Lo studio
Salute, Terzo settore centrale in un patto per la crescita e l’equità
Declino demografico, non autosufficienza, povertà tra le sfide che attendono la filiera della salute del nostro Paese. Uno scenario complesso in cui ogni attore, pubblico e privato, è chiamato a dare il suo contributo. Un quadro in cui è centrale il capitale umano e di servizi apportato dal Terzo settore. Queste le evidenze che emergono da “ll sistema della salute in Italia”, ricerca promossa da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Censis e Italiadecide
di Alessio Nisi
Sono quasi 13mila le strutture del Terzo settore che si occupano di sanità, oltre 35mila quelle che si occupano di assistenza sociale. Impiegano 103.215 dipendenti nella sanità e più del quadruplo nell’assistenza sociale e nella protezione civile con 421.356 dipendenti.
Un patrimonio che forse non è ancora così visibile, ma che sta operando ed è diffuso sul territorio. Un contributo forte, capace di compensare le falle nel sistema nazionale del welfare e che va sostenuto e rafforzato. Non solo in funzione dei servizi erogati, ma anche a livello immateriale: perché il Terzo settore è in grado di diffondere a livello locale così come a livello nazionale quel capitale sociale su cui poggia la capacità di di ogni paese di garantire crescita economica ed equità sociale.
Lo studio sul sistema salute
Sono alcuni dei numeri e delle riflessioni emerse da Il sistema della salute in Italia, ricerca promossa da Intesa Sanpaolo e realizzata da Censis e Italiadecide. Lo studio si articola intorno a tre temi, orientati a cogliere le dinamiche innovative che stanno interessando la sanità in Italia.
Il primo tema, affrontato da Italiadecide, nella parte “Innovazione e fiducia per una sanità migliore – Proposte di politiche pubbliche per un Paese in buona salute”, comprende le analisi su alcuni processi che stanno modificando il sistema sanitario nazionale e in particolare: il finanziamento e il sotto-finanziamento della sanità, la carenza di personale sanitario, il rapporto fra strutture pubbliche e private nell’erogazione delle prestazioni.
Il secondo tema, Sanità digitale per migliorare i servizi al cittadino, sviluppato sempre da Italidecide, affronta il tema della digitalizzazione della sanità. Questo processo è visto soprattutto come opportunità per facilitare la transizione verso un servizio di prossimità e per valorizzare il potenziale di innovazione della medicina attraverso lo sfruttamento corretto dei dati personali.
Il terzo tema, La filiera della salute e la solidarietà sociale, elaborato dal Censis, pone al centro della riflessione il concetto-chiave di filiera, che rimanda a una struttura organizzativa, logistica e distributiva in grado di mettere insieme i diversi contributi (specialistici e generalisti, di servizio e di prodotto, di assistenza e di cura, regolati a livello centrale e diffusi sul territorio), mantenendo un livello di integrazione e di coerenza interna funzionale alla garanzia del diritto alla salute.
Soluzioni innovative e sostenibili
«La divisione insurance di Intesa Sanpaolo», sottolinea Massimiliano Dalla Via, ad e dg di Intesa Sanpaolo rbm salute, «si impegna a supportare e integrare il sistema sanitario nazionale attraverso soluzioni innovative e sostenibili, rispondendo ai bisogni delle persone, sia degli assistiti sia dei caregiver».
Con il nostro approccio, aggiunge, «promuoviamo l’accesso alle cure, incentiviamo la prevenzione, investiamo nella digitalizzazione e collaboriamo attivamente con il settore pubblico e il Terzo settore. L’obiettivo è creare un ecosistema sanitario centrato su prevenzione, digitalizzazione e accessibilità alle cure, operando in sinergia tra pubblico e privato per migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini».
La sanità nel contesto sociale
Il focus curato dal Censis, in particolare, ha l’obiettivo di dare un quadro d’insieme della sanità e della salute in Italia mettendole in connessione con una serie di fenomeni, cercando di fare un’analisi di prospettiva. Tra i fenomeni a cui ci si riferisce, un posto di riguardo merita la variabile demografica, mette in evidenza Andrea Toma, responsabile area economia, lavoro e territorio Censis. «È fondamentale», precisa, «per capire l’evoluzione della salute dei cittadini e della capacità di offerta di servizi».
L’inverno demografico. Il declino demografico italiano, si legge nello studio, ha una data di inizio precisa: l’anno 2014, quando per la prima volta il numero complessivo dei residenti inizia a decrescere. Il calo prosegue anche negli anni successivi e il 1° gennaio 2022 i residenti erano complessivamente poco meno di 59 milioni a fronte dei 60,3 milioni presenti all’inizio del 2014 con una decrescita del 2,2%. Secondo le stime, «nei prossimi 20 anni avremo il 34-35% di persone over 65. Ogni 100 giovani avremo 300 over 65».
La non autosufficienza. L’andamento demografico «avrà effetti molto forti anche sulla non autosufficienza». Se da una parte ci sono stati progressi nel miglioramento delle condizioni di vita e di salute degli anziani, dall’altra l’età avanzata tende a contrassegnare il numero di quanti hanno limitazioni gravi che impediscono di svolgere attività abituali. Questa componente, in Italia, si è attestata, già dal 2009, intorno ai 3 milioni. Una base critica molto importante, di cui si dovrà tenere conto».
I dati. Alla luce delle previsioni demografiche che confermano un calo della popolazione, secondo lo studio, si può supporre che, rispetto al 2021, il numero delle persone con limitazioni gravi diminuisca di circa 100.000 unità nel 2030 e di circa 200.000 nel 2040. Tuttavia, per gli over 74 è prevista invece una crescita che li porterà a sfiorare 1,5 milioni di individui, costituendo così oltre il 50% del totale a fronte del 46,2% del 2021.
I divari territoriali
Demografia, non autosufficienza, ma anche divari territoriali «nell’offerta dei servizi» e «che hanno creato non pari condizioni nell’accesso alla salute da parte di una componente elevata della della popolazione italiana». Una disparità che «si è accentuata dopo il Covid» e che va messa in correlazione con la povertà assoluta e relativa, il tendenziale aumento della base dell’una e dell’altra e la maggiore incidenza «sulla popolazione più giovane e sui più fragili».
I tanti attori della domanda di salute. In un quadro di complessità di domanda e offerta di servizi di salute, evidenzia sempre Andrea Toma, «i tanti attori del pubblico e del privato non possono non dare un contributo per affrontare uno scenario, che in questo momento, da qui a 20 anni, non possiamo delineare».
Un patto per la salute
Un contributo che si costruisce a partire da un «patto» in cui ogni attore della filiera della salute dà il suo sostegno, su un tema in grado di condizionare non solo la crescita economica del Paese, ma anche la sua «coesione sociale».
La presenza del Terzo Settore in Italia si inserisce in tutti gli spazi parzialmente gestiti dallo stato e per i quali il mercato non riesce ad offrire soluzioni economicamente adeguate che riguardano prevalentemente settori di tipo umanitario e sociale
Il sistema della salute in Italia
La centralità del non profit
Se è sulla salute che si possono creare quelle criticità sociali emerse, ad esempio, durante il periodo della pandemia, se, in particolare il problema dell’invecchiamento va letto nella necessaria integrazione tra assistenza e sanità, ecco dunque che cresce di importanza e di centralità il ruolo del Terzo settore.
Una centralità, con riferimento alla sanità e all’assistenza sociale, che questi enti rivestono riconosciuta e ravvisabile nelle opinioni delle stesse organizzazioni intervistate. La quasi totalità del campione (l’87,1%) intravede nel Terzo settore un attore strategico per la costruzione e l’attuazione di politiche di sviluppo nel territorio.
In apertura foto di Tim Kilby per Unsplash. Nel testo le immagini sono dalla ricerca “Il sistema della salute in Italia”, realizzata dal Censis e Italiadecide, in collaborazione con Intesa Sanpaolo
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