Sono stato all’inaugurazione del nuovo spazio della nuova Avanzi. Sostenibilità per azioni, recita il pay-off. E’ certamente poco creativo e forse qualcuno ci avrà già pensato, ma servirebbe una mappa di questi luoghi dell’innovazione sociale, possibilmente tracciata da qualche designer dei servizi. Obiettivo: cogliere somiglianze (che ci sono, anche piuttosto evidenti), tracciare i network tra network e soprattutto individuare le peculiarità di ciascuna struttura. Ad esempio il nuovo nato gravita intorno ad Avanzi, una società di consulenza ormai storica del settore. Che sarà chiamata, come acutamente osservava uno dei promotori, a mantenersi in equilibrio tra l’esigenza di sostenere le iniziative e i progetti incubati e la necessità di “stare sul pezzo”, continuando a fare il proprio mestiere (e relativo business), senza farsi fagocitare da questa funzione di chiocchia. Sul treno per il rientro scatta l’immancabile, scontatissima domanda: “ma solo a Milano si possono fare queste cose?”. Beh, visto lo stato del Paese e il salasso di talenti locali verso l’estero, lo si potrebbe già considerare un buon risultato. Il problema però rimane. La classe creativa, la “meglio gioventù” dell’innovazione sociale è tendenzialmente giovane e metropolitana. Due attributi che in Italia non trovano cittadinanza visto che siamo vecchi e provinciali. Eppure, a venirci in soccorso, è proprio lui, Richard Florida, il teorico della creative class. In questo post sul suo blog fa una velatissima autocritica rispetto alla correlazione creatività / ambito metropolitano e afferma, anche citando uno studio recente (non suo), che c’è spazio per gente creativa in contesti rurali. C’è di che approfondire, magari guardando a esperienze che si muovono in questa direzione. Ad esempio qualche tempo fa il nostro direttore mi raccontava che lo studio di progettazione dell’archistar Mario Botta è legato a un’accademia di architettura di grande qualità. Sede? Mendrisio, Svizzera italiana. Che non è proprio una metropoli.
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