Non profit

Ronde e telecamere addio, con «Rassicura» la sicurezza si costruisce a cena

Primo bilancio del progetto del consorzio Ideeinrete

di Maurizio Regosa

«A Pinerolo siamo partiti dalla mappatura dei luoghi più insicuri. Poi ci siamo concentrati sulla stazione, dove abbiamo organizzato cineforum, dibattiti e incontri conviviali», spiega Marco Tealdo, operatore
del consorzio Coesa
Prendersi cura è il miglior modo di animare una comunità e renderla più sicura. Senza ronde, né militari o telecamere. Ma con la naturalezza della relazione. Un’intuizione che il terzo settore ha espresso non di rado ma che in poche occasioni ha assunto la concretezza progettuale di una iniziativa sul territorio. «Tradizionalmente il non profit ha condotto azioni mirate», ad esempio per il recupero di aree degradate o per l’educazione alla legalità, «ma non le ha mai ricondotte all’ambito sicurezza», premette Gianfranco Marocchi, presidente del consorzio Ideeinrete, «azioni che se non hanno a che fare con una visione sicurtaria, hanno però un sicuro impatto sulla sicurezza, che è comunque un bisogno espresso dai cittadini».
Da queste considerazioni è nata l’idea di strutturare un format chiamato Rassicura – una ventina di azioni tipiche, ordinate in quattro macrosettori (educazione alla legalità, comunicazione, rivitalizzazione di aree in stato di abbandono, controllo soft del territorio o di prossimità) – e di proporlo ai territori. «Un format flessibile che abbiamo messo a disposizione dei soci e che può essere declinato a seconda degli ambiti in cui si propongono le azioni e dei finanziamenti che si raccolgono». Proprio in questi giorni è terminata la prima sperimentazione territoriale, quella di Pinerolo dove la Regione ha messo a disposizione 100mila euro, mentre un’altra iniziativa è in corso a Pordenone.
«Siamo partiti dalla mappatura dei luoghi ritenuti insicuri», spiega Marco Tealdo, operatore del consorzio Coesa, «ed essendoci accorti che i tre indicati avevano quale comun denominatore la presenza di stranieri, ne abbiamo scelto uno in particolare, la stazione ferroviaria, e abbiamo organizzato cineforum, dibattiti, cene e un giornalino della città tenendo conto di entrambi i fattori: la percezione d’insicurezza e l’integrazione».
Un percorso, quello di «Adottiamo la stazione», cui hanno partecipato giovani dai 15 ai 29 anni e che è durato da giugno 2009 a ottobre 2010. Quanto ai risultati, Marocchi li riassume così: «Abbiamo lavorato puntando al coinvolgimento di tutte le realtà cittadine – associazioni, non profit, singoli e istituzioni – mirando all’animazione del territorio intesa come la maniera migliore di occuparsi di sicurezza. Una strategia che ci ha permesso di essere presenti in molti modi, anche ad esempio nelle scuole tramite l’associazione Acmos, che si occupa di beni confiscati alla mafia».
Senza dubbio da questo punto di vista, un ottimo “effetto collaterale” del progetto è stato l’annuncio da parte dei ragazzi di Pinerolo di voler costituire una associazione che prosegua quest’esperienza. «Per non perdere l’idea di cittadinanza attiva che hanno maturato», sottolinea Tealdo, «questi giovani intendono riunirsi e riprendere in particolare alcune iniziative che sono partite con Rassicura». Non a caso si snoderanno tutte attorno alla stazione: lo sportello informativo sui rischi derivanti dall’abuso di alcol e droghe; il corso itinerante di italiano («perché anche chi non è nato qui possa maturare una coscienza civica») e le attività sportive e culturali. «In più uno sportello che sarà aperto all’interno degli istituti superiori per raccogliere le idee progettuali elaborate dagli stessi studenti».
Bell’epilogo, non c’è che dire. Ripaga almeno in parte delle difficoltà iniziali del progetto: «Abbiamo faticato a smuovere soprattutto le istituzioni, troppo prese dalla loro inerzia o troppo distratte», ammette Mazzocchi.
Un’inerzia non politica, precisa il presidente, semmai pre-politica, burocratica persino. Un esempio? «Al Sud il Pon sicurezza ha ingenti risorse. Peccato che i tre livelli di interlocuzione – Comune, prefettura e ministero – impediscano alle iniziative maturate sui territori di essere prescelte. Forse accanto ai bandi nazionali, sarebbe il caso di creare una linea specifica per la progettualità dal basso, forse più capace di immaginare soluzioni mirate e solidali».

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