Mondo
Romania, 4mila neonati senza famiglia
Sono l1,8% delle nascite. Vengono abbandonati nei reparti maternità, figli di donne giovani e povere.
In Romania c?è una contabilità che non torna. è quella dell?infanzia abbandonata, fatta di 80mila minori fuori dalla famiglia (40mila ancora in istituto), che una nuova legge nazionale, in vigore dal primo gennaio, si ripromette solennemente di proteggere, far uscire dagli istituti, restituire alle famiglie e, sì, anche tenere alla larga dagli stranieri occidentali, vietando le adozioni internazionali.
Ma i conti non tornano. Almeno, secondo l?ufficio Unicef di Bucarest, che il 20 gennaio ha presentato un rapporto choc, in cui si denuncia che nel 2004 oltre 4mila neonati sono stati abbandonati nei reparti di maternità. Praticamente, l?1,8% di tutti i nuovi nati, che «vengono abbandonati negli ospedali proprio come trent?anni fa», ha detto il rappresentante Unicef, Pierre Poupard.
Il dossier rivela che le madri che abbandonano i loro bambini sono molto giovani e in condizioni di estrema povertà. La percentuale dei piccoli sottopeso (34%), non a caso è quattro volte più alta degli standard pediatrici della Romania (che si attestano sull?8,5%).
Che cosa sta succedendo? Per prevenire l?abbandono, la nuova legge ha vietato il parto in anonimato in ospedale, ma il vincolo viene scavalcato: «È molto frequente che le ragazze madri, povere e osteggiate dalle loro famiglie», spiega Angela Teodoru, responsabile dei progetti Avsi nel Paese, «diano al personale ospedaliero false generalità e poi scappino subito dopo il parto, lasciando così il loro bambino privo d?identità».
è un altro grave aspetto segnalato dall?Unicef: il 31,8% dei bambini abbandonati non ha alcun documento d?identità. Questo li rende ?invisibili?, in termini legali, ed estremamente vulnerabili al pericolo di traffici. Che fine fanno, dunque? «Dal momento che è stato ormai vietato l?inserimento in istituto di minori sotto i tre anni», prosegue la Teodoru, «dopo alcuni mesi, trascorsi in ospedale, i bambini vengono dati in affido a un?assistente maternale e, se possibile, inseriti in adozione nazionale».
Anche se le autorità di Bucarest valutano la capacità di accoglienza delle famiglie rumene come un ?grande potenziale? che, giustamente, va sollecitato, i dati non sono confortanti: nel biennio 2002-2004 i bambini andati in adozione nazionale sono stati in tutto 2.800.
«Il rapporto Unicef ha messo in luce il fatto che finora si sono curati gli effetti ma non le cause del problema minori», commenta Franco Aloisio, che è responsabile del progetto Coopi a favore dei ragazzi di strada. «è vero che in questi anni si è avviato un grande processo di de-istituzionalizzazione che ha ridotto il numero dei ragazzi in istituto, ma non sono state affrontate le cause dell?abbandono, come la povertà che affligge il 31% della popolazione e la mancanza di accompagnamento sociale per le ragazze madri». Là dove si affronta il problema, i risultati sono buoni: Avsi, ad esempio, lavora nell?ospedale di un distretto fuori Bucarest, con un progetto di sostegno alle giovani madri che scongiura l?abbandono nella metà dei casi. Un buon risultato, che però resta come una goccia nel mare rispetto al livello annuale di abbandoni e al numero di minori ancora da reintegrare. La chiusura progressiva degli istituti in questi anni è stata realizzata creando case-famiglia e formando ?assistenti maternali? stipendiate (con un salario pari a 80 euro lordi al mese, un po? più di uno minimo); riconvertendo i vecchi orfanotrofi in piccoli moduli abitativi e, in alcuni casi, reintegrando (anche forzatamente) i bambini e i ragazzi nelle loro famiglie d?origine.
«Nonostante il drastico processo in atto, che è stato oggetto di un rendiconto inviato all?Unione Europea dal governo di Bucarest», commenta Roberta Cecchetti, responsabile progetti di Save the Children, «secondo Save the Children-Romania negli ultimi 5 anni il numero di bambini posti sotto l?assistenza sociale dello Stato è rimasto invariato. Questo dice che c?è un lungo cammino ancora da fare, sia nell?ambito degli interventi sociali che nella formazione del personale addetto alla presa in carico dei minori». In salita anche la riapertura delle adozioni internazionali, tanto invocata da più Paesi: «Un problema che può essere risolto solo se affrontato da Bucarest in modo rigoroso, chiarendo ruoli e responsabilità», avverte la Cecchetti. «E senza considerarlo mai uno strumento risolutivo per la questione infanzia».
Info:
Aibi/adozioni.
Ricorso Onu
Un ricorso al Comitato Onu dei diritti del fanciullo: lo ha avanzato l?AiBi-Associazione Amici dei bambini, con una richiesta urgente d?intervento da parte della comunità internazionale per il problema dei minori in Romania.
La legge sulla protezione dell?infanzia ha infatti vietato del tutto le adozioni internazionali (sono consentite solo se uno dei richiedenti all?estero sia il nonno del minore!), sebbene il numero dei minori in istituto sia ancora molto alto (quasi 40mila unità).
AiBi, ente autorizzato alle adozioni e presente in Romania da molti anni con progetti di sostegno all?infanzia, ha avanzato all?Onu diversi rilievi. In punto di diritto, la normativa è stata segnalata come «non conforme al diritto fondamentale del fanciullo ad avere una famiglia», e di completa rottura con la Convenzione internazionale sui diritti dell?infanzia, che impone di mettere al centro di ogni intervento il superiore interesse del fanciullo.
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