Politica

Roma, il ponentino solidale

E' la prima città in Europa a varare un piano regolatore sociale. Può contare su oltre 150mila volontari abituali. Ha ospitato il Glocal forum.

di Ettore Colombo

Walter Veltroni ci crede davvero all?idea di “una città-comunità in cui ci si tiene per mano”, la sua ricetta politica e civica contro il “liberismo antisolidale della destra”. Il sindaco di Roma è ovunque e in nessun luogo, a Roma. Vederlo o incontrarlo è facilissimo, intervistarlo una fatica improba. “I giornali? Non tutto finisce lì. Certe nostre operazioni non hanno voce in capitolo: bambini fatti operare, storie di emarginazione che cerchiamo di risolvere”, dice. I dati delle elezioni provinciali, che hanno visto il ritorno al governo del centrosinistra con Enrico Gasbarra, scorporati quartiere per quartiere, però, sui giornali ci sono finiti eccome. “Nelle periferie, dove abbiamo messo un giardino al posto di un immondezzaio, ci hanno votato. Dove abbiamo rifatto i marciapiedi, le grida di An contro gli immigrati non hanno pagato”. Veltroni è un sindaco benvoluto da tutti, in città, avversari compresi. Alla presentazione del suo libro, pluriacclamato, recensito e lodato, Il disco del mondo, che narra la vita del musicista jazz Luca Flores, c?erano,come si dice a Roma, “davvero tutti”. Quel piccolo e delicato libro, pubblicato da Rizzoli e corredato anche da cd, un merito ce l?ha sul serio: il coccolato, amato e superbuono sindaco di Roma racconta la vita, il talento e la tragedia di un giovane sfortunato, solitario, triste, uno sconosciuto, anche se artista, morto senza gloria. Signor sindaco, Roma è una città bellissima, ma nelle periferie il disagio sociale è alto. I dossier della Caritas sulla povertà nella capitale parlano chiaro? Come in tutte le metropoli moderne, anche a Roma le problematiche sociali si aprono con una straordinaria velocità e varietà. Nella capitale d?Italia ci sono oltre 15mila famiglie in difficoltà, 4mila persone in alloggio precario, oltre 2mila senza fissa dimora, 30mila persone con problemi di tossicodipendenza, migliaia di disabili, anziani bisognosi, malati e immigrati che faticano a trovare una giusta integrazione. “Nessuno resti solo” è il motto che sta ispirando tutte le nostre azioni nel settore delle politiche sociali. Roma è una città all?avanguardia per quanto riguarda i servizi di assistenza: nel 2002 il bilancio del settore è stato aumentato del 45% e quest?anno, nonostante i pesanti tagli imposti dal governo, al sociale non abbiamo tolto un solo euro di finanziamento. A Roma, primi in Italia e in Europa, abbiamo adottato il Piano regolatore sociale, uno strumento utile a disegnare una mappa dello stato di bisogno quartiere per quartiere, che ci mette in condizione di decidere al meglio come e dove indirizzare i nostri interventi. Volontariato, non profit, cooperazione, società civile. Roma come li aiuta? Roma è la capitale del volontariato: nella nostra città vi sono 12.273 organismi non profit e 156mila cittadini romani sono impegnati quotidianamente nel settore. Allo stesso tempo abbiamo fatto crescere un volontariato particolare, quello degli anziani: oggi oltre 2.500 uomini e donne over 65 sono impegnati nell?assistenza dei bambini davanti alle scuole o a controllare i parchi cittadini. L?entusiasmo degli anziani che chiedono di partecipare al progetto ha sorpreso noi stessi; molti di loro non avevano mai fatto volontariato e si sono dedicati a questo impegno con passione e competenza. La sua amministrazione ha dato vita a un?iniziativa importante, il Glocal forum. Vetrina di buone intenzioni o impegni che incideranno sul futuro? No, non è stata affatto una semplice vetrina, ma un?occasione per mettere a punto progetti concreti. Le città sono il luogo dove è possibile verificare concretamente, giorno per giorno, i grandi cambiamenti locali del nostro tempo. I sindaci stanno in ?frontiera?, si misurano con la realtà concreta delle persone. Le parole chiave sono politiche sociali e cooperazione. Politiche sociali inclusive, che contribuiscano a stringere le maglie di una vera e propria rete di solidarietà all?interno delle città, che definiscano un nuovo modello di welfare community. La cooperazione decentrata può e deve invece unire le città del Nord e del Sud del mondo per ridurre il divario esistente tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Unendo le piccole alle grandi scelte. Il Comune di Roma ha avviato un progetto di cooperazione per sostenere lo sviluppo agricolo e il sostentamento alimentare delle periferie di Kigali, capitale del Ruanda e fa incontrare, come è successo alla conferenza, Shimon Peres e Abu Ala. La filosofia è sempre la stessa. Ma quando il sindaco israeliano di Rishon Le? Zion e quello palestinese di Nablus, sempre in Campidoglio, si stringono la mano e si chiamano “fratello” davanti ai sindaci di 40 città del mondo, ero emozionato. Costruire una città di pace, come diceva La Pira, significa proprio questo: farne un luogo dove è possibile coltivare dialogo, confronto, scambio. Parlare con il movimento pacifista come con quello new o no global non è facile. Padre Zanotelli ha polemizzato con lei su Eurochocolate e lei ha polemizzato con Tareq Aziz sul rispetto dell?identità ebraica. Ce ne parla? Credo molto al significato della coerenza e della responsabilità individuale. Fare politica significa ascoltare e saper definire le proprie posizioni e decisioni sulla base del confronto con gli altri. Ma sui principi non si tratta, specie quando ad essere messi in causa sono la libertà e i diritti fondamentali di ogni individuo. Per questo non ho voluto incontrare Tareq Aziz. Per questo, perché ci sembravano giuste, abbiamo accolto le osservazioni di padre Zanotelli a proposito di Eurochocolate: una decisione che non mi sembra abbia precedenti. Pezzotta ha chiesto che la prossima marcia della pace venga dedicata all’Africa. E’ d?accordo? Certo. Ogni gesto che può servire a parlare una volta di più dell?Africa va bene. Mi sono ripromesso anch?io di fare così, di parlarne sempre, di fare ogni cosa che è nelle mie possibilità per non far cadere nell?oblio quello che è il dramma più grande del nostro tempo. Credo dovrebbe essere sancito un obbligo morale dei governi ad aiutare ?chi aiuta?: sostenere l?impegno quotidiano dei missionari e delle associazioni di volontariato che spendono se stessi per chi soffre. Una domanda personale. Lei non ha conosciuto suo padre. Come si vive senza e lei che padre è? Quali valori e speranze cerca di trasmettere? Mio padre è morto quando io avevo un anno. Sembrerà strano, ma questa assenza è diventata sempre più forte man mano che sono diventato adulto ed è ?scoppiata? quando a mia volta sono diventato padre. Oggi vorrei trasmettere alle mie figlie la capacità di avere senso critico e di non dimenticare mai i valori che ritengo fondamentali: il rispetto per ogni essere umano, per la sua dignità, la vicinanza verso chi soffre o ha bisogno.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA