Volontariato

Rubare ai poveri per dare ai soldati

Il nostro governo da sempre fa poco per gli aiuti internazionali. Ma dal 7 gennaio ha violato la legge dirottando 110 miliardi dal fondo-cooperazione per sostenere missioni militari all’estero.

di Gabriella Meroni

Un furto. Un?aperta violazione della legge. Commessa dagli stessi legislatori. Ecco quello che è successo il 7 gennaio scorso, quando un decreto legge ha sottratto 110 miliardi dal fondo per la cooperazione destinandoli a finanziare le missioni dei militari italiani all?estero (capitoli 2180, 2181, 2182, 2183, 2184 e 2195 del bilancio del ministero degli Affari Esteri, tabella C della Finanziaria). Sì, esatto: i soldati impegnati nelle operazioni di peace keeping in Palestina, Macedonia, Albania, Kosovo e Timor Est non riceveranno il loro sostentamento dal ministero della Difesa, come sarebbe logico, ma dal fondo stanziato ogni anno per progetti di solidarietà nelle nazioni in via di sviluppo, per gli aiuti umanitari, il lavoro dei cooperanti e anche la riduzione del debito estero dei Paesi poveri. Non che l?Italia si impegni al massimo su questi fronti: l?anno scorso lo stanziamento in Finanziaria è stato di soli 670 miliardi. Che si è avuto il coraggio di ridurre a 560. Non è nemmeno la prima volta. Già due anni fa il governo aveva tentato un?analoga manovra di storno di 20 miliardi dai fondi della cooperazione per finanziare le operazioni militari di pace in Albania. L?anno scorso, stesso copione: questa volta i 20 miliardi sottratti sarebbero dovuti andare al fondo per le madri sole istituito dal ministero della Solidarietà. «Siamo come il porcellino di terracotta, il salvadanaio da rompere quando si è a corto di contante», scherza amaramente Raffaele Salinari, presidente del Cocis, il coordinamento delle ong laiche. «Questa è malagestione dei fondi pubblici, mancanza di trasparenza e collaborazione». Le ong, ovviamente, sono in rivolta, furiose anche per le modalità con cui il decreto è stato preparato e varato: in sordina, il 7 gennaio, a Parlamento ancora chiuso. In calce, la firma del ministro degli Esteri Lamberto Dini. «Se non ci avessero avvisato alcuni amici parlamentari, probabilmente non ce ne saremmo neppure accorti», conclude Salinari. Ma adesso che il mondo della cooperazione se n?è accorto, non ha tardato a far sentire la propria voce. Tutte le ong italiane (circa 120) hanno infatti inviato una lettera al ministro Dini e alle due commissioni Esteri di Camera e Senato, oltre che al presidente del Consiglio, con la richiesta di modificare il decreto. Un appello che sta già raccogliendo adesioni anche tra chi non si occupa direttamente di cooperazione (alla nostra redazione sono arrivate in poche ore quelle di Aiasp, Un ponte per, Democrazia Popolare). La mobilitazione insomma è scattata. Ai cooperanti, poche briciole Questa manovra cade nel panorama davvero desolato dell?impegno italiano per la cooperazione, un settore che ci vede agli ultimi posti tra i Paesi ricchi per la quota del Pil destinata agli aiuti ai Paesi poveri. I 670 miliardi stanziati dalla Finanziaria infatti rappresentano lo 0,1% del Pil contro l?impegno di arrivare allo 0,7% sottoscritto dall?Italia con le Nazioni Unite. Ma non basta. I fondi risultano essere in realtà circa 1070 per l?aggiunta di 400 miliardi che non si è trovato il modo di spendere negli anni precedenti. E proprio da questa ?riserva? mai utilizzata – che già di per sé rappresenta una vergogna per il nostro Paese – si sono attinti i 110 miliardi per i soldati. Una cifra oltretutto più alta della somma complessiva destinata dal governo alle ong, cui nel 2000 andranno solo 80 miliardi. «È un comportamento sordido», accusa Sergio Marelli, direttore della Focsiv, il coordinamento delle ong di ispirazione cristiana. «Perché si reperiscono quattrini in capitoli di spesa che hanno scarso impatto sugli italiani: si tratta di popolazioni lontane, a volte lontanissime…. Chi volete che scenda in piazza per loro?». «Questo è un atto che dimostra come, nonostante le dichiarazioni di principio per un maggior impegno nei confronti della lotta alla povertà annunciate dal segretario Ds Veltroni al congresso di Torino, nel governo prevalgono logiche militari su quelle di solidarietà», è la deduzione di Rosario Lembo, direttore del Cipsi. «È in gioco l?esistenza e la credibilità della solidarietà e delle politiche di cooperazione italiana». Dulcis in fundo, questo storno di fondi è anche fuorilegge: viola infatti apertamente la legge 49 sulla cooperazione, attualmente in vigore, che all?articolo 1 vieta che gli stanziamenti della cooperazione possano essere utilizzati per finanziare «attività militari». Le promesse dei politici La domanda che si sono poste le ong è prevedibile: come è potuto accadere? La risposta non è facile, anche perché ora sia i presidenti delle due Commissioni Esteri di Camera e Senato, sia lo stesso ministro Dini fanno autocritica. O meglio, più prosaicamente, cadono dalle nuvole. «Dal ministero degli Esteri ci dicono che lo stesso Dini è contrario al provvedimento», dice Salinari. «Eppure l?ha firmato lui. Non poteva accorgersene prima?». E se il governo è contrario, anche il Parlamento fa una frettolosa marcia indietro. «Nella vita capita di commettere degli errori, e questo è un errore», ammette l?onorevole Massimo Pezzoni, Ds, della Commissione Esteri della Camera. «Ora si deve fare ogni sforzo per trovare coperture alternative». Analogo impegno viene espresso per l?altro ramo del Parlamento dal senatore Stefano Boco, dei Verdi, anch?egli della Commissione Esteri. «Un testo correttivo è già pronto», afferma. «Sono convinto che si riuscirà a trovare una soluzione alternativa». Staremo a vedere.


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