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Rosarno, esplode la violenza degli immigrati
Strage di cristiani copti in Egitto, il filo rosso dell'intolleranza
Improvvisa ma non imprevedibile la violenza scoppiata ieri a Rosarno in Calabria, dove centinaia di lavoratori irregolari si sono ribellati devastando il paese dopo che due immigrati erano stati feriti a colpi di fucile a pallini. I giornali di oggi trattano con ampiezza la rivolta, ma anche la strage di cristiani copti in Egitto, due fatti lontani ma segnali forti delle intolleranze e delle difficoltà di integrazione fra culture e religioni diverse.
- La rassegna stampa si occupa anche di:
- CRISTIANI COPTI
- SCIOPERI
- POLITICHE SOCIALI
- ISLAM
- PRIVACY
- RICERCA
- ALZHEIMER
- CASSAZIONE
- REGIONALI
- CALCIO
“Immigrati, rivolta in Calabria”, titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina. «Rivolta in Calabria degli extracomunitari dopo un agguato in cui sono stati feriti due immigrati (feriti da sconosciuti con pallini da caccia, ndr). Rabbia per le strade di Rosarno: auto assaltate con bastoni (un bambino è stato ferito dalle schegge di un vetro), distrutte le vetrine dei negozi del centro. Proteste anche da parte degli abitanti del paese. “Immigrati, una giornata di guerriglia a Rosarno”, è invece il titolo di pag 11 che introduce il resoconto di Carlo Macrì. Da leggere anche il ritratto di Rosarno firmato da Mario Porqueddu (“I duemila clandestini della città di cartone arrivati in Italia per raccogliere agrumi”: «Arrivano a ottobre o a novembre quando i mandarini sono quasi pronti e se ne vanno a marzo, terminata la raccolta delle arance. Negli ultimi anni si presentano in 1500, anche 2mila persone: tutti uomini, quasi tutti africani, quasi tutti senza documenti, vivono accampati in condizioni disastrose e lavorano in nero».
Su legge, islam e irregolari si intrattiene anche il fondo del CORRIERE di Angelo Panebianco: “La fermezza e l’ipocrisia”. Ecco i passaggi più significativi dell’editoriale: «…Poiché nulla meglio delle micro-situazioni getta luce sui macro-fenomeni, si guardi a che cosa davvero intendono per «integrazione» certi operatori istituzionali. Ciò che succede, ormai da diversi anni, in molte scuole, durante le feste natalizie (e le inevitabili polemiche si infrangono contro muri di gomma) è rivelatore. Ci sono educatori (è inappropriato definirli diseducatori?) che hanno scelto di abolire il presepe e gli altri simboli natalizi, lanciando così agli immigrati non cristiani (ma anche ai piccoli italiani) il seguente messaggio: noi siamo un popolo senza tradizioni o, se le abbiamo, esse contano così poco ai nostri occhi che non abbiamo difficoltà a metterle da parte per rispetto delle vostre tradizioni. Intendendo così il rispetto reciproco e la «politica dell’integrazione», quegli educatori contribuiscono a preparare il terreno per futuri, probabilmente feroci, scontri di civiltà. E lasciamo da parte ciò che possiamo solo immaginare: cosa essi raccontino, sulle suddette tradizioni, nelle aule, ai piccoli italiani e stranieri». Prosegue Panebianco: «C’è poi, in secondo luogo, la questione dell’immigrazione islamica. Tipicamente (le critiche di Tito Boeri – 23 dicembre – e di altri, alle tesi di Giovanni Sartori – 20 dicembre – sulla difficoltà di integrare i musulmani, ne sono solo esempi), la posizione fino ad oggi dominante fra gli intellettuali liberal (e cioè politicamente corretti) è stata quella di negare l’esistenza del problema. Come se in tutti i Paesi europei, quale che sia la politica verso i musulmani, non si constati sempre la stessa situazione: ci sono, da un lato, i musulmani integrati, che vivono quietamente la loro fede, e non rappresentano per noi alcun pericolo (coloro che, a destra, ne negano l’esistenza facendo di tutta l’erba un fascio sono altrettanto dannosi dei suddetti liberal) ma ci sono anche, dall’altro, i tradizionalisti militanti, rumorosi e assai numerosi, più interessati ad occupare spazi territoriali per l’islam nella versione chiusa e oscurantista che a una qualsiasi forma di integrazione. E lascio qui deliberatamente da parte i jihadisti e i loro simpatizzanti. Salvo osservare che i confini che separano i tradizionalisti militanti contrari all’uso della violenza e i simpatizzanti del jihadismo sono fluidi, incerti e, probabilmente, attraversati spesso nei due sensi. Negare il problema è, francamente, da irresponsabili».
“Calabria: sparano sugli immigrati esplode la rivolta, guerriglia a Rosarno” è la foto notizia in tagli centrale de LA REPUBBLICA. I servizi all’interno: due pagine per raccontare l’ennesimo episodio di violenza. La rabbia è esplosa dopo che due extracomunitari sono stati colpiti con un fucile ad aria compressa, senza ragione, forse solo per “divertimento”. Il risultato? Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti, ringhiere di abitazioni strappate vie. Scene di guerriglia urbana di cui sono stati protagonisti lavoratori stranieri nella zona per la raccolta degli agrumi (a 20, 25 euro al giorno) e che per lo più vivono accampati in casolari, baracche, fabbriche abbandonate. Nel 2008 una aggressione simile aveva scatenato la protesta dei lavoratori ma non era sfociata in violenza. In appoggio la testimonianza di un giovane marocchino: «ridevano, tre ragazzi su una macchina scura. Ridevano e urlavano: “oggi non si lavora”? dalla statale la macchina ha cominciato ad accelerare e dai finestrini due si sono messi a sparare… Urlavo chiedevo aiuto. Ma nessuno poteva sentirmi. C’erano delle macchine che passavano poco distante: come facevano a non vedere?». A pagina 8 Attilio Bolzoni segue le peregrinazioni di questi stagionali: a novembre erano in Puglia fra gli ulivi, lavoratori migranti che provengono da più parti (specie dall’Africa sub-sahariana). Da anni “italiani”. Per dodici ore guadagnano anche 25 euro. Sono «gli ultimi degli ultimi. Perché non hanno mai avuto un tetto tutto per loro. Dormono nelle fabbriche abbandonate… Non hanno mai freddo e non hanno mai caldo. Non hanno mai un contratto… È da quasi venti anni che il popolo degli ultimi vaga di terra in terra per l’Italia. Nel silenzio, nell’indifferenza. Nessuno lo dice mai chiaramente ma sono le ‘ndrine, le famiglie della mafia calabrese, che più di tutte succhiano il sangue agli ultimi».
La situazione di Rosarno è alla pagina 18 de IL GIORNALE. La ricostruzione delle violenze di ieri non dà atto di chi ha sparato con una pistola ad aria compressa contro extracomunitari che stavano in una ex fabbrica. Questa la scintilla che ha fatto sì che «un centinaio di africani abbiamo devastato Rosarno». La vicenda è definita «Un brutale passo indietro nel tempo. Gli stranieri colpiti portati in ospedali non destano particolari preoccupazioni ma la volontà di reagire che probabilmente covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati in condizioni ai limiti del sopportabile e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro nei locali dell’Ex Opera, non ci ha messo molto ad esplodere». Un box ricorda che un anno e mezzo fa accadeva la rivolta di Castelvolturno.
IL MANIFESTO dedica un richiamo con foto in prima pagina alla rivolta di Rosarno con il titolo «Agguato ai migranti esplode la rivolta nel ghetto di Rosarno». «Due immigrati gambizzati da fuoco nell’ex cartiera dove vivono centinaia di africani sfruttati nelle campagne. Scontri fino a tarda sera, una decina di feriti» riassume IL MANIFESTO che a questi avvenimenti dedica la pagina 4. Nell’articolo si sottolinea come gli «Atti di violenza che hanno colto di sorpresa tutti, nonostante in passato non siano mancate a Rosarno altre aggressioni nei confronti degli immigrati, la maggior parte dei quali provenienti dall’Africa (…) L’aggressione di ieri ha fatto scattare la scintilla di una rabbia evidentemente covata da molto tempo. Non appena la notizia dei tre giovani feriti si è sparsa, a centinaia hanno invaso le strade armati di bastoni e spranghe di ferro. E così mentre il ministro degli interni Roberto Maroni si trovava a Reggio Calabria per il vertice sulla sicurezza dopo l’attentato della ’ndrangheta alla Procura generale della città, a Rosarno scoppiava la rivolta (…)».
LA STAMPA in prima pagina, in taglio basso, dà spazio agli scontri calabresi. “Immigrati in rivolta, inferno in Calabria”. «La rabbia degli immigrati a Rosarno si è scatenata anche contro la polizia». Due le pagine dedicate (6-7). La prima a cura di Giuseppe Salvaggiulo titola “La rivolta nera di Rosarno. «Vessati dalla ‘ndrangheta»” in cui il giornalista riporta la cronaca della notte di violenza calabrese. Nella pagina seguente Filippo Cutrupi da spazio all’«annuncio dei ministri Alfano e Maroni» che hanno rinforzato i servizi di protezione personale ai magistrati. «La risposta all’attentato: 121 agenti e 6 magistrati”.
E inoltre sui giornali di oggi:
CRISTIANI COPTI
LA REPUBBLICA – A pagina 17 (con un richiamo in prima), il quotidiano diretto da Ezio Mauro riferisce dell’attacco ai cristiani nel Sud dell’Egitto. Nove morti all’uscita della messa del Natale copto. Ieri mattina protesta di circa 5mila copti davanti all’ospedale per reclamare i corpi delle vittime. I copti sono circa il 10% cento degli egiziani e gli scontri ci sono sempre stati. Questa volta, scrive Daniele Mastrogiacomo, c’è un preoccupante salto di qualità: si attizza la pericolosa tesi dello scontro di religione. «Il Papa è fortemente preoccupato per quanto è successo. È triste, angosciato, prega per le vittime di ieri e per chi è perseguitato a causa della sua fede religiosa», fanno sapere dal Vaticano.
AVVENIRE – Punta sui cristiani nel mirino in Egitto, con un “Copti, Natale di sangue”. Dopo false voci di uno stupro, tre uomini hanno sparato sui fedeli, facendo nove morti. Ieri, poi, manifestazione di protesta con 2mila copti in strada. Franco Frattini ha parlato di «orrore e riprovazione», invitando la comunità internazionale a non abbassare la guardia e dicendo che l’Italia continuerà a difendere la libertà di culto come «assoluto e irrinunciabile valore di civiltà». Federica Zoja dal Cairo dice che l’attacco «non può sorprendere» perché in Egitto da due anni si assiste a un crescendo di «discriminazioni sempre più frequenti ai danni dei cristiani sul lavoro, a scuola, per strada. Ai cristiani sono precluse cariche di rilievo nella politica, affari, ministeri». Il tutto aggravato dalla crisi economica. In passato si accusava il governo di non proteggere i cristiani volontariamente, ora invece «ci si chiede se il regime trentennale di Mubarak non sia invece in affanno, incapace di controllare le spinte interne alla società, con una islamizzazione galoppante», per cui «non solo i cittadini cristiani ma anche i musulmani moderati potrebbero sentirsi minacciati». Una pagina è dedicata anche all’incontro di ieri tra il Papa e il nuovo ambasciatore turco presso la Santa sede: per il pontefice la Turchia è ponte fra Islam e Occidente, ma «la Chiesa nel paese ancora attende di essere riconosciuta».
IL MANIFESTO – «Egitto, strage sul Natale copto. Gli assassini musulmani hanno voluto vendicare uno stupro» riassume i fatti e ricorda che lo stupro oggetto della vendetta si è svolto a novembre: «La vendetta è stata pianificata con calma e in ogni dettaglio». E ancora «L’accaduto è solo l’ultimo sanguinoso capitolo dei contrasti sempre più accesi tra musulmani e cristiani nell’area povera dell’Alto Egitto (sud del paese) (…) In più occasioni a far scattare le violenze sono state vicende legate all’”onore” di giovani donne”». Si nota infine come tra le ricadute vi sia un’accelerazione della fuga da parte dei cristiani d’Egitto, emigrazione che sta colpendo altre storiche comunità cristiane del medio Oriente «Molti puntano l’indice contro il regime di Mubarak, accusato di incarcerare gli islamisti politici, come i Fratelli musulmani, e di scarcerare invece i jihadisti responsabili di attentati sanguinosi, spesso contro i copti, compiuti in Egitto negli anni ’90 allo scopo evidente di tenere al Qaeda lontana dal paese».
CORRIERE DELLA SERA – A pag 15 l’approfondimento di Cecilia Zecchinelli: “Strage di cristiani alla messe del Natale copto”. I fatti: È stato un Natale di sangue quello dei cristiani copti a Nag Hammadi, villaggio egiziano nel governatorato di Qena, vicino al sito archeologico di Luxor. All’uscita dalla chiesa di Anba Basaya, dopo la Messa di mezzanotte, i fedeli sono stati aggrediti da tre musulmani. Sette i morti e nove i feriti. Tra le vittime c’è anche un poliziotto. Alla Messa celebrata da Shenuda III, Papa dei copti, partecipava anche il figlio ed erede designato del presidente Mubarak. La sparatoria è avvenuta intorno alle 23.30 (le 22.30 in Italia), dopo la Messa che segna l’inizio della Natività copta, il 7 gennaio. Il CORRIERE intervista il comboniano Giuseppe Scattolin, da 30 anni in Egitto che dice: “«Il governo laico del Cairo ricattato dall’islam radicale»”, che poi aggiunge: «È innegabile che il clima sia peggiorato e che gli scontri confessionali ci siano: i cristiani sono chiaramente discriminati». “Una fede antica che precede il dominio arabo” è invece il titolo dell’approfondimento sui copti di Armando Torno.
IL GIORNALE – L’attentato egiziano contro i cristiani copti è messo in evidenza sin dalla prima pagina con l’intervento di Renato Farina che fa luce sulla situazione che ha visto «nel 2009 attacchi e persecuzioni in aumento nell’indifferenza dell’Occidente» e che chiosa «ci piacerebbe vedere giungere alla nostre parrocchie invece dei saluti e degli auguri dei musulmani egizi letti dai preti, qualche condanna per queste uccisioni e per la costrizione all’esilio. Figuriamoci. Gli egiziani delle nostre moschee emarginano i loro connazionali copti. Ma nessuno dice niente su questo, nemmeno i cristiani. Prima di dare la cittadinanza a questi musulmani egiziani dovrebbero mostrare di condividere davvero l’uguaglianza che negano a casa loro e pure a casa nostra». Andrea Tornielli fa la mappa dei luoghi in cui “La croce può costare la vita” sintetizzata in un’infografica, si va dall’Algeria alla Birmania. Fausto Biloslavo dipinge lo scenario geopolitico e ricorda «che sulla carte d’identità degli abitanti è obbligatorio che sia riportata la religione. La diaspora ha denunciato più volte episodi di conversioni forzate e angherie».
SCIOPERI
IL MANIFESTO – «Domani ti strucco» è il titolo a sfondare sulla foto di apertura dedicata a Berlusconi al trucco. A sfondare sulla fotografia di prima pagina anche la lettera scritta dalle lavoratrici del reparto trucco di Cologno Monzese rivolta al premier. «Due giorni di sciopero di tutti i lavoratori Mediaset, contro la cessione del settore trucco e acconciature: è il primo stop nazionale nella storia del Biscione. Cgil, Cisl e Uil temono altri tagli. Domenica e lunedì a rischio programmi di punta e Tg5. Le truccatrici scrivono al premier: “Proprio Lei ci ha insegnato che l’immagine è tutto”».
POLITICHE SOCIALI
ITAIA OGGI – “Politiche sociali rinforzate”. Sono in arrivo 1,421 milioni di euro per le politiche sociali. Si tratta di fondi da destinare ad assegni di maternità, agevolazioni ai genitori di persone con handicap grave, indennità a favore dei lavoratori affetti da talassemia major. Una parte dei fondi andrà anche alle regioni e alle province autonome. Per quanto riguarda le ripartizioni per regioni, alla Lombardia va il 14,15% delle risorse seguita dalla Campania con il 9,9%. In coda il Molise con lo 0,8% e la Valle d’Aosta con lo 0,29%.
ISLAM
AVVENIRE – La Lega Nord Trentino ha chiesto che gli islamici non puliscano più i loro uffici in Consiglio provinciale. «Siamo un partito con una posizione chiara nei confronti dell’Islam, non è opportuno né sicuro che lavoratori di quella religione possano avere accesso ai computer che contengono documenti sensibili», ha spiegato Alessandro Savoi, capogruppo della Lega Nord, chiedendo di risolvere il contratto con la società di pulizie. La Caritas incalza: volgiamo togliere anche infermieri e badanti?
PRIVACY
ITALIA OGGI – “Pc del lavoro senza segreti”. In caso di emergenza, il datore di lavoro può accedere ai file contenuti nel pc in uso a un dipendente assente a condizione che il personale sia informato di questa possibilità. Lo ha stabilito il garante della privacy in seguito «al reclamo di una dipendente che, rientrata in azienda dopo un periodo di cassa integrazione, si era accorta che alcuni file memorizzati sul pc affidatole in dotazione dalla società erano stati oggetto di accesso, da parte del lavoratore che l’aveva sostituita». Il garante ha dato torto alla lavoratrice.
RICERCA
IL SOLE 24 ORE – Il quotidiano di Confindustria apre in pompa magna sul piano Gelmini per la ricerca “Piano ricerca da 10 miliardi”, è il titolo. L’obiettivo è di aumentare dallo 0,56% del Pil allo 0,675% la quota del Pil dedicata alla ricerca. Poi nella pagina dei commenti, la 12, in uno dei commentini non firmati, si fa notare che non è che si tratti di cifre proprio clamorose: «L’obiettivo dello 0,65% del Pil fissato dal piano Gelmini è troppo poco ambizioso. Certo, la crisi ha inaridito la fonte delle risorse. Ma nonostante gli sforzi l’Italia rimane ancora lontano dai paesi leader che spendono in ricerca l’1% del Pil e ancora leggermente sotto la media europea. Per non parlare della distanza che separa l’Italia da quel 2% che garantirebbe al paese la benzina per far carburare il motore delle produttività».
ALZHEIMER
AVVENIRE – Primo piano dedicato all’allarme Alzheimer. Quest’anno nel mondo i malati saranno 35 milioni, già il 10% in più di quanto era stato previsto solo nel 2005. Secondo la Federazione italiana Alzheimer in Italia ne soffrirebbero due over 65 su dieci, per circa 520mila pazienti. In Italia – ma non si spiega perché – il costo annuo di un malato di Alzheimer (tra costi sostenuti dalle famiglie e costi a carico della collettività) è di 60mila euro, contro i 13mila degli altri paesi ad alto reddito. Gabriella Salvini Porro lamenta che le Unità di valutazione sono ridotte a semplici distributori di farmaci e che serve invece un coordinamento dei servizi sul territorio.
CASSAZIONE
IL SOLE 24 ORE – “Bimbi malformati, risarcito il papà- Cassazione. Il ritardo nella diagnosi ha impedito l’interruzione di gravidanza ma i danni si estendono alla famiglia”. In pratica nel caso di una diagnosi sbagliata di un medico e quindi in assenza di interruzione di gravidanza il danno esistenziale va anche risarcito al padre.
REGIONALI
IL MANIFESTO – Molto politica la prima pagina e il primo sfoglio del MANIFESTO che punta l’attenzione soprattutto sul Lazio e la Puglia. Il richiamo in prima è per «I tormenti del Pd: il caso Bonino infiamma i cattolici, Vendola denuncia il “dalemismo senile”», mentre i due commenti sono dedicati rispettivamente alla Bonino «Con Emma si cambia» e allo scontro con la Polverini «Questione di stile e non solo». In particolare nel secondo a firma di Ida Dominijanni si osserva «Non sempre la storia gira come vorrebbero i professionisti della politica: e meno male. Alla faccia del grande risiko nazional-pugliese propedeutico al lancio del Fronte post-berlusconiano dei Perbene (Fini-Casini-D’Alema e magari Cordero di Montezemolo), stavolta si è messa a girare con un qualche senso invece che controsenso. E alla fine di un anno passato all’insegna di leader con le palle, utilizzatori finali e complici e affabulati relativi, ci regala – pare- l’unica sorpresa interessante della stagione politica più deprimente che sia dato ricordare. Una sfida tra due donne, Renata Polverini e Emma Bonino, che partono senza azzannarsi e con una dichiarazione di stima reciproca (…)» E conclude «E la sfida in rosa – Pd volente o nolente -, che segnala che sotto il cielo della politica ci sono più cose di quante non ne contempli la geometrica impotenza dei soliti noti».
CALCIO
LA STAMPA – “Toro, i giocatori aggrediti: «Noi a Cittadella non giochiamo». «Presidente, noi sabato non giochiamo. E oggi non ci alleniamo. Ci hanno minacciato di morte. Ci hanno aggrediti davanti alle nostre famiglie. Non ce la sentiamo» queste le parole che David Di Michele ha detto a nome di tutto lo spogliatoio. «Mercoledì sera», scrivono Gianluca Odennino e Andrea Rossi, «fuori da un ristorante della collina di Torino sono volati calci e schiaffi. Era tutto organizzato: una ventina di tifosi lanciati come segugi a pattugliare i locali della città frequentati dai granata». Ora si attende la decisione della Figc che deciderà se accordare o meno il rinvio della partita. «Il Toro non vince dal 23 ottobre, il malessere della squadra si chiama Stadio Olimpico: 4 ko in dieci gare, raffiche implacabili di fischi a ogni uscita casalinga. E adesso che è scattata la caccia all’uomo l’aria si fa sempre più minacciosa».
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