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Sahel, si muove l’Onu «La fame è già realtà»

di Joshua Massarenti

Piogge scarse e tardive, aumento dei prezzi dei beni alimentari, intervento ritardato della comunità internazionale e, ciliegina sulla torta, l’ombra del terrorismo islamico che minaccia la sicurezza delle popolazioni civili. Sembra di stare nel Corno d’Africa, ma siamo in Sahel, colpito da una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi dieci anni. Il 15 febbraio scorso, le principali agenzie delle Nazioni Unite hanno lanciato una comunicato dalla sede del World Food Program in cui si annuncia una vasta operazione umanitaria per predisporre «cibo in attesa della stagione del non raccolto quando i più vulnerabili, come le donne e i bambini, rischiano la malnutrizione. La siccità ha colpito il Sahel proprio quando molte famiglie erano intente a ricostruire le proprie vite e a raccogliere di nuovo il bestiame dopo l’ultima crisi alimentare nel 2010».
Tornando da una missione nell’Africa occidentale, l’assistente generale Onu per gli Affari umanitari, Catherine Bragg ha dichiarato che «per molti la crisi alimentare è già iniziata». Circa 12 milioni di persone sono minacciate dalla siccità, fra cui 5 milioni in Niger, costretto ad accogliere 7mila civili dal Mali in fuga dagli scontri che oppongono l’esercito maliano e gruppi ribelli tuareg, alcuni dei quali vicini alla cellula di Al Qaeda in Maghreb.
«In cinque Paesi, la produzione cerealicola è crollata del 25% rispetto allo scorso anno», sostiene Mark Fried, Policy coordinator di Oxfam, attualmente impegnata in una vasta operazione umanitaria a favore di 700mila persone in Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger. «Urge mobilitarsi», sostiene il deputato Pd, Jean-Léonard Touadi, «è ancora lontano il tetto dei 750 milioni di dollari di cui l’Onu ha bisogno per fare fronte all’emergenza. Il prossimo raccolto è previsto tra sei mesi, nel frattempo, non lasciamo il Sahel da solo».

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