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Rouen, Perego: «Ogni cedimento alla cultura della vendetta ci indebolisce»
Il direttore generale della Fondazione Migrantes intervistato da Vita.it sul barbaro assassinio di padre Jacques Hamel: «Dobbiamo avere il coraggio di mantenere il nostro cuore libero dall'odio. L’individualismo indebolisce la comunità e quindi la sicurezza»
«Il barbaro assassinio di padre Jacques Hamel, l'anziano parroco dell'arcidiocesi di Rouen, in Normandia, e il grave ferimento di una persona ad opera di giovani reclutati e plagiati dai terroristi dell'Isis scuote le coscienze di ognuno di noi».
Così Mons. Gian Carlo Perego, Direttore Generale Fondazione Migrantes ricorda il prete ucciso ieri in Francia. E aggiunge: «Dobbiamo avere il coraggio di mantenere il nostro cuore libero dall'odio, ogni cedimento alla cultura della vendetta, alla superficiale e pericolosa coniugazione tra terrorismo e islam, tra migrazione e terrorismo, genera paura, odio, conflittualità diffusa e indebolisce».
«Solo la cultura dell'incontro, la civiltà dell'amore, può dare un futuro all’Europa» ha concluso. Vita.it lo ha intervistato.
Monsignore Lei, nel ricordare padre Jacques Hamel, ha voluto sottolineare come sia capitale non lasciarsi andare a sentimenti di vendetta e continuare sulla via del dialogo. Che nesso c’è tra il dialogo e la sicurezza?
È l’unica via che possa garantire domani una società in cui le persone possano convivere nel rispetto e nella tutela. La rinuncia all’incontro sarebbe il ritorno alla conflittualità sociale, alla divisione in classi e alla disuguaglianza sociale. Al tempo stesso, per l’esperienza e la cultura cristiana, il patto sociale e il dialogo è sempre stato il modo per tradurre il comandamento dell’amore contro ogni forma di violenza.
Di fonte a i nuovi attentati spesso si parla di gesti isolati dovuti a emulazione. Però gli obiettivi e le modalità continuano a cambiare. Oggi per la prima volta in Europa è stata colpita una Chiesa. Davvero non c’è un messaggio dentro questo attentato?
Colpire la Chiesa, come i luoghi della vita sociale e culturale tutti, come nel caso degli altri attentati è certamente un’indicazione, una strategia evidente di far crescere la conflittualità sociale e non ridurre il tutto ad una lotta tra Isis e Governi. È una strategia che abbiamo visto sempre nelle diverse forme del terrorismo per coinvolgere la società civile all’interno di questo percorso di condanna e guerra alle istituzioni.
Quindi non c’è un messaggio diretto alla Chiesa?
È una dichiarazione nei confronti della Chiesa ma anche di tutte le altre realtà religiose e sociali. Bisogna chiarire una cosa…
Quale?
Qualificare con l’aggettivo islamico questi atti sarebbe fuorviante, sbagliato, addirittura falso. Sarebbe qualificare questi atti sul piano religioso mentre si tratta di un tradimento della stessa esperienza religiosa. Sono fenomeni politici. Dentro a logiche che con la religione non c’entrano nulla. È una evidente strategia politica.
Nonostante tutto questo la reazione delle persone è la paura. Come si supera?
La paura è un atteggiamento normale di fronte al pericolo e a questi atti di morte che, per quanto riguarda la Chiesa, continuano un percorso di martirio che nel mondo dura da anni. Quindi la paura è giustificata. Ma al tempo stesso la paura se non vuole cedere al disordine, all’incapacità di leggere i fatti, ha bisogno di essere accompagnata dall’intelligenza. Leggendo i fatti con intelligenza la scelta della non violenza deve essere più forte della paura. Perché i gesti e gli atteggiamenti che possano aiutare alla coesione sociale sono la prima e più elementare forma di sicurezza. Il primo elemento per essere sicuri è una società coesa. L’individualismo al contrario indebolisce la comunità e quindi la sicurezza.
Individualismo che è, risulta sempre più evidente, una delle caratteristiche principali di tutti gli attentatori…
Questi due giovani francesi di fatto ci ripropongono la necessità di costruire città incluisive. Un tema importante anche qui in Italia. È importante che il Governo abbia istituito un Osservatorio sulle periferie. Scuola, Chiesa e tutti i luoghi di incontro sono importanti per la crescita di una città. Questi fatti poi non devono indebolire la libertà religiosa di tutti. Sempre in un’ottico di coesione e sicurezza tutte le altre religioni devono avere i propri luoghi di culto.
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