piccoli lievitano di qualche decina: 1148. Nel 1996, infine, siamo quasi a 20 mila domande (19.998) contro 1359 bambini da adottare. Ma il dato che dovrebbefar riflettere è il numero di minori che ogni anno entrano in istituto, che non accenna a fermarsi nonostante i ripetuti appelli a ?svuotare? questi luoghi di sofferenza.
Persiste infatti in Italia la tendenza a realizzare un maggior numero di affidamenti in istituto piuttosto che in famiglia (1293 contro 922 nel 1997): su 25 tribunali che hanno emesso provvedimenti di affidamento di un minore fuori dalla famiglia di origine, 13 hanno decretato più ricoveri in istituto che affidamenti familiari; e in ben 7 tribunali gli affidamenti in famiglia sono stati meno della metà dei ricoveri in istituto. Concludendo i calcoli, dunque, se 1440 bambini sono entrati in famiglia, altri 1293 hanno varcato le porte dell?istituto. Per quanto tempo, non è dato sapere.
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