Salute
Ru 486, l’aborto senza bisturi
L'Italia si divide sulla pillola approvata dall'Agenzia per il farmaco
La pillola che consente l’aborto farmacologico è da oggi inserita nel prontuario farmaceutico. La decisione amministrativa dell’Agenzia per il farmaco accende la polemica sulle conseguenze morali, religiose, e per la salute delle donne. Ecco come i giornali affrontano l’argomento.
- La rassegna stampa si occupa anche di:
- INCHIESTA A BARI
- ALIMENTAZIONE
- ALCOL
- CARCERI
- ISTAT E POVERI
- EUTANASIA
- NIGERIA
“Aborto, sì alla pillola. Condanna della chiesa”, l’approvazione della Ru486 sul CORRIERE DELLA SERA di oggi compare in taglio medio di prima pagina. Il disco verde dell’Agenzia per il farmaco è arrivato con voto a maggioranza dopo una seduta durata cinque ore. La discussione già molto accesa è stata infiammata dall’intervento del sottosegretario Eugenia Roccella che «ha cercato di fermare la procedura presentando la documentazione relativa a 29 casi di donne morte dopo aver preso la pillola». Durissimo anche monsignor Sgreccia, presidente emerito della Pontificia accademia per la Vita: «Chi userà la pillola, medico o paziente, verrà automaticamente scomunicato». All’interno i servizi rimandano a pag 18. Ma cos’è la pillola Ru486? Spiega la scheda del CORRIERE: «È un’alternativa all’aborto chirurgico. Provoca, attraverso l’assunzione di pillole di mifepristone, l’interruzione di una gravidanza già in corso». Due le interviste a commento. Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni sostiene che “«È meno invasiva di un intervento»”, per cui «la mia posizione è questa: fare tutto il possibile per prevenire ogni aborto. Se poi non si riesce a convincere una donna a evitare l’aborto, si può accettare uno strumento che rende l’intervento meno invasivo. Meno doloroso, meno lacerante». Di diverso avviso Rino Fisichella, Presidente della pontificia Accademia per la vita (“«È un male ed è pericolosa. Bisogna istruire i giovani»”): ai giovani dico «non fatelo perché è oggettivamente un male, anzitutto. Non fatelo perché non si conoscono bene gli effetti collaterali. Non fatelo perché la scienza è fatta per la vita, non per la morte, e lo scienziato come ogni persona deve avere davanti alla vita lo sguardo di chi accoglie e non di chi rifiuta. E, infine, non fatelo per arrivare a comprendere il valore e la bellezza della sessualità e dell’amore».
“Pillola abortiva c’è il via libera ma è già scontro”: LA REPUBLICA mette in prima ma di spalla la notizia dell’approvazione alla RU486. L’Aifa consente la registrazione del farmaco nel Prontuario. Immediata la reazione della Chiesa: monsignor Sgreccia ha annunciato la scomunica per chi ne farà uso. I servizi a pagina 11. Il Cda si è espresso, racconta Michele Bocci, 4 a 1, dopo una riunione durata 6 ore. Il voto contrario è di Romano Colozzi, assessore alle Finanze della Regione Lombardia. In tarda serata arrivata la notizia, Luca Volontè ha detto «con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte». Diversa la posizione dell’Aied, l’Associazione italiana per l’educazione demografica, secondo cui «ci si allinea con i paesi europei, recuperando un ritardo che ha penalizzato le donne italiane». La pillola abortiva utilizzata dal 1988 in Francia è arrivata negli altri paesi europei nel corso degli anni Novanta. In appoggio intervista a Eugenia Roccella: “È una clandestinità legale sarà incompatibile con la 194”. «Mi fido dell’Aifa ma aspetto di leggere le motivazioni della decisione. La pillola RU 486 resta un metodo abortivo più doloroso, più lungo, più incerto rispetto a quello chirurgico e che lascia tutto sulle spalle delle donne. Mi sembra che sia difficilmente compatibile con quanto prevede la legge 194»; «il problema resta quello di monitorare eventuali eventi avversi provocati dall’assunzione della pillola. Come le emorragie. E poi non è vero che questa decisione ci allinea a tutti i paesi europei, tranne l’Irlanda, perché in molti è autorizzata ma poi soltanto in alcuni viene usata. In Francia poi la sua introduzione è servita a cambiare la legge sull’aborto». Giovanni Bissoni, assessore alla salute dell’Emilia Romagna, componente dell’Aifa, ha votato sì: “Abbiamo evitato di rinviare perché serviva un punto fermo”, spiega in una breve intervista. «Bisogna capire che la pillola non fa aumentare il numero degli aborti, ma è uno strumento in più messo a disposizione delle donne», sostiene.
“Ok alla pillola abortiva, ma il Vaticano la scomunica” titola in copertina IL GIORNALE che alla decisione dell’Agenzia del farmaco arrivata ieri in serata affianca la subitanea reazione del Vaticano. «E’ un veleno letale, non un farmaco», ha affermato Monsignor Sgreccia, presidente dell’Accademia per la vita. E’ come un delitto e quindi «un delitto che comporta la scomunica per chi la usa, la prescrive o partecipa a qualsiasi titolo all’iter». Il Vaticano auspica «un intervento del Governo e dei ministri competenti». La Chiesa è sempre stata molto ferma sull’argomento. Anche nel documento “Dignitas personae” del dicembre scorso la pillola Ru486 era stata bocciata. Fra le reazioni raccolte dal GIORNALE oltre a quella di Eugenia Roccella «Sono molto perplessa sull’utilizzo della pillola abortiva per via di morti di pazienti sottoposte a questa terapia». Luca Volontè definisce la ru486 «una pillola assassina». Ora si tratta di regolamentare al meglio l’uso. IL GIORNALE scrive «In Emilia Romagna prevede tre giorni di ricovero in day hospital, ma due pareri del Consiglio superiore di sanità dicono che c’è parità di rischio fra aborto farmacologico e chirurgico solo se l’aborto farmacologico viene completato in ospedale. Inoltre ci sono molte donne che assumono la pillola in ospedale e poi firmano per tornarsene a casa. Rischiando emorragie e complicazioni che un aborto chirurgico non aveva mai provocato».
“Il Vaticano rallenta la pillola abortiva” è il titolo scelto da IL MANIFESTO per parlare della RU 486. Il quotidiano evidentemente ha chiuso prima della fine della riunione del Cda dell’Agenzia del farmaco, perché non ha ancora la notizia del via libera deciso ieri in tarda serata. La pagina in “politica e società” parla di un «triste primato dell’Italia» per il ritardo con il quale viene diffusa la pillola abortiva rispetto ad altri Paesi europei. L’articolo di apertura è tutto concentrato sulla «potenza vaticana» che ha rallentato l’iter e sulle «minacce di scomunica automatica che ieri sono venute giù come saette da Oltretevere». “In Francia la destra chiede di estenderne l’uso” è il pezzo di spalla. La RU 486 è legale in Francia dall’88. Nei mesi scorsi il Consiglio costituzionale ha bocciato per un vizio di forma la proposta di emendamento della parlamentare Bérengère Poletti che chiedeva di dare anche alle levatrici la possibilità di prescrivere la pillola che provoca l’aborto. Dal 2004 la prescrizione è già estesa a medici di famiglia e ginecologi, quindi fuori dalle strutture ospedaliere. In chiusura dell’articolo da Parigi una dottoressa francese di Colombes dice: «Non bisogna diffondere l’idea che sia un trattamento miracoloso. Molti pensano che con la RU 486 la gravidanza sparisca. Ma non è così. Provoca un aborto spontaneo (spontaneo? ndr) e questo è un argomento di cui le donne parlano poco anche fra di loro, perché è vissuto come un fallimento dell’organismo».
In prima pagina IL SOLE 24 ORE riporta una testimonianza risalente al 2002: «Ero nella cattolica Baviera e ho usato quella pillola». Non una scorciatoia ma una via alternativa, consigliata per telefono da un amico ginecologo a C.M., giovane avvocato fiorentino: «Non ho sofferto, nessuna controindicazione», non è successo in ospedale ma «in metropolitana», la sensazione è stata quella «di una mestruazione abbondante». E addirittura, alla fine, «alle altre donne consiglio di scegliere questa strada, senza dubbio». IL SOLE poi dedica al tema tutta una pagina. Riassume l’iter della pratica del Mifegyn all’Aifa, durata 628 giorni e fa una panoramica del suo utilizzo nel mondo. È in uso in 28 paesi: dal 1988 in Francia, primo paese, seguito da Gran Bretagna, Svezia e Cina (1991/92) con un boom di autorizzazioni fra il 1999 e il 2003, ultimo il Portogallo nel 2009. Solo in Europa le prescrizioni del Mifegyn sono 600mila l’anno, a cui bisogna aggiungere le cifre di tre colossi – Usa, Cina e India – dove però il farmaco ha un altra denominazione commerciale (India e Cina hanno da anni il generico corrispondente). A commentare la vicenda ci sono Emma Bonino e Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace. Per la Bonino «è un atto dovuto» ritardato «di 20 anni dalle interferenze clericali». Interessi delle case farmaceutiche? «La Ru486 non è economicamente così attraente». Tesi opposta per il cardinal Martino, per cui la Ru486 «è un ulteriore passo avanti nella cultura della morte», «se si va a scavare scoviamo sempre interessi economici» e sulla scomunica della Chiesa chiarisce che «il discrimine è la presenza dell’embrione». Un brevissimo commento, a pagina 12, lanciato in prima, precisa che la Ru486 è «una pillola che non è la pillola», precisando la differenza tra pillola abortiva, pillola del giorno dopo e pillola anticoncezionale. Chiude così: «È bene ricordarsi che l’aborto non è un metodo di contraccezione. Niente veti dunque, ma non perdendo speranza in un mondo senza aborti».
Su AVVENIRE un piccolo richiamo in prima pagina sulla Ru486 a cui si dedica poi la pagina 6: “Ru486, via libera tra le polemiche”. La discussione tra i cinque componenti membri dell’Aifa che ieri dovevano decidere è durato la bellezza di sei ore. A pronunciarsi contro è stato solo Romano Colozzi, assessore alle risorse e finanze della Regione Lombardia. Secondo la Roccella l’aborto farmacologico è di fatto un «aborto a domicilio, proprio perché il momento dell’espulsione non è prevedibile» e porta quindi a una sorta di «clandestinità legale»: una politica di ricovero, infatti, sarebbe costosissima, proprio perché non si può prevedere fino a quando la donna dovrà rimanere in ospedale. Ma il sospetto del sottosegretario è «che si voglia arrivare ad una rottura della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza grazie a una tecnica e non all’iter parlamentare». Ugualmente critico Alfredo Mantovano: «Quando si parla di rispetto del parlamento sarebbe il caso di far riferimento non solo a materie oggetto di frequenti e recenti polemiche, ma anzitutto del fondamentale diritto alla vita… In questo momento un’istituzione tecnica come l’Aifa sta decidendo come se si trattasse di un qualsiasi antipiretico e non di uno strumento funzionale a togliere la vita, sia pure allo stadio iniziale». Intanto da più parti si leva la richiesta di rendere pubblico di il Dossier della Exelgyn, l’azienda farmaceutica francese che produce il farmaco. Nella sua analisi Giovanni Maspero sposa la tesi della Ru486 come grimaldello per allargare le maglie della 194: «in tutti i Paesi in cui si è introdotta la pillola abortiva, le donne la usano per abortire a casa. Verrebbe così eliminato il problema degli obiettori di coscienza: nei frequenti casi di complicazione, infatti, tutti i medici sono tenuti ad assistere la donna», mentre, «ben difficilmente il Parlamento approverebbe una legge consenta alle donne di abortire a casa da sole». Una dei nodi resta proprio quello della coesistenza fra la Ru486 e l’articolo 8 della legge 194 che prescrive che l’aborto avvenga all’interno di una struttura ospedaliera.
L’Aifa ha partorito la decisione di commercializzare la pillola Ru468 che consente di interrompere la gravidanza senza intervento chirurgico. Per LA STAMPA è la notizia più importante del giorno. Ad essa, il quotidiano di Torino dedica 2 pagine intere. «E’ stata una riunione tormentata», precisa la cronaca della seduta fiume del cda dell’Aifa ripercorsa nell’articolo “Aborto, la Ru468 arriva anche in Italia”, «quella di ieri del consiglio di amministrazione all’Aifa: sei ore per decidere l’introduzione di alcuni farmaci in Italia, e fra questi anche la pillola abortiva Ru468». Alla fine, 4 dei 5 componenti del Cda hanno votato a favore. Più bilanciato in termini numerici il rapporto dei commenti proposti nell’articolo: la squadra del no messa in campo da LA STAMPA pareggia quella del si. Per Aiad (Associazione italiana per l’educazione demografica) «Ci si allinea con i paesi europei, recuperando un ritardo che ha penalizzato le donne italiane». Per Luca Volontè, deputato dell’Udc,«Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte». Opinioni diverse anche nel mondo della scienza. Nelle due interviste agli esperti proposte da LA STAMPA, il presidente Bruno Mozzanega, presidente di Scienza & Vita, oltre al rischio di contrarre infezioni dice che «per la donna il metodo farmacologico è di gran lunga più pericoloso e anche stressante da un punto di vista psicologico». Esulta invece Silvio Viale, il ginecologo che da 2005 ha dato via alla sperimentazione della Ru486 nell’ospedale Sant’Anna di Torino: «E’ una vittoria che arriva 20 anni dopo», ma lancia anche un allarme: «Il rischio è che i comitati etici degli ospedali chiedano di boicottarla». Altro che boicottaggio. Il Vaticano va oltre ad arriva anche a contemplare la scomunica. “Un omicidio Legalizzato. E’ da Scomunica”. Le parole del vescovo Elio Sgreccia, presidente emerito dell’Accademia per la Vita sono chiare: «Chi utilizza la pillola o i medici che la prescrivono o seguono l’iter sono automaticamente fuori dalla comunione».
E inoltre sui giornali di oggi:
INCHIESTA A BARI
LA REPUBBLICA – “Appalti e sanità a Bari sinistra sotto inchiesta”. Il centrosinistra (Pd, Rifondazione e altri) è sotto una bufera giudiziaria. Ieri i carabinieri sono entrati nelle sedi dei partiti che sostengono la giunta regionale per acquisire i bilanci dal 2005 a oggi. L’accusa è finanziamento illecito. Secondo il pm Digeronimo c’era una organizzazione per pilotare gli appalti pubblici. Appalti in cambio di denaro e di preferenze: questa l’ipotesi. Sono 15 gli indagati, fra loro l’ex assessore ora senatore Pd, Alberto Tedesco. Vendola respinge le accuse: «teorema azzardato ma vanno accertate le responsabilità». La Regione ha collaborato, sostiene, perché fosse scoperchiata qualsiasi forma di malaffare.
ITALIA OGGI – «La bufera dell’indagine del pm Desirè Digeronimo cala sul centrosinistra con l’accusa di presunti intrecci tra mafia politica e affari nella gestione degli appalti pubblici». “Bari, la sinistra prende la scossa” a cura di Emilio Gioventù, racconta la cronaca dei fatti e i nomi dei principali indagati.
ALIMENTAZIONE
LA REPUBBLICA – Il focus di R2 è dedicato al cibo bio: “La carica degli scettici” è il titolo. Si mettono a confronto due posizioni. Quella di chi ritiene che questi cibi non nutrano più dei prodotti tradizionali: lo sostiene una ricerca della Fsa, organo inglese per la sicurezza alimentare. Una ricerca che però è criticata : «miope e un po’ limitata» afferma Greenplanet.net (i pesticidi, si spiega, è provato che provocano danni alle persone e all’ambiente). Il cibo verde però non è solo una moda: è economia (come sottolinea Coldiretti) ed è benessere, come ribadisce Carlin Petrini (“Niente chimica e più natura ecco perché è la scelta giusta”: tra l’altro denuncia la lobby dell’industria).
ALCOL
ITALIA OGGI – Il quotidiano economico apre con un argomento leggero. “Sagre e feste spiazzate” il titolo d’apertura. L’editoriale di Marino Longoni racconta di un errore legislativo europeo per colpa del quale (per precisione dell’art. 23 della legge comunitaria 2008) si è disposto che dalle 24 alle 7 di mattina sarà vietata la somministrazione e il consumo di alcoolici sul posto e che non si potrà né vendere né somministrare se non nelle aree di pertinenza di bar e ristoranti. In questo modo è il caos per quel che riguarda le sagre di paese e le feste. Le amministrazioni comunali, in prima fila quella n eo eletta fiorentina di Renzi spingono per la disobbedienza civile. «Un esempio eloquente di analfabetismo giuridico. Forse sarebbe meglio invitare il legislatore a studiare le norme prima di scriverle».
CARCERI
AVVENIRE – “«La soluzione passa per il lavoro»”. A sostenerlo è il senatore Pdl Salvo Fleres, garante regionale siciliano dei detenuti. «Lo strumento c’è già. E riguarda gli ex detenuti e chi si trova in semi libertà. «Quando ero deputato regionale ho fatto approvare una legge che permette a queste categorie di persone di ottenre un contributo a fondo perduto di 25mila euro per avviare un’attività lavorativa. Ne abbiamo erogati circa 80 e nessuno dei beneficiari è tornato a delinquere». Un bell’investimento, osserva Fleres, se si pensa che manetnere una persona in carcere costa allo stato circa 90-100mila euro all’anno.
IL SOLE 24 ORE – Il Cipe oggi, oltre al piano Sud, approverà anche la prima tranche del piano carceri. Saranno assegnati 200milioni di euro per creare 1100 posti in otto carceri: ampliamenti strutturali per sette carceri più Reggio Calabria che apre ex novo con 250 posti.
ISTAT E POVERI
AVVENIRE – Il quotidiano di Boffo apre sul rapporto Istat 2008: “Ecco l’Italia dei poveri”. E a pagina 7: “Otto milioni di poveri. A rischio chi ha figli”. È la fotografia di un Paese che arranca con accresciuto divario Nord Sud e 2,8 milioni di famiglie in difficoltà (quasi 90mila famiglie in più rispetto al 2007 che hanno toirato la cinghia). In un’intervista, Giancarlo Rovati, sociologo dell’Università cattolica, afferma che il Nord è stato «salvato» dal terzo settore, che nella rete di sostegno alla povertà ha avuto un peso importante.
EUTANASIA
IL SOLE 24 ORE – Svolta a Londra, la House of Lord ha detto sì al ricorso di Debbie Purdy, 46 anni, malata di Sla, e di fatto ha liberalizzato il suicidio assistito. In Inghilterra infatti non è legale e chi aiuta un cittadino a morire nel centro svizzero Dignitas rischia fino a 14 anni di reclusione. Su 117 casi di suicidio assistito, però, solo una sola volta è stata aperta un’indagine. Adesso la House of Lord ha imposto che ci siano criteri definiti per sapere in quali casi si aprirà un’inchiesta. La previsione dell’associazione Dignitas in dying è che non se ne apriranno mai.
NIGERIA
IL MANIFESTO – “Sconfitti i taleban, preso il loro capo”. Una pagina di esteri sugli scontri nel nord-est della Nigeria che hanno provocato «oltre 600 morti in cinque giorni» scrive IL MANIFESTO. L’esercito nigeriano ha arrestato Mohammed Yusuf, capo del gruppo fondamentalista Boko haram che opera dal 2002 nel Paese africano con l’obiettivo di istaurare la legge coranica e che nelle ultime settimane aveva invitato la popolazione a sollevarsi contro il governo di Abuja accusato di corruzione e subalternità alle potenze occidentali. L’articolo de IL MANIFESTO traccia il profilo di una situazione complessa, dove l’aspetto religioso viene cavalcato per fini politici: «nel nord della Nigeria, confraternite come la Qadiriya sono importanti alleate durante la scadenze elettorali». Il contesto degli scontri è un Paese tra i più ricchi dell’Africa la cui economia è stata trainata dalle immense riserve di petrolio (9 banche nigeriane sono nella lista delle 100 banche commerciali migliori al mondo), al cui interno le disuguaglianze sociali sono altrettanto enormi e la corruzione pervade la politica e le istituzioni.
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