Welfare

Roma: detenuto rumeno suicida a Rebibbia

il garante Angiolo Marroni: «Purtroppo gesti di questo genere si ripetono troppo frequentemente»

di Gabriella Meroni

Un detenuto romeno di 31 anni, Giorgiu D., si è suicidato tagliandosi la carotide con una lametta nella sua cella nel braccio G11 del carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso. Lo rende noto il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni. L?episodio è avvenuto nel pomeriggio di domenica scorsa, ma solo oggi se ne è avuta notizia. A quanto si è appreso l?uomo era stato trasferito a Roma da circa un mese, proveniente dal carcere di Rieti. Era stato condannato in primo grado per tentato omicidio, aveva un fine pena previsto nel 2013 ed era in attesa dell?appello. In questo mese al G 11 di Rebibbia Giorgiu era in cella con altre due persone. Qualche giorno prima di togliersi la vita aveva sostenuto un colloquio con lo psicologo, il medico di reparto e con l?assistenza di una mediatrice culturale perché non sapeva esprimersi bene in italiano. Domenica scorsa, 29 aprile, Ioan ha tentato una prima volta di ferirsi ed è stato portato in medicheria poi, intorno alle 14.00 quando i suoi compagni di cella erano fuori per l?ora d?aria, si è chiuso in bagno e con la lametta si è reciso la carotide. Gli agenti di polizia penitenziaria lo hanno trovato in bagno e hanno tentato di rianimarlo, ma è stato tutto inutile. La morte dell?uomo è stata comunicata al consolato Romeno. A cinque giorni di distanza, tuttavia, il corpo è ancora all?obitorio perché in Italia non si trovano né parenti né familiari. «La morte di questo ragazzo colpisce perché è figlia della solitudine – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – Non possiamo imputare nulla, nell?emergenza, agli agenti e al personale del carcere, ma occorre che non si abbassi la guardia sulle problematiche della salute e sulla salute psichiatrica in particolare. Questo è un altro episodio di come vive la popolazione straniera nelle nostre carceri, quasi sempre abbandonata anche dalle proprie istituzioni diplomatiche. Purtroppo gesti di questo genere si ripetono troppo frequentemente».


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