Cultura

Roma ingorda di pillole. Trento la più parca

306 euro di spesa all’anno pro capite in medicine in Lazio. 186 nella provincia autonoma. Ma è la media dei consumi italiani a destare preoccupazione: in cinque anni...

di Maurizio Regosa

Il vero focolare di questa modernità? È il piccolo armadietto che conserva quelle promesse di duraturo benessere che siamo soliti chiamare medicine. È lì che si è trasferito il sogno della felicità. Lì che ci rivolgiamo – lo sguardo pieno di speranza – quando accusiamo un lieve disagio, un autentico malessere o una vera e propria malattia.

È la medicalizzazione, bellezza
La parola sarà brutta. Ma eloquente. Del resto nemmeno il fenomeno cui rimanda è bellissimo. La medicalizzazione è frutto contraddittorio di una società che spera nella eterna giovinezza, coltiva il sogno della prestanza oltre ogni limite e contemporaneamente si affida alla Medicina, divenuta così grande totem per tutti noi, orfani di sicurezze e di fiducia. Sicché se il bambino è un po? agitato, il Prozac è servito. Se il papà si è strappato un muscoletto, vai con l?Aulin. Se invece è la mamma ad avere un po? di ansia, c?è sempre il Lexotan. Né è sempre necessaria la ricetta del medico di base.

Stando ai risultati di 2006, il rapporto annuale sullo stato di salute e qualità dell?assistenza nelle regioni italiane, predisposto dall?università Cattolica, la nostra abitudine ai farmaci è cresciuta in modo significativo. Fra 2001 e 2005 l?incremento del consumo sfiora il 20%. Ma se questa è la media, in alcune regioni l?aumento è stato superiore: nel Lazio, ad esempio, è stato del 28,6%, in Emilia Romagna del 25%, in Lombardia del 16,8%. Numeri che è difficile spiegare con il solo invecchiamento della popolazione?

Per quanto riguarda i farmaci distribuiti nelle farmacie nel 2005, la spesa pro capite del Ssn, il Servizio sanitario nazionale, è stata di 231,60 euro (+10,3% nel quinquennio 2001-05). Secondo l?Aifa, l?Agenzia italiana del farmaco, nei primi nove mesi del 2006 abbiamo ?bruciato? in medicine 10 milioni 263mila euro. Anche perché il nostro è uno dei Paesi europei che garantisce la più elevata copertura di farmaci (circa il 70% della spesa farmaceutica è a carico del Ssn), copertura uguale o superiore a Paesi con consolidati sistemi di welfare, ad esempio i Paesi scandinavi.

Al solito, il mosaico regionale ha tante tessere (e forse diversi livelli d?assistenza). Sempre pro capite, si spende molto di più ad esempio nel Lazio (306,60), in Puglia (274,70), in Campania (258,10), in Calabria (277,10) e in Sicilia (299,50). Non a caso regioni che stanno cercando di risolvere il deficit sanitario. Assai virtuose le province di Bolzano (183,30) e Trento (168,80). Si attesta su una spesa contenuta la Lombardia (207,30).

Le politiche regionali
Di fronte a questi numeri, non stupisce perciò che il ministero della Salute abbia aperto un tavolo con le Regioni. Per lavorare sulle politiche di contenimento entro il tetto programmato del 13% della spesa sanitaria complessiva (limite fissato dall?art. 5 della legge 405/2001). Ma su questo fronte le Regioni da tempo si sono impegnate (con risultati eterogenei, come si è visto). Ad esempio favorendo l?impiego dei farmaci a brevetto scaduto, il cui consumo fra 2001 e 2005 è quasi raddoppiato: dal 14 al 24,1% (le Regioni più virtuose in questo senso sono Lombardia, Toscana e Piemonte, fra quelle meno attente Puglia e Lazio).

Oltre a ciò cinque Regioni (Abruzzo, Puglia, Sardegna, Lazio e Liguria) hanno adottato il prezzo di riferimento: l?idea è che se c?è il generico si debba usare quello (che funge da riferimento), altrimenti è il cittadino a pagare la differenza rispetto a una medicina più costosa. Una misura che si spiega – dicono alcuni – con gli ultradeficit sanitari di alcune di queste Regioni.

Altrove (Lombardia, Campania, Piemonte ed Umbria) sono stati realizzati dei manuali che indicano le medie prescrittive sotto le quali i medici devono attenersi. Se tali limiti sono superati, c?è il rischio che il medico sia ritenuto ?iperprescrittore?. In Lombardia, ad esempio,, un congruo numero di medici (circa 500) ha ricevuto a fine 2006 un ?atto di costituzione in mora?: in sostanza la Corte dei Conti ha «evidenziato un significativo scostamento per l?anno 2002, rispetto alla media prescrittiva» e quindi aperto un?indagine per danno erariale.

Una terza strada – percorsa ad esempio da Emilia Romagna e Veneto – è stata realizzare un prontuario unico per i medici del policlinico universitario e per quelli del territorio, improntato all?appropriatezza.

Un concetto quest?ultimo particolarmente importante. Nella delibera 4239 del 28 febbraio 2007 la Regione Lombardia, ad esempio, ne ribadisce la centralità: «I farmaci oncologici ad alto costo, ai fini della loro rimborsabilità, devono essere utilizzati esclusivamente per le indicazioni terapeutiche autorizzate con le determinazioni dell?Aifa». Tradotto questo vuol dire che se un farmaco messo in commercio per curare un certo tipo di malattia ma dimostratosi efficace anche per altre patologie è somministrato al di fuori delle indicazioni (il cosiddetto off label), non viene rimborsato. (Ma le cose si stanno muovendo: il ministero della Salute ha chiesto all?Aifa di approntare un elenco di off label per aggiornarne gli usi prescrittivi).

Le strategie di contenimento
«Tutte le Regioni stanno lavorando sul controllo della spesa», spiega il professor Gualtiero Ricciardi, direttore dell?Osservasalute, «ma il più basso costo farmaceutico è a Trento, dove da anni si lavora a una strategia di coinvolgimento di tutte le componenti».

«In Veneto la spesa è sotto il fatidico 13% e questo risultato», racconta Giampietro Rupolo, dirigente della Direzione Piani e programmi sociosanitari della Regione Veneto, «è ottenuto con un mix di soluzioni: una commissione per il prontuario (che stabilisce quali farmaci passare), dei patti aziendali ovvero una condivisione per obiettivi specifici e con premi (che hanno consentito di aumentare il grado di appropriatezza della prescrizione). Infine si è lavorato sul contenimento delle spese di distribuzione dei farmaci». Impostazione analoga quella toscana: «La strategia per contenere la spesa», spiega Loredano Giorni dell?assessorato alla Sanità della Regione Toscana, «è basata sul coinvolgimento dell?intero sistema (medici, aziende ospedaliere) oltre che su economie di scala».

E il risparmio?
Accanto alla politica di condivisione degli obiettivi, c?è però un?altra possibile strada al contenimento della spesa: si chiama risparmio. Ne abbiamo tutti esperienza: quasi mai un ciclo di cura corrisponde alla fine delle compresse contenute in una confezione. Quelle che restano rimangono nell?armadietto da cui siamo partiti e prima o poi scadono… «Non sarebbe opportuno», propone Giorni, «lavorare su confezioni start, con un numero inferiore di pillole, da destinare a un paziente che avvia una cura e deve verificare se una medicina gli si confà». In effetti, in alcuni Paesi europei, ad esempio in Gran Bretagna, il farmacista prepara una confezione personalizzata contenente il numero esatto di pastiglie di cui il paziente ha bisogno. Sarebbe così difficile seguire questo esempio?

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