Cultura

Roseto Capo Spulico punta all’esclusione zero

Andare oltre il mare: questa la sfida del piccolo comune dell'alto Jonio cosentino che ha puntato su una progettazione partecipata di comunità per raggiungere l'obiettivo della "esclusione zero". Dialogo con Rosanna Mazzia, la sindaca che ci spiega come traghetterà la sua comunità da un modello di economia del mare basata turismo estivo a una economia civile che include tutti per tutto l'anno

di Gabriella Debora Giorgione

Piccoli comuni, grandi Sindaci attracca sulle coste di un piccolo comune dell'Alto Jonio cosentino che ci rivela quanto sia complesso armonizzare lo scarto tra comunità reale e futuro desiderabile, per il quale occorre soprattutto visione. I sindaci dei piccoli comuni devono saper avere lo sguardo in avanti e capire quando è il momento di fermarsi, ritrovare l'energia di comunità e ripartire tutti insieme, nessuno escluso.

Ambasciatrice di Economia civile 2020, presidente di Borghi Autentici d’Italia-Bai, un’associazione di circa 300 comuni piccoli e medi in Italia che si distinguono per la “autenticità” di cultura, storia e tradizioni, Rosanna Mazzia arriva all’intervista come sempre puntuale, look impeccabile e con un gran sorriso su un volto disteso e sorridente che non sembra avere dormito quattro ore a notte nell’ultima settimana. Si è appena conclusa la tre giorni di progettazione partecipata che ha coinvolto tutta la sua comunità in attività di disegno e scrittura di un masterplan condiviso sul futuro desiderabile per Roseto Capo Spulico. Lo aveva in testa già da un po’, questo evento, ma poi la pandemia glielo aveva rinviato, solo che la sindaca Mazzia non facilmente accetta impedimenti. Tema di fondo è “superare il mare”, come dice lei, perché un piccolo comune, anche se scolpito su un pezzo di costa dalle mille nuances di azzurro, deve avere risorse oltre i tre mesi estivi all’anno.

Sono stati giorni impegnativi, sindaca…
Molto, ma la comunità rosetana ha colto l'importanza di questo percorso: è stato molto emozionante vedere dialogare persone di età diverse, di sesso diverso, di estrazione culturale diversa, in un reciproco rapporto di arricchimento e di ascolto. Ora dobbiamo uscire dalla fase programmatica e arrivare alla “messa a terra” del progetto su Roseto, ovvero spostare l'asse dello sviluppo dal mare a tutto il Comune, da tre mesi a tutto l’anno.

Come ci arriverete a questo “futuro desiderabile”?
Abbiamo scritto il masterplan di una Roseto Capo Spulico ad “esclusione zero”, vale a dire che abbiamo messo a valore tutta una serie di progettazioni singole, arrivate sparse nel tempo, e le abbiamo immaginate in un sistema territoriale in cui immobili e parti del territorio sono rigenerati e risistemati per diventare “luoghi” di lavoro inclusivo e di comunità. Questo è stato possibile anche grazie alla collaborazione con molte delle reti alle quali apparteniamo, la Rete del Welcome e Sale della Terra in particolare, con i quali da tempo stiamo approfondendo il tema di un welfare a misura di persona e territorio che con il metodo della co-progettazione Ente pubblico-Terzo settore sta davvero aiutando le piccole comunità a “sbloccare la creatività” nella progettazione a vantaggio dei più deboli restando sul tappeto di una economia “civile”, che è economia ma con la persona al centro.

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Lei è al secondo mandato: quando ha iniziato a progettare questa Roseto fuori dalle spiagge?
Sono diventata sindaca nel 2014, dopo dieci anni di ruolo di vicesindaco, ma nel 1995 mi sono candidata per la prima volta a consigliere comunale. Devo confessare che quando mi chiesero di candidarmi a sindaca mi sentivo totalmente priva di forze e mi chiedevo come avrei potuto fare. Invece questo è un ruolo che ti rigenera ogni giorno “da dentro” perché capisci che sei importante per lasciare un segno, un’impronta, nel presente e nel futuro del tuo territorio.

E come si lasciano le “impronte”?
Io ho sempre tenuto per le deleghe al bilancio e ai lavori pubblici perché le ritengo deleghe molto molto “pregnanti” per le persone deboli: sono due momenti della vita amministrativa in cui devi pensare al sociale ed utilizzare in maniera oculata le risorse del tuo comune, che non vive solo di finanze ma anche di benessere collettivo. Io scherzando minaccio sempre i miei colleghi di giunta e dico: guardate che mi metto a fare il sindaco delle strade e dei marciapiedi.

Prima della politica frequentava ambienti di Terzo settore o del sociale?
No, io dopo le superiori ho seguito le mie idealità e mi sono trasferita a Modena, dove mi sono laureata in Giurisprudenza. Modena e tutto quel territorio per me rappresentavano il mio modello di riferimento di vita culturale e sociale, ne ero affascinata anche per affinità di impegno.

E perché è tornata?
Dopo la laurea ho trascorso un periodo a Roseto. Era il periodo elettorale e mi hanno coinvolta alcuni amici e familiari: c’era un forte bisogno di “politica nuova”. Mi sono lasciata convincere ed eccomi qui. In realtà molto ha giocato la differenza tra Modena, perfettamente funzionante, vera smart city già all’epoca, ma nella quale mi sentivo un numero, e Roseto meno perfetta ma in cui non mi sentivo in debito di ossigeno da relazioni umane e di comunità. Avevo bisogno di entrare in negozi dove conoscevano i miei gusti, dove mi chiamavano per nome.


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Ora anche Roseto si candida a smart city…
Roseto è cresciuta molto, ha una sua specificità notevole, ha saputo lavorare molto su sé stessa fino ad ora, curando gli aspetti delle persone e dell'ambiente. In questo nuovo mandato, però siamo partiti dalle potenzialità inespresse che devono essere ascoltate e valorizzate e che vanno oltre il mare, salgono dalla costa fino al borgo medievale, un patrimonio storico-artistico sul quale dobbiamo lavorare per creare lavoro tutto l'anno.

Ma quali sono i finanziamenti e per quali progetti?
Abbiamo vinto finanziamenti corposi sul recupero di alcuni beni immobili da destinare ad attività di valorizzazione di trasformazione di prodotti locali che coinvolgono anche le persone migranti che accogliamo nel nostro progetto Sistema Accoglienza Integrazione-Sai. Ci sono poi i fondi PNRR sull’ambulatorio di comunità, che era una richiesta forte del territorio. Vede, Roseto non è soggetta a particolare pressione dello spopolamento, qui il reddito medio non è basso, quindi qui conta molto aumentare la qualità dei servizi che offriamo ai rosetani dei dodici mesi e ai rosetani dei tre mesi che arrivano ad essere anche oltre 30mila a stagione. Negli ultimi anni è aumentata anche la domanda di case da parte di coppie giovani, provenienti anche dall’estero, che scelgono di vivere qui con i loro figli perché la qualità intrinseca della vita in una piccola comunità è un valore che ha la sua importanza nel bilancio delle scelte delle nuove coppie. Su tutto questo stiamo ragionando anche con i rosetani e le rosetane che stanno promuovendo la nascita di una Cooperativa di comunità.

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Tre punti di forza e tre punti deboli dei piccoli comuni…
I piccoli comuni non sono riconosciuti per il valore che hanno sotto il profilo legislativo, non sono attenzionati nel modo in cui dovrebbero esserlo e da questo discendono tutte le loro criticità e tutti i loro punti di debolezza. I nostri piccoli comuni sono però dei formidabili vivai, sono i luoghi dove sperimentare la soluzione ai problemi più grandi perché spesso si dimentica che nei comuni sotto i 5mila abitanti vivono 10 milioni di persone.

A cosa ha rinunciato per dedicarsi alla sua comunità?
Forse un po’ alla mia professione di avvocato. Però cosa vuole che sia di fronte alla chiara consapevolezza che si possa fare il cambiamento, che si sia riusciti a stimolare la domanda, a far uscire Roseto da una condizione sempre un po' paludosa? Abbiamo messo un piede il futuro!

Il suo futuro post mandato?
Premesso che in teoria potrei ancora farne un terzo, per adesso vivo pienamente immersa nella mia dimensione di sindaca in cui ho veramente tante, troppe cose da fare. Le dirò, tornando alla domanda di prima: questa esperienza non mi ha tolto niente, anzi “ha aggiunto” alla mia vita una straordinaria dose di umanità, di competenze, di persone nuove conosciute, persone antiche ritrovate, nuove sfide culturali e una nuova dimensione personale. Adesso forse so cosa vorrei “fare da grande”: continuare ad occuparmi del sociale, ma dal lato dell’economia civile.

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Le foto della progettazione partecipata sono di Gianpaolo De Siena

Sabato prossimo saremo a Borutta, Sassari.

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