I giovani non smettono mai di stupirmi e di lasciare il segno.
Giovani che non riescono ad accettare la fredda indifferenza di molti e, nei loro incontri con chi soffre, sentono il bisogno di esserci. Il comportamento di Marco ieri alla stazione di Rogoredo mi ha fatto riflettere… avvicinatosi ad un ragazzo buttato per terra in un angolo, ignorato da tutti, si è seduto accanto a lui e gli ha offerto ciò che aveva nello zainetto: un panino. Che brividi…
Marco fermandosi ha culturalmente lanciato al mondo un messaggio. Marco si è dato tutto e ci interroga sul nostro vivere. Marco mi ha dato speranza per un mondo migliore, più giusto…
A Rogoredo, non sono state le istituzioni e i progetti a muoverci, ma i gesti e la sensibilità dei giovani che davanti al disagio e il malessere non hanno accettato di far finta di niente.
In quel "non luogo" ci sono giovani cresciuti senza le attenzioni, le relazioni e le cure fondamentali che avrebbero dovuto avere e che noi abbiamo avuto. Svezzati fin da piccoli con latte, cannabis e indifferenza. Ragazzi a cui l’opinione pubblica non concede neppure uno sguardo, una possibilità. Giudicati da tutti come poco di buono, pigri, vagabondi, sbandati, sfaccendati che potrebbero trovarsi un lavoro e rimettersi in sesto se davvero lo volessero.
Ciò che uccide non è solo questa fredda e assurda indifferenza, ma anche e soprattutto questo modo di pensare bacato.
Il tempo si è fermato, la mente si è fermata e il cuore non batte più.
A Rogoredo sono stati i giovani a smuoverci.
Sono stati loro che, incrociando il disagio e la sofferenza, non sono rimasti a guardare.
Loro hanno iniziato a mettersi in gioco, a non passare oltre, a fermarsi e a pensare cosa fare.
Loro ci hanno fatto capire che la prima risposta che potevamo dare è non lasciare solo chi vive un disagio.
#fuoridalbosco
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