Non profit
Rotte della filantropia: il futuro è in gioco
L'intervento di Carola Carazzone, segretario generale di Assifero, sull'Italy Giving Report di Vita in distribuzione: «Non è più il tempo del solipsismo, gli enti filantropici italiani devono mettere in atto processi di collaborazione sistemica tra di loro, con altri stakeholders privati e con e la pubblica amministrazione». Venerdì 22 ci sarà la presentazione on line dei risultati del 6° rapporto, con tutti i numeri sulle donazioni degli italiani nel 2020 e un focus sui nuovi modelli di raccolte fondi
In una situazione di trasformazione epocale in cui incertezza, smarrimento, perdita prendono il sopravvento è fondamentale cercare la certezza dentro di noi. Chi siamo? Perché facciamo quello che facciamo? Quale è la differenza che vogliamo e possiamo fare per noi stessi, per le persone che amiamo, per la comunità in cui viviamo, per l’umanità, per il pianeta?
Anche per quanto riguarda le fondazioni ed enti filantropici italiani queste domande possono contribuire a tracciare la rotta che vogliamo intraprendere.
Faccio alcune considerazioni preliminari e poi provo a tracciare tre bivi che la trasformazione in atto pone di fronte alla filantropia istituzionale italiana e su cui, credo, ogni ente filantropico dovrà confrontarsi.
La questione preliminare riguarda la propria identità di ente filantropico: che ruolo si vuole avere nella e per la società?
Generalizzando e semplificando, si mira a mantenere lo status quo o si vuole promuovere cambiamento sociale, modificare le dinamiche di potere, partecipazione, agency?
Alleviare sofferenza, tamponare emergenze, restaurare un po’ di bellezza è un mestiere molto diverso da contribuire ad eliminare le diseguaglianze, promuovere cambiamento sociale, lavorare per un cambiamento sistemico.
Spesso in Italia, in una visione limitante che confonde il fine con uno degli strumenti, le fondazioni sono state definite e percepite come enti di erogazione.
Nei prossimi mesi, l’entrata in vigore del RUNTS porrà una scelta di identità fondamentale: rimanere patrimonio destinato ad uno scopo o diventare ente filantropico.
Questa scelta in un paese dove la filantropia istituzionale è giovane e per molti aspetti acerba avrà conseguenze profonde anche sullo stesso futuro degli enti filantropici, in particolare sulla loro credibilità e sulla loro capacità di attirare le nuove generazioni.
Posta la domanda preliminare sul chi si vuole essere e quale ruolo sociale si vuole avere, ci sono almeno tre scelte che si porranno agli enti filantropici.
La prima riguarda la coerenza degli strumenti operativi che un ente filantropico sceglie di adottare. Il finanziamento di progetti funziona solo in pochi casi residuali: sperimentare un nuovo ambito di azione, una nuova collaborazione, un nuovo territorio. Per il resto, è una modalità obsoleta e inadeguata che produce organizzazioni deboli, in perenne ciclo della fame e in concorrenza vitale tra loro, e un effetto di isomorfismo degli ETS come progettifici. A marzo 2020, 800 fondazioni filantropiche negli Stati Uniti e 186 in Europa (di cui 45 italiane) si sono pubblicamente attivate per modificare le proprie pratiche di finanziamento vincolate a progetti e supportare in modo flessibile la resilienza, capacità e creatività delle organizzazioni del Terzo Settore. Nei prossimi mesi si tratterà di scegliere se consolidare questo cambiamento della modalità di finanziamento o ritornare alla vecchia pratica. In un paese dove, in base alla mappatura di Italia Non Profit, nel 2020 di fronte ad un aumento esponenziale dei bisogni, il 41% degli ETS rischia il dimezzamento perché ha perso più del 50% delle entrate in quanto vincolate a progetti e ad eventi di fundraising in presenza, la questione è fondamentale.
La seconda scelta per le fondazioni che decideranno di diventare enti filantropici riguarderà l’ampliamento del novero di strumenti di supporto a disposizione. Il passaggio da una logica di breve periodo di controllo degli input ad una di impatto sul cambiamento sistemico nel lungo periodo, infatti, comporta profonde conseguenze non solo sulla durata e modalità dei finanziamenti ma anche sul portfolio di strumenti, che un ente filantropico può attivare, ben oltre le donazioni a fondo perduto. Il portfolio a disposizione di un ente filantropico, tecnicamente continuum of capital, include l’attivazione di diversi tipi di capitale – capitale finanziario, ma anche non finanziario: immobiliare, relazionale, sociale, intellettuale. In un paese dove pochissimi ETS sono in grado di accedere ai fondi europei, se non saranno gli enti filantropici ad investire in un approccio multi-capitale sulle organizzazioni del TS, il rischio è che il nostro paese, e in particolare le persone più vulnerabili, rimanga ai margini delle importanti opportunità di sviluppo umano e sostenibile offerte dall’Europa per il 2021 -2027.
La terza scelta per chi avrà optato di superare il modello erogativo riguarderà la costruzione di alleanze inusuali per il raggiungimento di missioni fondamentali in materia di giusitizia sociale, ambientale, intergenerazionale. L’Agenda 2030 offre un quadro di riferimento potente in merito.
Oggi più che mai è fondamentale investire sulle reti, sulle comunità di pratica, sugli scambi e condivisioni, sulla circolazione delle idee, il confronto, l’accelerazione dei processi di apprendimento collettivo, sulla attivazione e sviluppo di fiducia sociale, capitale sociale, coesione sociale.
Oggi sappiamo che non è più il tempo del solipsismo per nessuno. In un Paese come il nostro, ancora spesso caratterizzato da una cultura basata sull’affermarsi degli ego individuali sono pochissimi gli esempi di collaborative funds o pooled funds così come di fondi filantropici con diritto di indirizzo al di fuori della rivoluzione silenziosa delle fondazioni di comunità, una delle tante meraviglie del nostro Paese. Nel 2021 speriamo di vedere molti più enti filantropici italiani capaci di mettere in atto processi di collaborazione sistemica tra di loro e con altri stakeholders privati. Allo stesso modo speriamo che la recente sentenza della Corte Costituzionale sull’articolo 55 del Codice del Terzo Settore incentivi un nuovo tipo di alleanza tra gli enti filantropici e la pubblica amministrazione. In un Paese in cui la collaborazione tra istituzioni e enti filantropici è stata finora caratterizzato da pochissima conoscenza reciproca e molti stereotipi impliciti da entrambe le parti – da un lato considerazione dell’ente filantropico come bancomat a cui richiedere ex post di tappare i buchi del welfare in difficoltà, dall’altro sperimentazione in autonomia e consegna chiavi in mano di un progetto di successo perché venga scalato dall’ente pubblico – l’auspicio è che il 2021 inauguri una nuova epoca di rapporti pubblico- privato per la quale ci si dovrà dotare di nuove competenze e modalità operative a partire dall’interno della governance e leadership delle proprie organizzazioni.
Viviamo un momento storico irripetibile, un punto di non ritorno. La pandemia ci ha offerto un’opportunità unica nella vita di una generazione: una potente esperienza di empatia collettiva. Per la prima volta nella storia dopo la trasformazione epocale innescata dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie, viviamo – non in astratto ma sulla nostra pelle – il significato di interconnessione e interdipendenza della umanità e di indivisibilità con il pianeta. Ciascuno di noi ha vissuto il significato di ubuntu1 “io sono perché noi siamo”. L’auspicio è davvero che sappiamo “non sprecare questa opportunità”. Everyone is a changemaker.
1 Ubuntu è una filosofia africana che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni reciproche delle persone. È un'espressione in lingua bantu che si basa sulla empatia e la compassione, il rispetto dell'altro: “Umuntu ngumuntu ngabantu" “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo". L'ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso l'umanità intera, un desiderio di pace e di armonia anche con la natura.
*Carola Carazzone segretario generale di Assifero
Per leggere anche gli interventi di Francesco Profumo, Delphine Moralis, Matteo Cerri, Luigino Bruni, Serena Porcari e Francesca Pasinelli scarica il 6° Italy Giving Report di Vita (clicca qui)
IL WEB TALK: LA PRESENTANZIONE DEL 6° ITALY GIVING REPORT
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