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Rohingya: nasce il primo bimbo nella MOAS aid Station di Shamlapur

L’Aid Station è stata inaugurata lo scorso 14 Ottobre per offrire assistenza ai ai Rohingya in fuga dal Myanmar e alle locali comunità bengalesi che li ospitano. La popolazione nei campi che ospitano i Rohingya è composta in gran parte da bambini che possono costituire fino al 60% degli abitanti oltre a moltissime le donne. Fra queste una notevole percentuale è incinta, ha appena partorito o è in fase di allattamento

di Regina Catrambone

Fra poco più di un mese sarà Natale e celebreremo il miracolo della nascita di Gesù giunto sulla terra per diffondere un messaggio di pace e fratellanza universale. In quell’occasione ricorderemo anche le circostanze tragiche che hanno costretto alla fuga i suoi genitori e Maria costretta a partorire in una piccola stalla dimenticata. Eppure, giornalmente non prestiamo la stessa attenzione al miracolo della vita e della nascita, né comprendiamo realmente il viaggio disperato di chi è costretto alla fuga.

Da quando MOAS ha avviato la propria missione in Sud-Est Asiatico per portare aiuti umanitari e assistenza medica ai Rohingya in fuga dal Myanmar e alle locali comunità bengalesi che li ospitano, abbiamo toccato con mano l’emergenza umanitaria in corso e compreso ancora meglio l’importanza vitale del nostro lavoro. La popolazione nei campi che ospitano i Rohingya è composta in gran parte da bambini che possono costituire fino al 60% degli abitanti oltre a moltissime le donne. Fra queste una notevole percentuale è incinta, ha appena partorito o è in fase di allattamento benché spesso non abbiano mai potuto consultare un dottore e debbano affrontare un momento così delicato in condizioni estremamente tragiche. Sono molte le donne che giungono allo stremo delle forze per la fatica fisica, la mancanza di cibo, le violenze subite e l’enorme stress cui la fuga le sottopone. Giornalmente vedo coi miei occhi queste donne e sento col cuore la loro forza di volontà, la loro grinta e il coraggio che le spinge ad affrontare ogni pericolo pur di riuscire a dare ai propri figli un luogo sicuro in cui crescere.

Da madre penso alla mia gravidanza, vissuta nel calore della famiglia e con la sicurezza dell’assistenza medica, e poi guardo quelle donne, molte giovanissime e poco più che ragazzine, spesso vittime di abusi, con la violenza e la paura negli occhi ma la speranza ben radicata nel cuore. Guardo i loro bambini e credo fermamente che meritino un futuro di pace e amore esattamente come ogni altro bambino sulla terra.

Proprio per questo sono felice che MOAS in quanto organizzazione umanitaria nata per alleviare la sofferenza umana abbia deciso di portare assistenza medica e aiuti umanitari in un’area così remota e spesso dimenticata del pianeta. I Rohingya e le comunità bengalesi stanno affrontando una crisi molto profonda che mette alla prova tutta la comunità internazionale. Il Bangladesh, un paese a medio-basso reddito da cui in molti vanno via per cercare migliori opportunità di lavoro, ha aperto il proprio cuore e le proprie braccia per accogliere le persone in fuga dal Myanmar. Il Bangladesh, spesso vittima di catastrofi naturali che aggravano le condizioni al suo interno, ha messo a disposizione ciò che ha per aiutare i più bisognosi. Per questo, il 10 Novembre abbiamo inaugurato la seconda Aid Station a Unchiprang e mentre qui si visitavano i suoi primi pazienti, il 12 Novembre, a Shamlapur nasceva il primo bimbo assistito dal nostro team medico.

Shamlapur è stata la prima Aid Station inaugurata lo scorso 14 Ottobre e per tutti noi questa nascita è stata non solo un incredibile momento di gioia, ma anche il banco di prova per testare la profonda preparazione che era stata fatta nei mesi precedenti affinché tutti i membri del team MOAS fossero in grado di rispondere al meglio ad ogni evenienza. I genitori del neonato, Shafiul e Nurunnahar, di 30 e 22 anni erano sollevati dalla presenza del nostro personale medico e il padre ci ha ringraziati per esserci presi cura della moglie e del bambino che erano in ottime condizioni di salute già subito dopo il parto.

Benché non fossi presente fisicamente a questa nascita, ho sentito tutto il calore del team MOAS e la gioia nell’accogliere questa nuova vita cui auguriamo un futuro radioso di pace. Questa nascita in una comunità troppo spesso martoriata dalle persecuzioni e in un contesto così disagiato mi è sembrata un ottimo auspicio per la missione MOAS in Sud-Est Asiatico, oltre ad una amorevole benedizione per il nostro incessante lavoro sul campo. Questo bimbo arrivato in una domenica di sole mi è sembrato una bellissima anticipazione del Natale imminente e un’occasione da non perdere per celebrare il valore della vita che abbatte ogni barriera.

L'autrice è Co-Fondatrice e Direttrice MOAS

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