Politica

Sala Vs Parisi: confronto sul welfare

Dialogo con Vita dei due candidati sindaci invitati a un dibattito pubblico dall'Alleanza delle cooperative italiane. Sala: «Sulle periferie non si può più aspettare». Parisi: «Fare buona accoglienza non significa negare l'emergenza migranti». Ecco come è andata. La versione integrale degli interventi nel video

di Redazione

Due idee di welfare per la Milano che verrà. Due visioni che questa mattina hanno preso forma durante il confronto a distanza fra i due candidati sindaci del centrosinistra e del centrodestra “convocati” dall’Alleanza delle cooperative italiane presso Expo Gate 2-spazio Sforza in largo Cairoli a poche centinaia di metri dal castello Sforzesco. Insieme a Giuseppe Sala e Stefano Parisi era in programma anche la partecipazione del candidato dei 5 Stelle, Gianluca Corrado, che però ha declinato l’invito all’ultimo momento a causa di sopraggiunti impegni professionali (Corrado è avvocato).

Di seguito riportiamo i passaggi più significativi degli interventi di Sala e Parisi sollecitati dalle domande di chi firma questo articolo e del collega del Sole 24 Ore Paolo Bricco (per chi fosse interessato alla versione integrale è possibile vedere il video completo dell’evento qui sotto).

GIUSEPPE SALA:

Casa. «In un momento anche di fascinazione del mondo nei confronti della nostra città, io sono qui pronto a lavorare per cercare di aiutare chi non fa parte di questa Milano vincente, di glamour, di internazionalità. A Milano il tema dei quartieri periferici è un tema su cui non possiamo aspettare, non dobbiamo drammatizzare, ma dobbiamo lavorare. A partire da casa, dalla sicurezza, ma prima ancora c’è il tema della socialità. Occorre fare scelte: senza soldi non si fa nulla. Occorre spiegare che magari metteremo mano a una parte del patrimonio del Comune, ma lo faremo per una questione di equità e di buon senso. Non possiamo permetterci una Milano a due velocità. La mia promessa è che entro due anni non ci sarà più una casa sfitta».

Migranti. «Non chiamiamola emergenza. Noi dobbiamo abituarci a gestire i flussi dei migranti. Milano se rimane da sola è in difficoltà, per cui io dico ad Alfano che si oppone all’utilizzo del campo base di Expo che sta a un chilometro dal sito: e quindi dove li mettiamo? Dobbiamo essere pragmatici: accordo col Governo, tavola aperto con la Regione e in questa cornice una Milano che fa la sua parte, ma non possiamo essere il terminale mentre gli altri si voltano altrove».

Moschea. «Moschea radicalmente sì. La Costituzione non solo dice che c’è libertà di professione, ma c’è anche libertà di propaganda. Moschea sì perché oggi i musulmani che pregano negli scantinati sono incontrollabili. Bisogna fare in fretta».

Bandi. «Cantone dice: gara su tutto. Io, che pur nutro un grandissimo rispetto nei suoi confronti ho dei dubbi. Penso che nel rispetto della chiarezza delle regole debba comunque essere concesso un privilegio a chi ha dimostrato nel tempo di offrire esperienza, qualità e di essere radicato nel tessuto sociale di Milano. In realtà complesse, e lo sono anche i bandi sul sociale, non è detto che la concorrenza perfetta sia sempre la risposta più corretta».

Assessori. «Ho promesso proprio in un recente incontro con la redazione di Vita di anticipare alcuni nomi della mia prossima eventuale giunta prima del voto. Quel momento non è ancora arrivato, ma confermo l’impegno».

STEFANO PARISI:

Migranti. «Il principio è: diritto in cambio di legalità. Detto questo non bisogna cacciare la gente dal nostro territorio. Serve gestire il fenomeno. Che è un’emergenza. Perché negare che ci sia un’emergenza quando c’è la gente che bivacca nei parchi, vuol dire essere ipocriti. Significa negare il problema. Per dirla tutta: penso che Salvini intercetti tensioni presenti nella città che noi dobbiamo cercare di risolvere e non negare».

Moschea. «Il nodo non è una grande moschea o tre piccole moschee…io sono per la libertà di culto. Nello stesso tempo esiste un problema grosso di terrorismo che deriva dall’Islam. E ancora: io penso che la quasi totalità dei musulmani che vivono a Milano esercitano la loro libertà di religione in maniera libera. Ma il rischio esiste. Io penso che i sindaci della città italiane devono avere la garanzia di sapere che i soggetti che promuovono le moschee non ricevano finanziamenti a “rischio terrorismo”. Finché non c’è una norma che chiarisce questo punto, che istituisce l’albo degli imam e l’obbligo dei sermoni in italiano è molto pericoloso fare delle moschee, tanto è vero che alla fine non l’ha fatta neppure Pisapia in cinque anni. Personalmente sono concorde con la proposta di D’Alema di finanziare le moschee con l’8 per mille.

Casa. «A Milano abbiamo esempi molto belli di social housing ideato in modo diverso dai classici casermoni. Penso al quartiere Figino per esempio. In quei contesti sono riusciti a realizzare un mix sociale attraverso la coabitazione di edilizia convenzionata ed edilizia commerciale. Lì ci forti presenze sociali, case famiglia, associazioni, e spazi comuni che consentono un continuo interscambio. Sono queste le barriere di fronte alla devastazione fatta di case occupate e famiglie terrorizzate di uscire di casa e così via. Per trovare le risorse occorre mettere a valore il patrimonio che abbiamo

Bandi. «Non sono per una logica dove l’amministrazione comunale distribuisce le risorse da un operatore all’altro decidendo cosa finanziare, ma sono per alzare sempre di più gli standard qualitativi e incanalare la domanda di servizi là dove la qualità è più alta, attraverso il sistema dei voucher».

Assessori. «I nomi non li faccio. Avremo una giunta di alta qualità e i nomi li decide il sindaco. Io però voglio sottrarre alla dinamica della campagna elettorale le mie decisioni, che comunicherò la sera in cui dovessi essere eletto sindaco».

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