Fra le molte cose dette e scritte, anche a sproposito e in modo strumentale, sulla vicenda di Luigi Preiti, ce n’è una che dovrebbe far riflettere: “rovinato dal gioco”. Risulta presuntuoso e sgradevole giudicare superficialmente una vicenda umana molto più complicata dei suoi tragici epiloghi: non andrebbe fatto, così come è molto banale ridurre tutto alla crisi e all’antipolitica. Un po’ di silenzio e rispetto per le vittime, e pure per il carnefice che è tale in fondo anche di se stesso, farebbero molto bene a questo Paese.
In particolare ai suoi politici, vecchi e nuovi, e ai cittadini così arrabbiati tanto quanto confusi su quello che sta veramente accadendo. Ma dietro a questa tragedia si apre anche un’occasione di cambiamento: i media ci raccontano di un uomo “disperato”Luigi Preiti, uno che ha avuto la vita rovinata anche dal gioco. La campagna “Mettiamoci in gioco” invita a mettere in correlazione la crisi economica, quella familiare e gioco. Come sarebbe prezioso se le televisioni prendessero questo fatto come spunto per mostrare a reti unificate il volto di un Paese che si sta accartocciando sul cancro del gioco d’azzardo.
Come sarebbe utile, invece di riempire i minuti di chiacchiere, se anche le televisioni che entrano nelle case di tutti gli italiani raccontassero come la crisi sta spingendo donne e uomini verso quel tipo di dipendenza. Le storie dei sempre più numerosi casi di separazioni che ne conseguono, proprio come accaduto a Preiti. Le televisioni farebbero un bel servizio al Paese, farebbero da specchio per quelle tante persone smarrite nella dipendenza. Raccontando, magari, come il volontariato italiano si sta impegnando sempre di più per fronteggiare questa emergenza sociale.
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