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Saddam in paccottiglia

L'editoriale di Giuseppe Frangi sulle reazioni dei mass media occidentali alla notizia della cattura del dittatore iracheno.

di Giuseppe Frangi

Dovessimo giudicare la civiltà occidentale dalla paccottiglia mediatica che ha seguito la cattura di Saddam, dovremmo trarne che questa civiltà è in condizioni davvero bestiali. Passi per le immagini, viste e straviste, in cui uno sterilizzatissimo medico americano esplora la bocca del dittatore come si guarderebbe in quella di un cavallo (e ha fatto bene il cardinale Renato Martino a stigmatizzare davanti alla stampa di tutto il mondo quella scena). Ma sulla piccola stampa italica si è letto anche di peggio.
Il Foglio di Giuliano Ferrara ha infilato sopra la testa una frase tratta dal libro della Sapienza con il quale si vorrebbe beatificare la guerra: “Signore, donaci la forza perché la debolezza è inutile”. Il fratellino del Foglio, Il Riformista, per timore di essere superato in bellicismo, è addirittura uscito con un manifesto a doppia pagina con la facciona del Saddam barbuto e per titolo l?annuncio di Paul Bremer: “We got him”. Si può dire che sono giornali minimi, di poca presa. Ma che dire invece del Corriere della sera che apre con un incredibile commento di Ernesto Galli della Loggia, prono che più prono non si potrebbe, alla nuova, intoccabile divinità a stelle e strisce. Suvvia, signori, un po? di decoro! Se non quello dell?intelligenza, che il servilismo mette a tacere, almeno quello dettato da un minimo buon gusto.
Ogni persona con un po? di sale nel cervello capisce che la cattura di Saddam vivo è una buona notizia. Una buona notizia, che appare per di più liberatoria dopo lo stillicidio di pessime e tragiche notizie che da mesi arrivavano da Bagdad. Ma una buona notizia non può diventare un trampolino per ogni tipo di delirio mediatico. Non può d?incanto cancellare alcuni dati di fatto che realisticamente sono stati il presupposto di questa guerra e che il generale Fabio Mini, capo di Stato maggiore del Comando Nato delle forze alleate del Sud Europa (non un comunista, quindi), ha lucidamente descritto nel suo recente libro La guerra dopo la guerra (“Quando le truppe angloamericane si sono dirette immediatamente sulle aree dei pozzi a sud e a nord dell?Iraq e ne hanno assunto il controllo, è apparso evidente che la lezione di economia era stata recepita e che l?obiettivo primario della guerra era il petrolio”, pagina 263).
Per fortuna in mezzo a questa sceneggiata globale, si è fatto vivo, con la sua voce sempre più flebile e sempre più inascoltata dai potenti di ogni fede, il Papa. Ha ricordato nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace (che si tiene, come ogni anno, il 1° gennaio) alcune verità semplici, ragionevolmente umane. Ha detto che si deve resistere alla tentazione di ricorrere “al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto”. E ha ricordato che, davanti al terrorismo, non ci si può trincerare come se fosse un male senza delle cause.
Il cardinal Renato Martino, presentando il documento alla stampa mondiale, s?è lasciato sfuggire che queste parole sono un memento “agli smemorati”. Non sappiamo chi avesse in mente. Che pensasse anche lui ai troppi cervelli fulminati sulla via di Bagdad?

Il prossimo numero di Vita sarà in edicola venerdì 2 gennaio. Buon Natale e Buon Anno di cuore a tutti i nostri lettori.

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