Politica

Rom: il censimento secondo Sant’Egidio

Le critiche e le proposte della storica associazione

di Redazione

Secondo la Comunità di Sant’Egidio attualmente il numero complessivo di Rom e Sinti in Italia potrebbe stimarsi in circa 130.000 / 150.000 unità, di cui circa la metà cittadini italiani di antico insediamento. Se così fosse, quindi, la presenza dei Rom e Sinti in Italia – nonostante periodici allarmismi – sarebbe una presenza esigua e molto diversificata: costituirebbero circa lo 0,25% della popolazione italiana. A differenza di ciò che comunemente si pensa – che i Rom siano un popolo nomade, termine con cui sono spesso indicati dalle istituzioni pubbliche e dai mass media – i Rom e i Sinti in Italia sono (tranne piccoli gruppi) un gruppo quasi totalmente sedentarizzato.

 

La Comunità di Sant’Egidio mette in luce cinque punti critici rispetto ai provvedimenti legati allo stato di emergenza:

a)    quello che si vuole effettuare non e’ un censimento della popolazione rom e sinta in italia: perche’ riguarda solo 3 regioni, e perche’ riguarda solo chi vive nei campi;
b)    la prescrizione di rilievi segnaletici obbligatori connessi all’ “identificazione ed il censimento delle persone, anche minori d’età” è chiaramente discriminatoria. secondo l’art. 2 n.2 della direttiva 2000 / 43 del 29 giugno 2000, recepita dal d. lgs. 9 luglio 2003 n.215, “sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza o origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga”. i soggetti destinatari dell’ordinanza ministeriale sono individuati su base etnica: i rom e i sinti, adulti o minori, presenti nei “campi nomadi”, diversi per cittadinanza (italiani, comunitari e non) unificati solo dall’appartenenza ad un gruppo a connotazione etnica;
c)    per giustificare la scelta di rilevamento delle impronte ai minori si e’ citato il regolamento (ce) n. 380/2008 del consiglio dell’unione europea del 18 aprile 2008. ma il regolamento riguarda soltanto i cittadini di “paesi terzi”, i cosiddetti “extracomunitari” ed è finalizzato esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno. Non riguarderebbe ne’ italiani, ne’ europei (romeni) e non si dovrebbe evocare al fine di espellere;
d)    il rilevamento delle impronte ai minori risulta inutile al fine della definizione del rapporto di parentela.
e)    ai minori che commettono reati  gia’ si prendono le impronte

Il censimento potrebbe anche servire, ma le modalità per farlo devono essere altre:

1)    per gli adulti in possesso di documenti (tutti gli italiani, tutti i comunitari, una parte degli ex jugoslavi), sarà sufficiente chiedere di esibire i propri documenti di identità personale

2)    per i minori: il genitore che esercita la potestà, dichiara l’identità del minore anche avvalendosi degli atti formatisi in italia (in particolare quelli di nascita che costituiscono la grande maggioranza dei casi dei minori rom e sinti). Qualsiasi genitore infatti non è tenuto a richiedere documento d’identità del proprio figlio, se non a fini particolari (ad esempio l’espatrio), mentre rientra nella sua responsabilità il fatto di attestarne, e con i mezzi idonei provarne, l’identità.

3)    nei casi estremi di difficoltà ad accertare l’identità di taluni minori, si potrebbe ricorrere alla segnalazione al tribunale dei minori, e previa autorizzazione del giudice minorile, ai rilievi segnaletici. Solo la presa in carico del minore da parte del tribunale e dei servizi puo’ considerarsi una tutela

4)    una parte di ex jugoslavi sono privi di documenti di identita’. Presenti in italia da varie decine di anni, per vari motivi non sono in possesso di un permesso di soggiorno. il principale motivo è la mancanza di un passaporto (principale motivo che ne impedisce anche l’espulsione) dovuta al fatto che le nuove entità statuali nate dalla dissoluzione della jugoslavia non li riconosce come propri cittadini. Sulla carta essi possono “essere destinatari di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione” (e peraltro già lo sono, avendo diversi di loro già ricevuto provvedimenti di espulsione; avendo già alcuni di loro vinto i ricorsi alle espulsioni – senza ricevere però un permesso di soggiorno; avendo già, una parte di loro, passato 60 giorni nei cpt per poi essere rimessi in “libertà”). Coloro che si trovano in questo “limbo” hanno il timore che partecipare al “censimento” possa voler dire un nuovo provvedimento di espulsione e magari un trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione . In questo caso qualcuno potrebbe provare a sottrarsi al “censimento”. Molti invece sperano che questa possa essere una strada per “emergere” e regolarizzare la propria presenza e quindi parteciperebbero “volentieri”. Quale la realtà tra le due? Tenendo conto che sono tutti lungoresidenti, e non sono espellibili, si potrebbe prevedere il rilascio di permessi di soggiorno “umanitari” o una speciale commissione per l’accertamento dello status di apolide.

6)    Dove e come saranno conservati i dati “prelevati” durante i rilievi segnaletici? i “cartellini segnaletici” provenienti dai campi come saranno “stoccati”, con i pregiudicati, con gli immigrati?


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