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SabirLampedusa, Ascanio Celestini: “Non si può fermare chi scappa dalle guerre”
Dall'1 al 5 ottobre sull'isola avrà luogo il Festival delle culture mediterranee promosso da Arci, Comitato 3 ottobre e Comune. L'attore è direttore artistico e porterà in scena il tema del viaggio: ecco la sua intervista e il programma dell'iniziativa, a un anno dal tragico naufragio di 368 migranti
Il Sabir era una lingua parlata a Lampedusa e in tutti i porti del Mediterraneo dal Medioevo fino agli inizi del ‘900, uno strumento di comunicazione comune che consentiva ai marinai e ai mercanti dell’area mediterranea di comunicare fra loro. Oggi nel ‘Mare di mezzo’ muoiono centinaia di persone al mese: profughi africani e mediorientali inghiottiti dai viaggi della disperazione su barche di fortuna approntate da trafficanti senza scrupoli. Un anno dopo una delle stragi peggiori, quella del 3 ottobre 2013, quando al largo dell’isola delle Pelagie persero la vita 368 migranti, c’è chi unisce denuncia sociale e valorizzazione storico-culturale per realizzare un Festival inedito che vuole restituire a Lampedusa un’immagine diversa, rafforzardone il ruolo di ponte tra le due sponde del Mediterraneo: sono l’Arci, il Comitato 3 ottobre, nato nei giorni successivi alla tragedia, e il Comune lampedusano. Assieme daranno vita dall'1 al 5 ottobre 2014 a SabirLampedusa, Festival diffuso delle culture contemporanee (che ha ricevuto il contributo di Commissione europea, Unar e Open society foundations. Qui il programma), nel quale si alterneranno dibattiti con ospiti italiani e internazionali, laboratori per adulti e bambini, spazi dedicati alla letteratura in cui scrittori italiani dialogheranno con scrittori magrebini ed europei, eventi teatrali e musicali. Il 3 ottobre, in particolare, ci saranno varie iniziative in ricordo del naufragio. La direzione artistica per la parte teatrale è affidata ad Ascanio Celestini, che andrà anche in scena proprio la sera della commemorazione, mentre per gli eventi musicali la direzione artistica sarà di Fiorella Mannoia. Celestini ha anche prodotto e diretto lo spot promozionale del Festival, visionabile sul canale Youtube SabirLampedusa. “La mia è una sorta di regia dei vari momenti, Sabir Lampedusa è un’occasione unica per mettere in risalto l’importanza della periferia più significativa di tutto l’Occidente”.
Qual è il significato della tua direzione del Festival SabirLampedusa?
Il festival è pensato e organizzato da molte persone. Sarà un luogo di spettacolo, di dibattito, di laboratorio rivolto ai lampedusani adulti e bambini, ma anche agli stranieri che parteciperanno agli incontri curati dell’Arci. Io mi occupo della parte teatrale, che ha tre centri: lo spettacolo, il laboratorio e la ricerca sul campo. Gli spettacoli si terranno dall’1 al 4. Questa è la parte più visibile, ma non la più importante sia perché accanto alle performance pensate per un pubblico adulto ci saranno anche gli spettacoli per ragazzi, sia perché dal 21 al 30 terremo un laboratorio con Veronica Cruciani, Pietro Floridia e la compagnia dei Cantieri meticci. Questo laboratorio sarà anche una ricerca sul campo perché insieme faremo interviste agli abitanti dell’isola.
Il tuo spettacolo del 3 ottobre, in particolare, su quale aspetto punta?
Con Mimmo Cuticchio, Giovanna Marini e il suo quartetto parleremo di viaggi. Viaggi attraverso le storie del nostro paese e viaggi iniziatici. Storie che formano e informano.
La scelta di Lampedusa è simbolica e concreta. Non è solo per mettere in risalto il dramma dei migranti…
La concretezza di Lampedusa è nel suo essere periferia. Cito un dato su tutti gli altri: a Lampedusa c’è una natalità più alta rispetto alla media nazionale eppure i lampedusani non nascono nell’isola. Non c’è un ospedale e dunque le famiglie si organizzano per far nascere i propri figli in altre città. Se hanno parenti in Germania o in Svezia voleranno in quei paesi. Per chi prende un aereo e lascia l’isola qualsiasi posto è più o meno lontano alla stessa maniera. Dunque Lampedusa non è solo una periferia della Sicilia o dell’Italia, ma dell’occidente. Lo è per quelli che la raggiungono coi barconi dai paesi poveri, ma lo è anche per quelli che ci vivono. Lampedusa è un confine e una periferia. I problemi con i migranti, evidenti nelle cronache, vanno di pari passo con quelli che hanno i cittadini occidentali dell'isola. Problemi che hanno tutti i giorni senza che il telegiornale o i blog di tendenza ne parlino. Nelle periferie di tutto il mondo si condivide lo stesso destino, la stessa perifericità, lo stesso mondo che finisce e ricomincia.
Il dramma dei migranti, 600 tra morti e dispersi negli ultimi giorni e tanti naufragi tra i quali il 3 ottobre scorso, è all’apice della sua drammaticità. Cosa fare per ‘convincere’ l’Europa a dire basta, ad aprire un corridoio umanitario?
Bisogna convincere gli europei e, tra loro, tanti italiani, che non è possibile fermare qualcuno che scappa. Perché chi si getta dalla finestra di una casa in fiamme non ha altra possibilità che saltare e cadere, possibilmente vivo, dove capita.
Qual è la tua risposta per chi non crede che l’Italia dovrebbe farsi carico, così come l’Europa, dei migranti?
Che non c’è una minestra in alternativa. Bisogna attutire il colpo di chi salta dalla finestra.
Da quello che vedi in giro e nei tuoi spettacoli, negli ultimi anni è mutata in positivo la percezione degli italiani verso il ‘diverso’ o prevale la diffidenza?
Molte situazioni stanno migliorando. Due leggi che hanno riempito barbaramente i carceri, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, si stanno modificando, i Cie, Centri di identificazione ed espulsione, non sono più luoghi impermeabili e il leghismo, nonostante il peso che gli è stato attribuito da Berlusconi e Fini, non ha raggiunto quello che voleva, ma si è asserragliato al nord su posizioni anti-europeiste e di difesa del denaro della classe media. Ma fare passi avanti non significa che risolveremo presto il problema. Pensare che il diverso sia solo differente e non pure inferiore è un passo ancora troppo lungo da compiere. Implica tanta coscienza e responsabilità.
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