Cultura

Safez Zec, il dolore delle migrazioni nelle sue grandi tele

La mostra allestita nella chiesa romana di San Francesco Saverio del Caravita a Roma con le sedici grandi tele del pittore bosniaco Safez Zec rappresenta una sorta di «via Crucis contemporanea». Il ciclo è promosso e sostenuto dalla Fondazione Migrantes unitamente alla Caritas Italiana e alla Caritas di Roma

di Paolo Biondi

Se c’è una cosa che non si deve dare per scontata oggi, visti certi accenti del dibattito politico e culturale, è che «quando si parla di migranti si parla di persone e parliamo di un dramma, di un dolore». Lo ha ricordato Lucio Brunelli introducendo la presentazione del progetto Exodus, una mostra ed un ciclo di incontri che si svolgeranno da qui alla fine del prossimo luglio presso la chiesa di San Francesco Saverio del Caravita a Roma. Il ciclo è promosso e sostenuto dalla Fondazione Migrantes unitamente alla Caritas Italiana e alla Caritas di Roma.

Del resto, il tema dei migranti presenta movimenti diversi da quelli oggi sotto la lente quotidiana «sia geograficamente – e pensiamo ai milioni di persone in movimento nel Sud-Est asiatico – sia storicamente se pensiamo alle calate dei barbari dal Nord in Europa alla fine dell’Impero romano e questo dovrebbe aiutarci a riscoprire il senso di unità con gli altri», ha detto il presidente di Migrantes, monsignor Guerino Di Tora. Se il tema delle migrazioni «tocca il cuore della nostra umanità», come ha detto il rettore dell’Oratorio del Caravita padre Massimo Nevola, la mostra allestita nella chiesa romana con le sedici grandi tele del pittore bosniaco Safez Zec rappresenta una sorta di «via Crucis contemporanea», come ha notato visitando il ciclo pittorico il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana.

«Safet non illustra, ma in silenzio rende invocazioni gli abbracci, le mani tese, le mani abbandonate. Raramente si è feriti da altre opere contemporanee come dalle sue: ferite che permettono all’altro di penetrare fino al nostro cuore e ci rendono capaci di compassione», secondo il fondatore della comunità di Bose, Enzo Bianchi.

Per l’occasione la chiesa del Caravita propone un calendario di incontri incentrati sulla tematica migratoria: film, spettacoli teatrali e musicali, poesia, dibattiti, approfondimenti per «uno sguardo chiaro e fruibile del fenomeno migratorio, della disuguaglianza e della diversità, delle cause e delle possibili prospettive di una realtà che coinvolge tutti», come spiegano gli organizzatori.

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