Non profit

Sacconi: Un manifesto per la vita e la sussidiarietà

Il ministro Sacconi è intervenuto alla tavola rotonda sull'esperienza del dono nella tradizione italiana, spaziando da welfare al federalismo

di Antonietta Nembri

Un manifesto per la vita e la sussidiarietà. A lanciarlo il ministro Maurizio Sacconi a durante il suo intervento ha chiuso l’incontro Più società, meno stato. L’esperienza del dono nella tradizione italiana. Il ministro è convinto, infatti, che nell’attuale parlamento e nel paese ci sia una maggioranza «di uomini liberi e forti che sono pronti ad assumersi questa responsabilità». Un intervento scoppiettante quello del ministro che vede nella crisi attuale il momento di fine «dell’impunità del debito sovrano, ossia del debito pubblico. È la fine di quello stato disegnato da Hobbes che muove da una antropologia negativa» ha detto Sacconi facendo riferimento al fatto che tutta la regolazione pubblica è basata sul controllo ex-ante, «se mi fido i controlli li faccio ex post». Sacconi ha sottolineato con forza che il «bene comune non nasce dallo stato, ma dal cuore delle persone», insomma il concetto “più società, meno stato” per Sacconi è la logica conseguenza di un bene comune che non ha l’ente statuale come sua origine. Guardando all’oggi politico e al futuro prossimo ha richiamato con forza le scelte dell’attuale governo «il federalismo fiscale e un nuovo modello fiscale sussidiario. È importante incrociare la sussidiarietà orizzontale con quella verticale», tutto guardando a quella antropologia positiva che si vuole raggiungere e per attuare la quel è necessario il «riconoscimento del valore della vita».

Il ministro Sacconi ha con forza sottolineato il fatto che non sia un caso che sia stato presentato un documento come “L’agenda bioetica”. «Il governo ha assunto una posizione non equivoca su temi di bioetica quali l’inizio della vita, la sua fine, l’impiego umano nella biomedicina, la vita umana negli stati di massima disabilità. Su questi temi il governo ha proposto una linea di lavoro e so che c’è un’ampia maggioranza politica checché ne dica Della Vedova» ha chiosato facendo riferimento all’esponente finiano.

Per tornare al tema “più società e meno stato” il titolare del ministero del welfare ha voluto sottolineare come dire «meno stato non significa dire stato minore, anzi significa fare riferimento a uno stato migliore perché è strategico in quanto guarda all’unità nazionale e al patto federale: uno stato federale si rivitalizza organizzando al meglio la prossimità». Ma non solo, lo stato è anche relazionale ponendosi al servizio della sussidiarietà: «cerca il bene comune della persona attraverso i rapporti tra le persone stesse. In questa stessa linea va lo sforzo di Giulio Tremonti per realizzare una riforma fiscale che tenga conto dei nuovi strumenti per realizzare la ricchezza e il federalismo fiscale è il presupposto finanziario della riforma fiscale». Nel fiume in piena del suo intervento il ministro Sacconi ha ripercorso anche alcune scelte fatte dal neonato stato unitario: la nazionalizzazione nel 1870 delle opere pie «è stato un errore». Insomma occorre rifarsi alla tradizione all’idea di fraternità francescana «che è più antica della rivoluzione francese e non la si ritrova solo in esperienze di origine cristiana, ma anche nelle società di mutuo soccorso di tradizione socialista».

Ha poi concluso sottolineando la necessità di promuovere il concetto di dono e facendo riferimento al terzo settore ha detto che occorre cancellarne l’attuale idea «dà l’idea della residualità, ma occorrono atti responsabili dal mondo del dono e superare la mera rivendicazione che è dipendenza dello stato», anche in questo caso Sacconi ha fatto un accenno alla stabilizzazione del 5 per mille, «occorrono buone regole: il 5 per mille, per esempio, non deve essere usato per fare pubblicità, ma occorre selezionare i soggetti», ha spiegato Sacconi.


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