Giornata mondiale della salute mentale

Salute mentale in tarda età? Prepararsi per tempo si può

Gli anziani non sono immuni dalla depressione, che non è una conseguenza inevitabile dei problemi dovuti all'età. Pensare in anticipo alla vecchiaia può aiutare a mettersi al riparo dal malessere mentale che colpisce duramente anche la salute fisica di questa fase della vita

di Nicla Panciera

La salute mentale è un diritto umano universale è lo slogan della giornata mondiale 2023, che vuole sottolineare il diritto di ciascuno a essere «protetto dai rischi per la salute mentale, il diritto a cure disponibili, accessibili, accettabili e di buona qualità, e il diritto alla libertà, all’indipendenza e all’inclusione nella comunità», come dichiara l’Oms. Una sottopopolazione particolarmente vulnerabile sotto tutti questi aspetti è quella degli anziani che, secondo i risultati delle sorveglianze Passi e Passi d’Argento aggiornati al 2021-2022, presentano più sintomi depressivi dei giovani e degli adulti. Nella fascia dei maggiorenni con meno di 64, infatti, non si va oltre il 6%; la prevalenza della depressione aumenta con l’avanzare dell’età e arriva al 14% dopo gli 85 anni.

La depressione non è inevitabile

Da un lato, questi dati potrebbero non sorprendere, perché in linea con lo stereotipo della persona che, colpita dalle malattie dell’invecchiamento, non può che essere abbattuta e anche depressa. È questa una errata visione sociale della vecchiaia: «I dati mostrano il cosiddetto paradosso del benessere, secondo cui, con l’età, la persona acquisisce una diversa consapevolezza del tempo che ha da vivere e gestisce le emozioni in modo diverso. Tant’è che si osserva una maggior stabilità emotiva, in cui si prediligono le emozioni positive a quelle negative» spiega Erika Borella, ordinaria di psicologa, direttrice del master in psicologia dell’invecchiamento e della longevità dell’Università degli Studi di Padova.

Sottodiagnosticata e sottotrattata

«La depressione non è quindi inevitabile e non è sempre una conseguenza delle eventuali problematiche di salute che affliggono gli anziani, dove viene sottodiagnosticata e sottotrattata» spiega Borella. Sottodiagnosticata perché spesso i disturbi sono simili a quelli della demenza, di cui è un fattore di rischio, ed è difficile fare una diagnosi differenziale accurata se non ricorrendo a metodologie di imaging cerebrale. Inoltre, continua la psicologa, «nell’anziano si tende a liquidare le difficoltà riportate attribuendole ad altro, come alla mancanza di sonno. Gli stessi anziani sono reticenti nell’ammettere il proprio scarso coinvolgimento nelle varie attività, rendendo complicata la diagnosi». Per quanto riguarda il trattamento, c’è un problema di aderenza, sia perché non si comunica bene la funzione dei farmaci sia perché la scelta dell’antidepressivo in un anziano non è semplice: l’interferenza con altri farmaci può inficiarne l’efficacia e per questo serve la presa in carico da un team multidiscplinare.  

Salute mentale, salute fisica

Per l’Istituto superiore di sanità, «i disturbi mentali, specialmente negli anziani, devono essere riconosciuti e trattati con la stessa priorità attribuita ai disturbi fisici. La depressione maggiore è una delle patologie più rilevanti in termini di spesa sanitaria e, secondo le previsioni, sarà la più onerosa entro il 2030. In particolare, oltre i 65 anni di età, si associa a disabilità, aumento della mortalità ed esiti di salute sfavorevoli». Una recente revisione dei dati mostra che la depressione aumenta l’insorgenza di molte malattie tra cui quattro patologie non trasmissibili considerate big killer, le malattie oncologiche, cardiovascolari, il diabete e la Bpco.

La prevenzione

Ecco che la salute mentale e il benessere psicologico dovrebbero essere oggetto della prevenzione. Ne è convinta Borella che spiega: «La letteratura scientifica mostra che la prevenzione si può fare. Inoltre, eseguire test di benessere mentale ai cinquantenni che sentono di avere qualche problema consente di agire per tempo potenziando certe facoltà cognitive e mentali per evitare o posticiparne il declino; quando ormai la malattia si è manifestata e c’è una diagnosi, si può solo stimolare». Il riferimento è al cosiddetto disturbo cognitivo soggettivo, caratterizzato dalla percezione di un peggioramento delle proprie capacità cognitive nella vita quotidiana, ma senza che i test neuropsicologi rivelino ancora dei deficit misurabili. «Il Servizio di psicologia dell’invecchiamento e della longevità di Padova somministra questi test per promuovere un buon invecchiamento, e quindi assicurare una buona qualità di vita alla persona che invecchia».

Preparare il proprio futuro

Il nostro destino è invecchiare e cercare di farlo al meglio è nelle nostre possibilità. Così come si cambiano gli stili di vita per abbattere il rischio le malattie non trasmissibili come le oncologiche, metaboliche, neurodegenerative e cardiovascolari, in modo del tutto analogo si deve agire sui fattori di rischio delle malattie mentali che colpiscono in età avanzata. «Ciò va fatto per tempo. Non è vero che la tristezza e il vuoto sono necessarie conseguenze degli anni che passano, ma è vero che si possono contrastare con una visione propositiva e motivante del futuro, attitudine questa che va appresa per tempo» spiega la psicologa «Quando manca la progettualità, quando si ha una visione negativa del futuro, si è a rischio depressione. Molto conta il carattere, infatti i supercentenari sono generalmente degli estroversi, e l’ambiente che si costruisce intorno a noi, in particolare, le relazioni, e un contesto motivane e accogliente può essere determinante». Ci sono poi fattori di rischio che per essere affrontati richiedono l’intervento delle istituzioni dal momento che a essere associati a depressione sono anche le difficoltà economiche – tra le classi socialmente più svantaggiate arriva a una prevalenza del 30%, quasi cinque volte di più della media (il 6%) – e bassi livelli di istruzione (13% fra coloro che hanno al più la licenza elementare vs 8% fra i laureati).

Foto di sk su Unsplash


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