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Giornata mondiale della salute mentale

Salute mentale, ma chi pensa a quella dei rifugiati?

«La detenzione prolungata e sistematica di migranti e richiedenti asilo ha conseguenze devastanti sulla loro salute e dignità umana», spiega Apostolos Veizis direttore dell’organizzazione umanitaria Intersos Hellas. «E ora la salute mentale è tra le priorità della nostra organizzazione»

di Anna Spena

Il problema della salute mentale sta fortunatamente uscendo dall’ombra a diversi livelli. Tuttavia, non è così per tutti, ad esempio per i rifugiati. Eppure secondo le ultime stime dell’organizzazione mondiale della sanità la prevalenza di disturbi mentali comuni come la depressione e l’ansia dovrebbe più che raddoppiare in caso di crisi umanitaria. A livello globale, si stima che una persona su cinque (22,1%) che vive in aree colpite da conflitti negli ultimi 10 anni soffra di disturbi mental.

Intervista a Apostolos Veizis direttore dell’organizzazione umanitaria Intersos Hellas

Come Intersos avete recentemente pubblicato un rapporto sull’impatto delle condizioni di vita sull’isola di Lesbo sulla salute mentale delle persone ospitate. Quali sono i dati e le principali osservazioni emerse?

Le persone in difficoltà sono molte. E il nostro imperativo umanitario di ridurre la sofferenza è urgente. Stiamo provando a farlo implementando interventi scalabili di salute mentale per affrontare questo carico. La ricerca si è concentrata sulle testimonianze delle 165 persone che hanno ricevuto supporto psicologico e psichiatrico continuativo e sulle 701 persone che hanno goduto del supporto psicosociale fornito da Intersos.  Persone che in alcuni casi possono trovarsi a trascorrere sull’isola anche diversi anni, in attesa di una risposta sul loro status o di essere ricollocate altrove, senza alcuna certezza sulle modalità e le tempistiche dell’iter che le attende. La maggior parte (92,0%) della coorte era costituita da donne sole, provenienti per lo più da Afghanistan, Somalia, Congo e Siria, con diverse vulnerabilità mediche e sociali. Il 19,8% della popolazione ha subito violenza di genere, anche nel Paese d’origine, durante il percorso di migrazione verso Lesbo o durante la permanenza sull’isola di Lesbo. L’episodio di violenza di genere più comunemente riportato è stato lo stupro (48,9%), seguito dall’aggressione fisica (23,7%) e dall’aggressione sessuale non penetrativa (21,5%). Il 7% della popolazione ha presentato comportamenti suicidi o autolesionistici, di cui il 26,2% ha tentato il suicidio. Questo rapporto mette in evidenza per la prima volta la forte gamma di vulnerabilità sperimentate da donne prevalentemente sole nei campi in Grecia.

Queste osservazioni possano essere riscontrate anche in altri contesti? Come per esempio i centri di detenzione per immigrati in Grecia, Italia e altri Paesi europei.

Queste osservazioni si possono trovare in altri contesti in diversi Paesi, ma non avrei mai pensato che avremmo visto questa situazione in Europa. La detenzione prolungata e sistematica di migranti e richiedenti asilo ha conseguenze devastanti sulla loro salute e dignità umana. Nei luoghi di detenzione, il sovraffollamento, il riscaldamento inadeguato, l’acqua calda insufficiente, la scarsa ventilazione, la mancanza di accesso all’aria aperta e l’alimentazione scorretta contribuiscono all’insorgere e alla diffusione di malattie respiratorie, gastrointestinali, dermatologiche e muscolo-scheletriche tra le persone. La detenzione è dannosa anche per la loro salute mentale: in molti si osservano sintomi di ansia, depressione e manifestazioni psicosomatiche, mentre non è raro che i migranti disperati facciano lo sciopero della fame, compiano atti di autolesionismo e tentino persino il suicidio.

Com’è cambiata la percezione della salute mentale nel settore umanitario negli ultimi anni?

Lavoro sul campo come operatore umanitario dalla fine degli anni Novanta. La salute mentale è uno stato di benessere psichico che consente alle persone di far fronte agli stress della vita, di realizzare le proprie capacità, di imparare bene e lavorare bene, e di contribuire alla propria comunità. È una componente integrante della salute e del benessere che sta alla base delle nostre capacità individuali e collettive di prendere decisioni, costruire relazioni e plasmare il nostro mondo. La salute mentale è un diritto umano fondamentale. Ed è fondamentale per lo sviluppo personale, comunitario e socio-economico. La salute mentale è più che l’assenza di disturbi mentali. Esiste in un continuum complesso, che viene vissuto in modo diverso da una persona all’altra, con vari gradi di difficoltà e disagio e con esiti sociali e clinici potenzialmente molto diversi. Storicamente, i programmi di assistenza umanitaria hanno spesso trascurato la necessità di incorporare la salute mentale e i servizi di supporto psicosociale negli sforzi di risposta, nonostante le prove schiaccianti della maggiore vulnerabilità delle comunità sfollate alle condizioni di salute mentale.  Negli ultimi decenni, il lavoro e la ricerca hanno dimostrato che fornire un adeguato supporto psicosociale e di salute mentale durante le crisi “funziona”.

Perché la salute mentale è importante per l’approccio integrato dell’organizzazione alla salute e alla protezione?

Dove lavoriamo possiamo vedere persone con una malattia mentale o che si trovano ad affrontare situazioni di disagio, come la violenza, la perdita o lo sfollamento. Il sostegno alla salute mentale può essere fondamentale per aiutare le persone ad affrontare la situazione. Intersos fornisce sostegno alla salute mentale e psicosociale nell’ambito del suo lavoro in tutto il mondo. Questo enorme aumento dell’attività di assistenza alla salute mentale illustra il cambiamento del nostro approccio e le diverse e complesse esigenze psicologiche che le persone devono affrontare in una miriade di contesti, dal Medio Oriente alle famiglie che fuggono dai conflitti e intraprendono viaggi pericolosi attraverso l’Africa e il Mar Mediterraneo. Nell’ultimo anno l’organizzazione ha modificato il proprio approccio alla cura della salute mentale, integrandola nelle proprie attività.

C’è una situazione o una storia che l’ha particolarmente colpita?

Condivido una delle situazioni che abbiamo affrontato come équipe in Europa: B. ha presentato gravi sintomi di disturbo post traumatico da stress e una grande difficoltà a esprimersi e a parlare delle sue esperienze precedenti. È una donna single proveniente dall’Africa centrale la cui richiesta di asilo era già stata respinta quattro volte. Dà l’impressione di avere dei deficit cognitivi. L’intera équipe è stata coinvolta nel suo caso, nel tentativo di sostenerla in modo olistico. Quando finalmente si è sentita al sicuro, ha condiviso con noi le informazioni relative agli episodi di stupro estremamente crudeli e violenti a cui era sopravvissuta. B. era così traumatizzata che non aveva mai rivelato questi episodi a nessuno, nemmeno durante i colloqui di asilo. Prima di iniziare il trattamento con noi, aveva trascorso due anni praticamente isolata nella sua tenda e non aveva mai chiesto sostegno, né tentato di relazionarsi o socializzare con qualcuno nel campo. B. ora  ha finalmente ricevuto un trattamento adeguato ed è riuscita a stabilizzare le sue emozioni e a fare grandi progressi. Continua ad avere un grave problema medico-ginecologico. Una donna sola come B., con il suo passato traumatico e gli episodi di violenza di genere a cui è sopravvissuta, che ha trascorso tre anni nell’ex Moria Ric e nell’attuale Kara Tepe Ric sull’isola di Lesbo in Grecia, si trova costantemente in una situazione precaria. Per lei sono mentalmente destabilizzanti, ogni volta che riesce a sentirsi al sicuro e a riprendersi un po’, le macchinazioni di un sistema che non è stato progettato per servire i bisogni dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Ogni volta che una visita medica viene rimandata o che viene respinta una richiesta di asilo, B. sperimenta il ripetersi della stessa frustrazione e confusione che ha combattuto per tutti questi anni. È frequente che i richiedenti asilo sopravvissuti a violenze estreme e in cerca di sicurezza in Grecia si trovino di fronte a un processo di asilo e a un sistema politico greco incapace di garantire loro l’accesso ai diritti umani fondamentali o alle cure mediche necessarie, incapace di soddisfare le esigenze specifiche delle popolazioni vulnerabili. B. ha fatto grandi progressi, il suo stato mentale ed emotivo è migliorato e potrebbe stabilizzarsi ulteriormente, se fosse in grado di essere indipendente; ma la situazione sociale, fisica (in termini di condizioni di vita) e politica non glielo permette.

Credit foto Martina Martelloni per Intersos


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