Salute

Salute senza Frontiere, la prevenzione nelle comunità straniere

Avviato da Lilt Milano Monza Brianza nel 2017 per la prevenzione, gli stili di vita salutari e la diagnosi precoce diviene un modello esportabile in altri contesti, su tutto il territorio nazionale. La sua efficacia è stata validata in collaborazione con Fondazione Ismu ed EngageMinds Hub. Strategico il ruolo degli ambasciatori della salute

di Redazione

Andare incontro alle persone; non imporre il proprio punto di vista ma accogliere le specifiche esigenze che si presentano; collaborare con esperti in diversi ambiti per fornire informazioni eterogenee; formare chi può svolgere il ruolo di ambasciatore tra le persone delle diverse comunità di appartenenza. Sono questi – ricorda una nota – i pilastri principali dell’impegno iniziato 13 anni fa da Lilt Milano Monza Brianza per la promozione nelle comunità straniere della prevenzione oncologica, degli stili di vita salutari e della diagnosi precoce e ulteriormente intensificato dal 2017 con il progetto Salute Senza Frontiere -Ssf. Tre le edizioni realizzate per quello che è diventato un modello esportabile e replicabile in altri contesti, su tutto il territorio nazionale, registrando l’effettivo miglioramento della salute delle comunità coinvolte.

A fare la differenza è quello che EngageMinds Hub Centro di Ricerca Italiano dedicato allo studio e alla promozione dell’engagement delle persone nelle condotte di salute, definisce “approccio sartoriale”: una modalità di lavoro personalizzata, realizzata su misura delle categorie target di ciascun percorso.
Per rispondere a criteri di appropriatezza scientifica, l’efficacia del progetto Lilt è stata sottoposta a un processo di valutazione con Fondazione Ismu ed EngageMinds Hub. Fondazione Ismu ha realizzato una ricerca-valutazione, implementando la fase di follow-up degli interventi di sensibilizzazione e formazione dei progetti Ssf1 e Ssf2; EngageMinds Hub si è occupato della valutazione della trasferibilità del modello. Il progetto è stato in parte finanziato dal Community Award Program 2021 di Gilead.

I risultati della validazione sono stati presentati nel convegno “Stranieri e Salute: il modello Lilt migliora gli stili di vita”, a fine ottobre, al centro congressi Eataly Milano Smeraldo, alla presenza di Maria Bonfanti, vice presidente Lilt Milano Monza Brianza Aps; Lamberto Bertolè, assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano; Daniela Giangreco, responsabile Prevenzione Primaria Lilt; Nicola Pasini, responsabile settore Salute e Welfare, Fondazione Ismu; Lia Lombardi, ricercatrice e project manager, Fondazione Ismu; Serena Barello, ricercatrice EngageMinds Hub – Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Nelson Wilches (nella foto), Ambasciatore della Salute della comunità latinoamericana.

Salute senza Frontiere è nato con l’obiettivo di promuovere prevenzione e salute fra le comunità straniere attraverso la realizzazione di incontri formativi e laboratori, con metodologie attente alle caratteristiche culturali, linguistiche e sociali delle comunità straniere. Il progetto è frutto del coinvolgimento di sezioni Lilt di tutta Italia. Il percorso ha attuato il suo obiettivo attraverso l’individuazione di referenti all’interno delle comunità stesse, realizzando percorsi nei luoghi di appartenenza culturale e religiosa, come centri islamici, chiese, associazioni culturali straniere e scuole di lingua italiana per stranieri.
Un ruolo chiave è svolto da figure di intermediazione, referenti delle diverse comunità straniere, divenute ambasciatori della salute e fondamentali per coinvolgere persone che sarebbe molto difficile raggiungere in altro modo. Sono gli Ambasciatori della Salute a diffondere la cultura dei corretti stili di vita.

«Da oltre dieci anni Lilt Milano Monza Brianza è impegnata costantemente per promuovere prevenzione, stili di vita salutari e diagnosi precoce anche con progetti rivolti nello specifico alle comunità straniere», evidenzia Maria Bonfanti. «La nostra modalità di azione è da sempre contraddistinta dall’attenzione ai bisogni di salute specifici di ogni singolo individuo e di ogni cultura. Proprio per questo abbiamo pensato alla figura degli ambasciatori della salute, capaci di creare ponti tra servizi di salute e cittadini e tra le diverse culture».
Oltre alla formazione degli Ambasciatori della salute – ricorda una nota -, Lilt promuove cicli di incontri di sensibilizzazione alla diagnosi precoce e ai sani stili di vita, l’erogazione di visite gratuite di prevenzione oncologica e percorsi formativi per operatori sanitari, volti a promuovere il modello Lilt verso le altre associazioni provinciali e le realtà che si occupano di immigrazione, per creare un effetto moltiplicatore e strumenti di sostenibilità per le comunità straniere in forma più estesa.

«Perché la salute diventi davvero un diritto di tutti», afferma l’assessore Lamberto Bertolé «deve diventare di interesse per tutti. Il modello Lilt ha dimostrato di saper raggiungere questo obiettivo sensibilizzando i cittadini di origine straniera che vivono sul nostro territorio e supportandoli nella promozione di una vera cultura della prevenzione e aiutandoli a conoscere le possibilità che il nostro sistema sanitario offre da questo punto di vista, con un approccio costruttivo che, come dimostrano i numeri, ha dato i suoi frutti».

La ricerca-valutazione, con l’implementazione del follow-up a distanza, svolta da Fondazione Ismu su chi ha partecipato ai precedenti progetti Salute Senza Frontiere (2017-2018; 2018-2019) per validarne il modello di interventoe valutarne le condizioni di trasferibilità ha verificato il mantenimento delle conoscenze acquisite durante i percorsi di sensibilizzazione; il mutamento degli stili di vita e la diffusione della cultura della prevenzione e delle abitudini “sane” nell’ambito familiare e comunitario e l’adesione e l’accesso ai programmi di prevenzione oncologica.
Il follow-up indica un significativo cambiamento di abitudini, di stili di vita e di acquisizione di significati dei concetti di salute, malattia, prevenzione. Allo stesso modo, la maggior parte degli interpellati ritiene di aver modificato “abbastanza” la propria alimentazione (44%), lo stile di vita in famiglia (46,7%), l’attività fisica (52%), la riduzione di bevande gasate/zuccherine (29,3%).
A questi si aggiunge il 28% di coloro che ritengono di aver modificato “molto” tali comportamenti. Anche la riduzione del consumo di bevande alcoliche è importante poiché il 10,7% dei rispondenti definisce “abbastanza” detto cambiamento e il 17,3% lo indica come “molto”. Inoltre, il 50,3% ribadisce di non aver mai fatto uso di bevande alcoliche. Si evidenzia, inoltre un importante aumento del ricorso alle visite e screening di prevenzione: mammografia, dall’11,3% al 50%; visita ginecologica, dal 21,3% al 65,3%; visita senologica, dal 12,1% al 72,7%; ecografia al seno, dal 15,1% al 33,3%; esami del sangue, dal 20,6% al 71,4%.

Il Centro di Ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica ha lavorato al progetto realizzando azioni di ricerca volte a raccogliere la testimonianza diretta dei diversi stakeholder che ne sono stati i protagonisti al fine di ricostruire le caratteristiche distintive del modello di Educazione alla Salute di Lilt e le condizioni che lo rendono trasferibile ad altri contesti.
Una modalità di azione che appare nel complesso applicabile in ognuna delle associazioni che hanno partecipato alle interviste individuali di trasferibilità del modello di educazione alla salute elaborato da Lilt Milano e Monza Brianza. Nello specifico hanno partecipato le sedi dell’assoziazione di Firenze, Lecco, Catanzaro, Campobasso e Bologna. Coinvolte anche Caritas Monza, Nosotras Onlus, Iroko Onlus e Agenzia Scalabriniana.

«Salute Senza Frontiere è un interessante esempio di progettazione sociale volta promuovere il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDG) definiti dall’agenda 2030 dell’Onu» evidenzia Serena Barello. «Infatti, promuovere la salute dei migranti e dei cittadini stranieri costituisce un’azione concreta che contribuisce allo sviluppo sostenibile non solo economicamente, ma anche per l’ambiente e per le persone di tutto il mondo. L’innovazione del progetto risiede nella sua capacità di tradurre i principi della medicina partecipativa in azioni progettuali che fanno dell’engagement delle persone e delle comunità l’ingrediente chiave per la generazione di processi e percorsi di salute “su misura” per chi vi partecipa».

Sono 12 gli Ambasciatori della salute di Lilt, per 5 comunità. Nelson Wilches ha commentato: «Questo progetto è fondamentale per fare integrazione; la promozione della salute è un’opportunità anche in questo senso per noi migranti: un modo per essere parte di una comunità, anche guardando al futuro dei nostri figli. Noi ambasciatori siamo fieri di essere ponti in questo senso. Considero l’impegno con Lilt quasi come un lavoro. In famiglia due donne si sono ammalate di tumore: una non ce l’ha fatta. Promuovere prevenzioni e stili di vita salutari è fondamentale».

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