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Salute, educazione, empowerment: come uscire dai tabù del ciclo

La gestione del ciclo mestruale è anche una questione che impatta sull’educazione. «In Nicaragua», dice Tiziana Rossetti, rappresentante del paese per WeWorld, «le bambine molto spesso non vanno a scuola perché vengono prese in giro e hanno paura di sporcarsi a causa della mancanza di infrastrutture: servizi igienici e accesso all’acqua inadeguati». All’interno del progetto #WithHer, grazie a finanziamenti di donatori privati, della Comunità Europea e al sostegno tecnico di Cotonella, l'ong ha aperto un Atelier per la produzione di slip mestruali

di Redazione

“Quando le donne hanno il ciclo non possono cucinare, lavare abiti o coltivare la terra perché sono considerate sporche e si pensa possano trasmettere malattie”. A parlare – in occasione della Giornata dell’igiene mestruale del 28 maggio – è Tiziana Rossetti, rappresentante del paese in Nicaragua per WeWorld, organizzazione impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 25 Paesi del mondo. Oggi, milioni di donne e ragazze in tutto il mondo sono stigmatizzate, escluse e discriminate semplicemente perché hanno le mestruazioni. Anche in Nicaragua, uno dei paesi più poveri del mondo e il secondo in America Centrale (dopo Haiti), il ciclo rappresenta un tabù, limitando di fatto le possibilità di donne e ragazze di partecipare pienamente alle attività delle comunità in cui vivono.

A peggiorare una situazione già complessa la mancanza di infrastrutture e prodotti igienici a prezzi accessibili per le donne. È per questo che, all’interno del progetto #WithHer, grazie a finanziamenti di donatori privati, della Comunità Europea e grazie al sostegno tecnico di Cotonella, WeWorld ha aperto un Atelier per la produzione di slip mestruali: un laboratorio sartoriale per produrre un capo d’abbigliamento ancora oggi considerato di “lusso”, da lavare senza vergogna. Con merletti, tessuti fluo e animalier, gli slip saranno comodi, pratici ma soprattutto belli per le donne, che potranno portarli finalmente con orgoglio.

“In Nicaragua l’uso di abbigliamento intimo non è molto comune e spesso – continua Rossetti – le donne che incontriamo non possono permettersi degli assorbenti perché molto costosi. Le donne usano quindi delle pezze realizzate da vecchi abiti. Una volta usate, molte le lavano all’interno delle case senza stenderle al sole perché si vergognano. Talvolta vengono lavate con troppo cloro o con acqua sporca. Le pezze, non adeguatamente pulite, causano spesso irritazioni ed infezioni”.

La gestione del ciclo mestruale è però anche una questione che impatta sull’educazione. “In Nicaragua – continua – le bambine molto spesso non vanno a scuola perché vengono prese in giro e hanno paura di sporcarsi a causa della mancanza di infrastrutture: servizi igienici e accesso all’acqua inadeguati, insieme alla mancanza di prodotti per l’igiene intima, rendono le mestruazioni davvero difficili da gestire fuori casa”. Il risultato è che le ragazze e le bambine spesso non vanno a scuola durante il ciclo perché non hanno la possibilità di affrontarlo in sicurezza. In media, nel mondo, le ragazze perdono fra il 10 e il 20% delle lezioni a causa del ciclo: assenze che, in alcuni casi, si trasformano in abbandono scolastico.

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