Salute

Salute mentale. Un’esperienza straordinaria in una Asl di Terni. La pigiama terapia

Un gruppo di operatori e di infermieri ha accettato di usare la macchina da presa con i propri pazienti. Per conoscerli e conoscersi meglio.

di Daniele Segre

E’ la terza volta che ritorno a Terni per un laboratorio di Cinema utile, avviato nell?estate 2004 con un gruppo di 20 persone tra operatori, infermieri e utenti. Per tre giorni, faremo il montaggio dei materiali filmati realizzati durante il laboratorio; la fase delle riprese è stata sicuramente il momento più intenso ed emozionante dell?esperienza: ho proposto a tutti i partecipanti di presentarsi il primo giorno in pigiama e camicia da notte, e quando sono arrivato ho trovato sul marciapiede del centro diurno persone ?impigiamate? che con perplessità, timore, imbarazzo e felicità infantile mi stavano aspettando; quello che poi è successo nei giorni delle riprese è stata l?attivazione, in ognuno dei partecipanti, di un percorso sull?identità e sulla memoria attraverso lo stimolo del costume di scena che è cambiato altre due volte (vestito da cerimonia e casual), con lavoro individuale e di gruppo nel quale si sono messe in scena situazioni ispirate da temi quali la felicità, la rabbia, la tenerezza, la tristezza, il dolore, la paura?
Per alcuni operatori l?esperienza non sempre è stata facile, per lo più per problemi legati alla non accettazione della propria immagine.

Montaggio e dialogo
Incontro il gruppo e mi viene consegnato il compito ?delle vacanze? cioè tutta la schedatura del materiale girato e la scelta delle sequenze da tenere in considerazione per il montaggio: sono stati composti quattro gruppi di lavoro ?misti? tra operatori, infermieri e utenti? Durante una pausa emergono alcune considerazioni alla luce dei materiali che piano piano incominciano ad aggregarsi.
Daniele Segre: Come avete vissuto quei giorni?
Rita D. (infermiera psichiatrica): Non è facile raccontare quei giorni, è stata la prima volta? Quindi un vissuto nuovo, l?emozione di vivere una cosa nuova, in mezzo a una situazione vecchia?, però questo incontrarsi in pigiama, raccontarsi i sogni, parlare di se stessi in modo così privato, raccontare dei figli?, cose private in una situazione in cui magari pensi di avere detto tutto, di dare tutto te stesso, di dimostrarti per quello che sei, invece poi ti rendi conto che in quei tre giorni (periodo delle riprese, ndr) ti sei mostrato di più?
Rita M. (infermiera psichiatrica): è come non ci fossero state più barriere, mentre rivedevo queste immagini ho notato che le paure loro erano le paure nostre, in quella situazione avevamo un po? rotto quella che è la separazione, che nonostante uno cerchi di non averla, bene o male questa separazione esiste sempre. In quei giorni non c?era più, si è un po? fratturata questa separazione. Questa è stata una sensazione grossa.
Viviana (operatrice): Io quei giorni li ho vissuti con tanta emozione e il fatto di scoprirsi, di raccontarsi, di stare insieme, di raccontare anche del proprio privato, dei sogni, è stata un?esperienza bella e forte, perché vieni a contatto con le parti delle altre persone che comunque non conosci, e quindi ti confronti e in un certo senso non ti senti comunque solo, vedi che certe cose ce le hanno gli altri come ce l?hai tu e riesci a condividerle?
Rita: Vi ha creato problemi questa pari dignità?
Orietta (operatrice): Rispetto alle paure ci assomigliamo parecchio, forse alcuni di loro (gli utenti) puntualizzavano di più sulla paura della gente, ma poi anche noi ci ritrovavamo nella sofferenza, la malattia. Ecco una cosa che ho notato non avendo io figli: per chi ha i figli la preoccupazione di proteggerli. Io personalmente non ero abituata a mettermi in mostra e mi sono sentita molto a disagio, per noi operatori è stata veramente forte come esperienza?
Andrea (operatore): è stata una grande possibilità di espressione?, di esprimersi liberamente che va al di là della quotidianità del lavoro. Quindi una cosa completamente diversa che fa bene proprio a se stessi: il fatto di esprimere emozioni e di condividerle con gli altri, perché anche gli altri esprimono le loro emozioni personali, uno si ritrova nell?espressione della propria interiorità?
Orietta: Dopo che il materiale filmato è stato selezionato, ho trascritto al computer tutti i dialoghi e mi sono impressionata ancora di più per quello che era stato detto; i discorsi di alcuni pazienti sono stati, per me, impressionanti per quello che sono stati in grado di tirare fuori, molto forte come emozione.
Segre: A cosa è servita questa esperienza?
Rita D.: Sicuramente il fatto di averli visti noi, e loro aver visto noi in questa maniera? Noi abbiamo scoperto delle cose che nonostante gli anni che stavamo insieme non conoscevamo. E questa è stata una scoperta, per me è un pensare che ogni volta uno potrebbe andare ancora più a fondo nella conoscenza più diretta, sia nostra che loro. Quello che mi ha lasciato questa esperienza, che nonostante pensassi, sempre, che il rapporto fra noi e loro?, di riconoscerli sempre come persone, il discorso di pari dignità che sono come noi; questa esperienza m?ha dimostrato che questa parità non è scontata, spesso succede che magari ci troviamo a essere ?impositivi? anche quando non ce n?è bisogno, questo mi ha rimesso un po? in discussione, mi ha fatto rivedere il rapporto con loro, un po? rimettere le cose a posto, ricominciare con un entusiasmo diverso, un vedere le cose e dire: «Va beh, su questa cosa mi sbaglio, su questa cosa mi sono lasciata andare e non ho più considerato il resto?»
Viviana: Questa esperienza ci dovrebbe servire come strumento per rimanere sullo stesso piano; come dice Rita, a volte ci sono degli atteggiamenti che per il ruolo che hai nel Centro sei quasi obbligata a tenere. Se riguardi questa esperienza ti rendi conto che ci sta una comunicazione diversa rispetto al quotidiano, occorrerebbe tenere sempre presente che ci sta una comunicazione del genere?

Info:

La trascrizione completa del laboratorio di Daniele Segre con gli operatori di Terni: La pigiama terapia (solo per abbonati)

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