Welfare
Rogoredo: servono operatori capaci di stare fuori dalle comunità e dagli ambulatori
Stamattina Simone Feder della Casa del Giovane di Pavia era ne bosco della droga di Milano. Ecco il suo racconto: «Qui paradossalmente sta nascendo un modello nuovo»
di Simone Feder
All’ interno di questo “Non posto” ci sono giovani che non hanno conosciuto gli anni 80 e che non hanno memoria storica della devastazione che ha portato l’eroina in quegli anni. Sono giovani che si sono affacciati a questo mondo e cominciano ad assaggiare l’eroina nel boschetto, rischiando di innamorarsene velocemente. Ragazzini che necessitano di essere tempestivamente agganciati, fare presto prima che quello stile di vita, quel disagio si strutturi. Negli anni 80 non avevamo tutti i servizi che abbiamo oggi, eppure oggi il disagio ci sta travolgendo e non riusciamo a far fronte alle esigenze che ci mette davanti.
Quando mi avvicino ai giovani cerco di farlo con l’affetto e le attenzioni di un padre. Credo fortemente in loro e nel potenziale di ognuno, cerco di capire le loro risorse e far leva su di esse, senza caricarli di aspettative che rischiano di allontanarli e farli sentire incompresi. Operativamente chiedo un contatto telefonico, li aggancio e non li lascio soli. Gli ingredienti della relazione sono gentilezza, rispetto e soprattutto cuore. Gli irrecuperabili non esistono sono frutto della nostra comoda mentalità! Dobbiamo dare risposte diverse, formare operatori che trasmettano sicurezza ma anche gioia e serenità. L'emergenza Rogoredo ci ricorda che dobbiamo prima di tutto essere operatori di strada. Non sono le etichette, i confini e gli spazi che determinano il servizio che svolgi, non è l'ente a cui appartieni che ti caratterizza ma il bisogno che incontri che determina il tuo operare, .
La nostra attenzione deve andare alle periferie più scomode, fuori dai nostri ambulatori e comunità! La cultura accademica non basta, delicatezza e sensibilità non sono discipline che si apprendono sui banchi universitari, ma sono componenti essenziali di questo servizio.
Qui, da Rogoredo,con fatica ma con tanta buona volontà, è nato un modello nuovo di intervento che ci ha messo assieme tutti. Rogoredo ci ha insegnato che deve essere una comunità intera che si prende cura del proprio territorio, non dimentichiamo che le prime 'vittime' di questa drammatica situazione sono coloro che abitano questo territorio.
Dobbiamo coinvolgere e farci aiutare da tutto il mondo del volontariato, dell’associazionismo, senza cadere in pericolose improvvisazioni, ma attraverso una progettualità comune, con il cuore e l'attenzione che l'accoglienza dei più fragili necessita.
La mission Rogoredo che stiamo portando avanti da più di un mese ha permesso di avvicinare il disagio, accoglierlo, ascoltarlo e con i giusti tempi condurlo alla cura. Ma non è facile poi prendersene carico se non si hanno le risorse necessarie, costruite sui veri bisogni e non su richieste burocratiche. C'è necessità di comunità e servizi appropriati, ma per tenerli in piedi dobbiamo essere anche sostenuti economicamente. Per questo chiedo al presidente Fontana di avere un’attenzione particolare, assumendosene un impegno, verso i giovanissimi perchè o interveniamo subito o li abbiamo persi.
Abbiamo in Casa del Giovane una struttura comunitaria piena di ragazzini che non viene riconosciuta come tale, inserita in un sistema che vuole ricondurre le singole realtà sotto etichette ormai desuete e anacronistiche. Siamo la Regione cenerentola d’Italia, abbiamo le rette per inserimenti in comunità più basse e le richieste strutturali e gestionali più alte della nazione. Si sta sempre più sanitarizzando la risposta al problema mentre l’esperienza e il lavoro sul campo, ci confermano sempre più la necessità di rivalutare l’aspetto educativo.
Uscire ed andare là dove il disagio abita, incontrarlo sulla strada dell’indifferenza, stringere quelle mani e abbracciare quel disagio per condurlo a riappropriarsi della vita è questo l'unica mission a cui come operatori dobbiamo rispondere!
Non possiamo essere indifferenti davanti ad un padre quando ti chiede aiuto per suo figlio prigioniero dentro il fortino della droga. E se questa richiesta arriva nel giorno di Natale? Oggi questa è la realtà: il disagio non ti invita alla comodità, non ti chiede permesso, non prende appuntamento… non arriva quando sei disponibile…
Questa famiglie disperate non possono essere abbandonate in un labirinto di burocrazia e attese senza fine, rimandare anche solo di una giornata l’aggancio può voler dire perdere. In questa partita oggi in gioco c’è la vita dei nostri giovani, dei nostri figli, e non possiamo, e non dobbiamo, permetterci di rischiare!
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