Formazione

Roma anti-Bush. I commenti dei leader no global e pacifisti

Soddisfatti gli organizzatori per il comportamento dei partecipanti, che hanno isolato i facinorosi. Parlano Lotti, Troisi, Gubbiotti, Bernocchi e molti altri

di Ettore Colombo

Roma – nostro servizio Per Silvio Berlusconi la manifestzione dei pacifisti “è stata un flop”, per gli organizzatori “un successo inaspettato”. Alla fine del corteo, in porta San Paolo, gli esponenti del comitato Fermiamo la guerra fanno il punto sulla giornata, stanchi ma soddisfatti per quella che definiscono “la grande risposta di Roma alla visita di Bush”. Il palco è piccolo e i comizi lampo, ma dietro si discute molto. Il più cercato è il leader dei Cobas Piero Bernocchi, accusato di aver urlato con i suoi lo slogan “Dieci, cento, mille Nassiriya” al mattino. “Lo slogan non è dei Cobas”, replica lui stizzito e spiega che “questa mattina c’era un corteo di 5 mila persone circa con in testa i Cobas e da qualcuno è venuto questo slogan come sfotto’ crudele contro alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Ma non è uno slogan dei Cobas ed è un messaggio sbagliato”. Il leader dei Cobas ha anche detto che “la nostra posizione è chiarissima: zero Nassiriya, non solo per la morte dei soldati italiani, ma anche per i 2 mila iracheni civili rimasti uccisi solo in quella zona”. Soddisfatti anche Riccardo Troisi della rete Lilliput, che loda il comportamento dei Disobbedienti che hanno isolato i violenti nel corteo, a piazza Venezia come al circo Massimo (“Li ho visti isolarli con i miei occhi, sono stati seri e responsabili”) e Maurizio Gubbiotti di Legambiente (che esprime “grande soddisfazione per la partecipazione alla manifestazione e sottolinea che “è stato dimostrato ancora una volta che il no alla guerra e il si’ alla pace sono maggioranza nel Paese”, nonostante “qualche scaramuccia”), mentre Oreste Benzi della Cgil si assicura che il deflusso degli ultimi manifestanti dalla piazza sia ordinato e Tom Benettollo, presidente dell’Arci, raggiunge il retropalco per esprimere la sua felicità “contro tutti gli uccellacci del malaugurio che hanno sperato che questa manifestazione diventasse un disastro”. “Le provocazioni urlate o praticate di pochi facinorosi che respingiamo con forza – ha dichiarato Flavio Lotti, portavoce della Tavola della Pace, che sottolinea però di aver preso parte al corteo “a titolo del tutto personale” -non possono vanificare una giornata di mobilitazione contro la guerra e contro un’amministrazione, quella di George Bush che l’ha cercata con perseveranza”, e comunque sottolinea che “la cacciata dei violenti dal corteo è un fatto improtante che non può non essere sottolineato”. A fare i conti sui costi della venuta di Bush in Italia è stato l’esponente dei no global e candidato di Rifondazione Agnoletto, chee ha provato, a quantificare i costi per il contribuente italiano. ”Da calcoli che si possono facilmente compiere – ha affermato – l’impiego di almeno 8.000 forze dell’ordine ha comportato agli italiani una spesa aggiuntiva, per due giorni, per almeno 40 milioni di euro. Si tratta del più grande e del più costoso spot elettorale che Berlusconi ed il governo abbiano messo insieme”. Ad aprire il serpentone del corteo, nel pomeriggio, dietro un grande striscione con la scritta ”No war – No Bush”, c’erano lui e Fausto Bertinotti (“Questi incappucciati non rappresentano solo una esigua minoranza del movimento ma ne sono assolutamente estranei: sono stati i giovani disobbedienti a chiedere loro di togliersi i cappucci”, rimarca il segretario del Prc sugli incidenti), ma si sono visti anche Pecoraro Scanio, Occhetto, Diliberto e altri uomini politici. Con loro anche una enorme bandiera con i colori dell’iride, lunga decine di metri. I manifestanti si inginocchiano e firmano quello che diventa il vessillo simbolo della protesta contro Bush. Come sempre accade in queste occasioni il corteo è stato un insieme quanto mai variegato. Con colori, lingue ed espressioni diverse. Ci sono i curdi con le bandiere del Pkk e lo striscione dei partigiani dell’Anpi. Quelli che proprio non c’erano – tranne rete Lilliput e cattolici del dissenso – sono i cattolici moderati (Cisl, le Acli, le ong). Loro, come avevano annunciato, oggi sono rimasti a casa. E la piazza è stata tutta della sinistra. Pacifista, radicale, anti-Bush e, oggi, anche pacifica. Ps. Bisogna dire che, nel retro palco della manifestazione, l’assenza dei due leaderini dei centri sociali Casarini e Caruso non si è sentita. Per una volta, hanno evitato danni, non ne hanno fatti e non si sono nemmeno messi in mostra. Una specie di miracolo no global.


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