Squilli di cellulari, proclami politici, rottamatori in azione, futuristi in rampa di lancio. Ogni giorno un fiume di parole esonda attraverso le televisioni pubbliche e private, digitali e satellitari, attraverso i portali internet, le pagine e pagine dei quotidiani, le copertine dei settimanali. Assisto come tutti ad una fase politica convulsa, per certi versi straordinaria, ma inquietante per la sua mancanza di direzione certa. E soprattutto per la debolezza dei contenuti politici e programmatici che dovrebbero essere la premessa del cambiamento, del passaggio epocale.
In questo quadro che si nutre di personalismi, gossip, indiscrezioni giudiziarie, verbali dei carabinieri, promesse politiche, proteste clamorose, fatti di cronaca che diventano reality show per giorni, settimane e mesi, quale posto possono avere le notizie che ci stanno a cuore? Come possiamo pensare che qualcuno si accorga, davvero, del giusto monito dell’Anffas che domani, 8 novembre, lancia una campagna a difesa di una legge dello Stato, una legge importante, la 328, emanata esattamente dieci anni fa da un Parlamento praticamente unanime. Era la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di servizi e di interventi sociali. Uno dei momenti più importanti della lunga lotta per mettere le persone al centro dei servizi, e non il contrario. Per togliere potere alle burocrazie e restituirlo ai cittadini. Per dare fra l’altro alle persone con disabilità quel fondamentale strumento di dignità che è il “progetto personale di vita”. Per fornire, attraverso i “livelli essenziali di assistenza”, lo strumento oggettivo di valutazione del rapporto costi-benefici fra ausili e prestazioni per le persone disabili, parlando, correttamente, di appropriatezza ed efficacia, il contrario degli sprechi e dei fondi distribuiti a pioggia. Per rivedere completamente i criteri di accertamento dell’invalidità, fermi a parametri del secolo scorso, a valutazioni sanitarie obsolete e decrepite. Nulla o quasi di quanto scritto e garantito in quella legge fondamentale, oggi, a dieci anni di distanza, è stato mantenuto. A partire dai fondi per attuarla, tagliati con regolarità mitridatica.
Il rumore di fondo impedisce quasi di alzare la voce. Ci rende consapevoli della nostra impotenza, e alimenta la frustrazione, il qualunquismo, il rifiuto della partecipazione. Certo, esistono buone prassi, splendidi esempi di volontariato e di associazionismo, testimonianze individuali e collettive di impegno, oasi felici di enti locali e di istituzioni che almeno ci hanno provato a migliorare questo sgangherato Paese.
Ma oggi nei cinque punti del Governo (Governo?) di questo settore non c’è traccia. Nelle parole d’ordine delle diverse anime dell’opposizione si fatica a cogliere un ancoraggio reale alla concretezza dei bisogni e dei diritti delle persone più esposte e più deboli. Nelle cronache e nelle inchieste (inchieste?) dei giornali e delle televisioni il tema dei diritti acquisiti dal mondo delle persone con disabilità e dei loro familiari scompare, nella melma.
Fra pochi giorni ci sarà un gesto clamoroso delle persone colpita dalla sla, la sclerosi laterale amiotrofica. Il 16 novembre davanti al ministero dell’Economia partirà un presidio ad oltranza per reclamare il rispetto degli impegni presi dal Governo e dal Parlamento: esattamente gli stessi contenuti della legge 328. Ossia i Lea, i livelli essenziali di assistenza (entro settembre doveva essere emanato il decreto), il fondo per la ricerca, il finanziamento della formazione per gli assistenti familiari, promessa anche questa non mantenuta. Andranno davanti agli uffici di Tremonti in carrozzina, anche persone tracheotomizzate, con i ventilatori polmonari, con l’alimentazione esterna. Forse per un giorno avranno l’onore delle telecamere di passaggio, quelle che seguono i potenti prima dell’ingresso nel Palazzo. Forse una fotonotizia in cronaca. Forse.
Spero di no, ovviamente. E per questo scrivo questo blog, per questo sono contento che Vita, i portali di informazione della disabilità, i social network, siano sempre pronti a dare spazio e voce a chi voce non ha quasi mai. Ma la nostra voce scompare ogni giorno sotto il rumore di fondo, il fruscio di una radio che non si riesce mai a sintonizzare. Il dilemma è questo: dobbiamo ancora alzare la voce, o sarebbe più corretto abbassare il fruscio, il rumore di fondo?
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