Cultura
Rom, se li conosci li integri. I numeri di un progetto che ha funzionato
L'8 aprile si celebra la Giornata per l'integrazione di Rom e Sinti. A Milano la Casa della Carità è riuscita a strappare dai campi 84 famiglie, di cui ora l'80% vive in appartamento, mentre 25 ragazzi hanno raggiunto il traguardo del diploma
84 nuclei familiari accolti, a seguito di sgomberi di campi o in situazione di emergenza, di cui l’8% è ospite del “Villaggio solidale” e il 6% è sistemato in altre strutture di accoglienza, ma la stragrande maggioranza, il 79% risiede in appartamento a seguito del buon esito del progetto di integrazione. Sono questi i numeri – positivi – del progetto di integrazione dei Rom portato avanti a Milano da Casa della carità e Centro Ambrosiano di Solidarietà e diffusi in occasione della Giornata Internazionale dei Rom e Sinti che si celebra domani 8 aprile. «Superare i campi rom e costruire percorsi di autonomia abitativa e inclusione sociale è possibile. Lo dimostra il lavoro che da anni portiamo avanti», spiega don Virginio Colmegna presidente della Casa della carità e consigliere di direzione del CeAS. «Ma affinché questi percorsi siano reali e positivi come l’esperienza del superamento di via Triboniano», aggiunge, «anche le istituzioni devono fare la loro parte».
Il riferimento è alla chiusura del campo rom regolare di via Idro, avvenuta nel febbraio 2016: alle famiglie evacuate il Comune promise che lo sgombero del campo sarebbe stato equiparato allo sfratto in termini di punteggio per ottenere una casa popolare, ma la promessa non è stata mantenuta. «È un fatto grave, che genera sfiducia nella possibilità per le famiglie sgomberate di accedere a quella soluzione abitativa stabile e definitiva che era stata loro prospettata», dice ancora don Colmegna. Cinque delle famiglie di via Idro sono tuttora ospiti del progetto “Villaggio solidale” al Parco Lambro, dove Casa della carità e CeAS operano dal 2005. Quanto alle famiglie che oggi hanno una casa, informa una nota, si tratta di nuclei che abitano per lo più in affitto (52%), anche se qualcuna ha acquistato casa (8%). Altre ancora sono andate a vivere in appartamenti nel loro paese d’origine, la Romania (11%), o in altri stati europei (3%). Solo 6 famiglie sono ritornate a vivere in un campo.
Un altro dei capisaldi del lavoro sociale che viene portato avanti dal progetto del “Villaggio solidale”, oltre alla casa, è l’istruzione dei minori. «Sono 170 quelli complessivamente presi in carico dal progetto, nella maggior parte dei casi molto piccoli», dettaglia Donatella De Vito, responsabile del progetto per i due enti. «L’86% di loro ha intrapreso un percorso di scolarizzazione; in termini assoluti, 25 hanno conseguito il diploma di scuola superiore e 41 hanno la licenza media. Altri 80 sono stati inseriti alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria». La terza colonna portante del lavoro di integrazione del progetto Villaggio solidale è l’emancipazione della figura femminile: in questo senso, i risultati più significativi sono stati i 40 contratti di lavoro raggiunti e i 133 progetti di formazione e inserimento lavorativo realizzati. Un ultimo confortante dato riguarda le 19 donne uscite dall’analfabetismo. «Ed è proprio pensando a belle storie come le loro», conclude l’operatrice, «che vivremo la giornata dell’8 aprile al Villaggio Solidale».
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