Cultura

Roma città aperta ma solo per turisti

Nella capitale sono sorti 35 mila nuovi posti in albergo, ma per i 5000 barboni i posti sono 800. A Torino le case per homeless pagano le tasse come hotel, a Milano i poveri sono in aumento

di Redazione

Trentamila posti in più nei bed&breakfast, e cinquemila in albergo. Esattamente quanti sono i senza tetto a Roma. Ma non si tratta di una misura sociale, solo dell?allargamento della ricettività permesso dai fondi del Giubileo per accrescere l?accoglienza della Capitale. Cinquemila letti caldi in più per altrettanti turisti, ma solo 800 posti in dormitori pubblici per i cinquemila barboni di Roma, sette dei quali sono morti per strada dall?inizio dell?anno. Poveri poveri. Come i 59 stranieri annegati il 31 dicembre nel canale di Otranto: una strage che al sottosegretario agli Interni Maritati ?ufficialmente non risultava?, forse perché a insistere che ci fosse stata erano altri poveri, gli albanesi che avevano atteso invano l?arrivo dei loro parenti su quel gommone. Ci sono poveri e poveri. Se sette milioni di italiani vivono sotto la soglia di povertà – quindi con meno di 600 mila lire al mese – quelli che non hanno proprio niente, neppure una casa, secondo le associazioni sono 120 mila: 80 mila hanno avuto almeno un contatto con servizi sociali o volontariato, altri 40 mila sono totalmente invisibili, mai raggiunti da nessuno. La maggior parte di loro vive nelle grandi città, soprattutto a Roma. Cinquecento senza tetto in più sono arrivati quest?anno per il Giubileo, una scelta che per qualcuno di loro ha significato perdere la vita. «Per forza, a Roma i dormitori sono stati chiusi perché deturpavano l?ambiente» accusa l?avvocato Zoani, presidente della Società San Vincenzo. «È stata una scelta dell?ex sindaco Argan, che li aveva definiti ?una vergogna?. Certo non erano il grand hotel, ma si è fatto l?imperdonabile errore di privilegiare l?estetica alla logica, così i dormitori sono stati chiusi prima di prevedere soluzioni alternative. Oggi la situazione è peggiorata e non solo per il Giubileo ma anche per l?immigrazione clandestina e gli effetti perversi della legge 180. La maggior parte dei barboni che incontriamo noi per strada di notte sono malati psichici. Tantissimi sono malati, anche di tbc. Noi distribuiamo pennicillina e antibiotici, ma a volte, purtroppo, non basta». La San Vincenzo ha proposto un disegno di legge innovativo, che prevede per ogni comune di destinare una percentuale dell?Ici per la costruzione di alloggi per i poveri. «L?abbiamo presentato sia al Senato che alla Camera», dice Zoani, «ma non è ancora arrivato in aula».
Ma le condizioni di vita degli homeless non sono drammatiche solo a Roma. A Torino, ad esempio, i morti di freddo sono una triste realtà di ogni inverno, e i dormitori rimangono aperti solo tre mesi l?anno. «Si sotterrano cadaveri come bere un bicchier d?acqua» è la dura osservazione di Lia Varesio, presidente dell?associazione Bartolomeo e C. «Qui a Torino prima di Natale ci sono stati tre morti e i giornali non ne hanno nemmeno parlato. Chi fa qualcosa, cioè il volontariato, è penalizzato in mille modi. Tutti dicono di pensare ai poveri, ci mancherebbe altro, ma intanto nelle case popolari in cui noi ospitiamo 52 persone tirate via dalla strada dobbiamo pagare l?affitto commerciale, come se fossimo la Fiat, e abbiamo la tariffa maggiorata anche per i rifiuti, come se fossimo un albergo. Non accetto che mi si venga a parlare di solidarietà se poi i volontari devono pagare per aiutare i dimenticati da tutti». Eppure, in confronto a Roma la situazione di Torino sembra privilegiata: il capoluogo piemontese ha infatti 800 posti in dormitorio (d?inverno) per i circa 1000 senza tetto della città.
A Milano la sola Opera San Francesco per i poveri coagula attorno a sé 1300 persone al giorno, di cui 700 mangiano nella grande mensa gratuita. «L?impressione è che i poveri siano in aumento, almeno a giudicare dall?aumento di richieste d?aiuto che ci arrivano» dice Daniele Pagani, responsabile dell?area sociale dell?Osf. «La realtà è che i servizi pubblici non riescono a intercettare chi vive per strada perché ciascuno di loro è un coacervo di problemi diversi: c?è chi è alcolista, chi si droga, chi semplicemente è anziano, ma i servizi per alcolisti, tossicodipendenti o anziani non si prendono cura di loro perché non li vedono, non riescono a intercettarli. Ci sono anche gli immigrati: circa la metà dei nostri utenti è straniero, e sfugge sistematicamente le autorità perché spesso è clandestino. Poi c?è anche un discorso di immagine. Occuparsi degli anziani soli procura consenso, andare sotto i ponti dove non ti vede nessuno, un po? meno».

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