Mondo

Roma scopre i suoi bambini lavoratori

Nei dei municipi VIII, XII e XIX lavora il 28% dei giovani in età scolare. L'indagine di Save The Children, Ires e Comune

di Maurizio Regosa

Presentata oggi in Campidoglio la terza inchiesta sul mercato del lavoro nella capitale dedicata ai Lavori minorili nell’area metropolitana di Roma. L’indagine è stata realizzata dall’Osservatorio sull’occupazione e le condizioni del lavoro a Roma, da Ires e da Save The Children e si tratta di un lavoro di tipo qualitativo: sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori sono finiti tre municipi particolarmente a rischio sotto il profilo del precoce ingresso nel lavoro da parte di minorenni (l’VIII, il XII e il XIX).

I risultati

E infatti, nel corso degli oltre quattro mesi dell’inchiesta, sono emersi risultati abbastanza preoccupanti: poco più del 28% del campione (sono stati contattati oltre 700 minori, italiani e non, e compilati 621 campionari; nel rapporto finale sono riportate anche oltre 60 testimonianze dirette) realizza almeno un’esperienza di lavoro in concomitanza delle attività scolastiche. Una percentuale che cresce fino al 41% se si considerano solamente i ragazzi di altre nazionalità. Dati che, come si diceva, erano ampiamente prevedibili: i quartieri considerati riflettono per molti aspetti il degrado metropolitano contro il quale, come ha sottolineato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «l’amministrazione intende lavorare anche con i suoi progetti sulle periferie». «Il lavoro minorile è frutto di particolari condizioni di degrado economico sociale», ha aggiunto Davide Bordoni, assessore alle Attività produttive, lavoro e litorale, «ragion per cui occorre concentrare tutti gli sforzi delle istituzioni locali al fine di ridurre le condizioni di degrado che sono alla base dello sfruttamento dei minori».

Anche la ricerca del resto sottolinea l’importanza di lavorare sul contesto: le esperienze di lavoro sono condotte per lo più –  in ambito familiare (direttamente in casa o in attività gestite dai genitori, come negozi ristoranti e officine) ed è dunque anche su questo fronte che bisognerà incidere persuadendo i genitori che ogni ora trascorsa in attività lavorativa è sottratta ad esperienze più consone all’età minorile (il rapporto segnale tra l’altro un legame tra livello socio-culturale dei genitori e tale consapevolezza).

Il nodo dell’abbandono scolastico

Quel che l’indagine rivela è soprattutto un trend (il problema del lavoro minorile coinvolge sempre più minorenni; nel mondo sono circa 250 milioni i bambini coinvolti) e un nodo che va senza dubbio affrontato: «c’è uno stretto legame», ha sottolineato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, «tra la pratica del lavoro precoce e l’abbandono scolastico. Indagini di questo tipo sono inoltre utili per comprendere nuovi fenomeni». Nuove frontiere dello sfruttamento minorile, verrebbe da dire. Come quella che passa lungo il crinale del piacere: i giovani, quando un’attività per varie ragioni li appassiona, «tendono a non considerarla lavoro e quindi ad abbassare la guardia rispetto al sentirsene sfruttati», ha puntualizzato Neri.

 

 

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