Cultura

Roma: afgano si cuce la bocca per protesta. Chiede status rifugiato

E' rimasto da sabato con la bocca cucita, senza mangiare, per protestare contro il mancato riconoscimento del suo status di rifugiato politico.

di Redazione

E’ rimasto da sabato con la bocca cucita, senza mangiare, per protestare contro il mancato riconoscimento del suo status di rifugiato politico. Oggi, dopo cinque ore di protesta nell’ufficio dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati a Roma in via Caroncini ai Parioli, il giovane afgano ha deciso di accettare un documento che gli concede la protezione per diritti umanitari in attesa che il suo caso venga esaminato in modo piu’ approfondito. Lo ritirera’ domani in Questura. Javet, apparentemente soddisfatto, nel tardo pomeriggio ha lasciato gli uffici dell’Onu, dicendo che sarebbe andato in ospedale per farsi medicare la bocca e controllare dopo tanti giorni di digiuno. La protesta era dovuta al fatto che Javet, per le sue peripezie in Afganistan, era convinto di ottenere lo status di rifugiato mentre gli era stata offerta la formula intermedia che comunque consente il soggiorno in Italia e prevede anche la possibilita’ di avere l’assistenza sanitaria e di lavorare. La portavoce del Commissariato ha spiegato che Javet non aveva compreso l’importanza della protezione e che protestava anche perche’ l’interprete che aveva spiegato ai funzionari le sue vicende era iraniano e pertanto non era stato in grado di fare una traduzione comprensibile. Javet e’ convinto di poter ottenere lo stato di rifugiato perche’ ha riferito di essere rimasto orfano a 6 anni a causa dei bombardamenti russi sulla sua citta’ natale Mazar-i-Sharif che hanno ucciso i genitori e i tre fratelli. Cresciuto in casa dello zio, a 21 anni poiche’ ha rifiutato di combattere contro gli afghani come pretendevano i Talebani e’ stato rinchiuso in prigione a Kandahar dove i suoi documenti sono stati distrutti. Javet ha detto ancora che dopo due anni ha tentato di fuggire ed e’ stato per questo picchiato subendo la frattura di un braccio e una gamba. Riuscito a raggiungere in seguito il Pakistan, il giovane e’ arrivato in Italia, attraverso la Turchia, a fine novembre 2001 presentando richiesta di asilo politico. Accolto in un primo momento nel centro d’ accoglienza Astalli di Roma, Javet in attesa che il suo caso venisse esaminato, ha vissuto per la strada e dormendo nelle stazioni della metro. La portavoce dell’Alto commissariato ha sottolineato che vicende come quella di Javet sono possibili per la mancanza di una legge organica sull’asilo che dia maggiore attenzione al fenomeno dei rifugiati, il cui numero in l’Italia e’ inferiore rispetto agli altri paesi europei.


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