Italiani razzisti? Non ha esagerato l’Osservatore romano, dopo la rivolta di Rosarno, a vedere nel razzismo quasi una tara genetica del popolo italico? Crediamo di sì. E crediamo anche che molto più efficaci – nel contrastare i sentimenti di odio verso gli immigrati – siano state le parole semplici e vere pronunciate dal Papa nell’Angelus del 10 gennaio: «Il problema è anzitutto umano! Invito a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita – è una persona – e che Dio lo ama come ama me». Parole che sulle labbra di un Papa così poco retorico e così poco incline a concessioni sentimentali hanno disarmato anche i più ossessionati critici del “buonismo cattolico”. Mentre invece l’estremizzazione sul razzismo quasi congenito degli italiani dava più vie di fuga, paradossalmente, a chi voleva parare il colpo.
Va detto però che l’impatto mediatico dell’articolo («Tammurriata nera», 12 gennaio) è andato molto oltre le intenzioni del direttore del giornale e dei suoi referenti vaticani. Ripropone la questione della fisionomia di questo specialissimo quotidiano. In passato ogni riga dell’Osservatore era considerata “ispirata” dal Papa o dalla Segreteria di Stato vaticana. Oggi non è più così. Sotto la direzione Vian (uomo di fiducia del cardinale Bertone) il giornale si è trasformato in un brillante foglio da combattimento, ma sempre più spesso i commenti riflettono solo il pensiero di chi li firma.
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