Famiglia

Salvate Amina!, ma è stata assolta. Occhio alle bufale

La donna nigeriana accusata di adulterio è stata assolta in via definitiva il 25 settembre 2003. Eppure continuano a circolare appelli in suo favore

di Gabriella Meroni

Nessuno tocchi Caino nel constatare che continua a circolare in internet la notizia falsa ed infondata, peraltro ripresa oggi da “Avvenire?, smentisce che il Tribunale Supremo della Nigeria abbia confermato la condanna alla lapidazione nei confronti di Amina Lawal. Amina Lawal è stata assolta in via definitiva il 25 settembre 2003 quando la Corte d’Appello della Sharia dello Stato del Katsina ha stabilito che la condanna fosse nulla perché la donna era già incinta quando la legge islamica era entrata in vigore nella sua provincia. Nello smentire la notizia pubblicata, Nessuno tocchi Caino ricorda che le autorità nigeriane hanno più volte ribadito che la Costituzione nigeriana non consente lapidazioni, amputazioni, fustigazioni e altre punizioni del genere previste dalla Sharia. A questo proposito, il Presidente Obasanjo ha parlato di ?Sharia politica [uno strumento cioè in mano ai Governatori del Nord per condizionare il potere centrale, ndr], destinata a esaurirsi con il tempo?, e ha rassicurato la comunità internazionale poiché i ricorsi giurisdizionali a livello federale garantiscono la cancellazione di una condanna pronunciata da corti islamiche. Prova ne è il fatto che finora tutti i casi di condanne alla lapidazione pronunciate negli stati islamici della federazione nigeriana si sono risolti con un’assoluzione nello stato islamico federato per evitare una dichiarazione di incostituzionalità della Sharia da parte della Corte Suprema dello stato federale che è laico. E? accaduto nel caso di Safya Hussaini, nello stato del Sokoto, nel caso di Amina Lawal nello stato del Katsina e poi ancora recentemente nel caso di Jibrin Babaji, il ragazzo che il 23 settembre dello scorso anno era stato condannato alla lapidazione per sodomia e che poi è stato assolto il 21 marzo 2004 dall?Alta Corte della Sharia dello stato di Bauchi.


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