Immigrazione

Roccella Jonica: almeno 26 minori dispersi, due i sopravvissuti

Il barcone era partito da Bodrum, in Turchia, il 9 giugno. Trasportava circa 80 persone. Sono solo 11 i sopravvissuti. «Sull’imbarcazione c’erano anche intere famiglie afghane: nessuna di loro è arrivata in Calabria», dice Giovanna Di Benedetto di Save the Children

di Anna Spena

Il veliero era partito il nove giugno dal porto di Bodrum, in Turchia. I migranti  volevano raggiungere l’Europa per costruire una vita nuova. Ma solo in 12 sono sopravvissuti: secondo la ricostruzione, dopo un guasto al motore, il barcone ha iniziato ad imbarcare acqua e lo scafo si è ribaltato a 110 miglia nautiche dalle coste italiane.

I superstiti sono stati soccorsi dalla Guardia Costiera nello Jonio e portati, lunedì mattina, al porto di Roccella Jonica. Ma una donna afghana è morta dopo lo sbarco. Così i sopravvissuti sono diventati 11. Stando alle ricostruzioni, sul veliero viaggiavano circa 80 persone. Le ricerche dei 68 dispersi sono iniziate, ma senza la speranza di ritrovarli vivi. Questo è la tragedia più grande che si è registrata dopo il naufragio di Cutro. «Sono oltre 920 i morti e i dispersi in tutto il Mediterraneo solo nel 2024, pari a più di 5 persone al giorno, oltre 29.800 dal 2014», dice Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the Children. L’organizzazione è presente sul territorio con operatrici e operatori alla frontiera per garantire immediata assistenza e supporto ai minori stranieri soli e alle famiglie nelle principali aree di sbarco, arrivo e transito del nostro Paese. «Il personale è intervenuto subito per rispondere ai primissimi bisogni», continua Di Benedetto. I sopravvissuti sono stati ricoverati negli ospedali di Locri e Polistena per le ustioni causate dall’incendio. «Sono arrivati in condizioni critiche», racconta Di Benedetto. «Sull’imbarcazione c’erano anche intere famiglie afghane: nessuna di loro è arrivata in Calabria. Tra i sopravvissuti ci sono curdo – iracheni e curdo – iraniani. Questa tragedia immensa è solo l’ultima in ordine di tempo che si consuma lungo le Rotte del Mediterraneo».

Tra i dispersi ci sarebbero almeno 26 bambini, anche di pochi mesi, ma tra i sopravvissuti – fanno sapere in una nota congiunta l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, l’Oim, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, ci sono solo due minori.

Dall’inizio di quest’anno sono sbarcate sulle coste italiane 23.978 persone, tra loro 3.197 minori stranieri non accompagnati. Nel 2023 – nello stesso lasso di tempo, gli sbarchi erano stati 56.655. Insieme al naufragio nel Mediterraneo Orientale, si è verificata l’ennesima tragedia anche lungo la Rotta del Mediterraneo Centrale: le vittime accertate sono 10, e avrebbero perso la vita per soffocamento sul ponte inferiore dell’imbarcazione su cui viaggiavano. 51 sopravvissuti sono stati portati in salvo a Lampedusa dalla nave Nadir dell’ong Resqship, che ha soccorso la barca di legno partita dalla Libia. I loro Paesi di origine sono Siria, Egitto, Pakistan, Bangladesh.

«Queste persone, questi bambini», dice Di benedetto, «scappano da conflitti, dalla povertà estrema, dalle conseguenze devastanti del cambiamento climatico. Non hanno nessuna alternativa se non quella di mettersi in viaggio. Le continue politiche di deterrenza rischiano di renderli ancora più vulnerabili di quello che già sono. E li rendono vulnerabili anche a tratta e sfruttamento. Come Save the Children continuiamo a chiedere alle istituzioni italiane ed europee a un’assunzione di responsabilità affinché mettano al primo posto la vita delle persone in ogni decisione sulle politiche migratorie. Durante il G7, che si è appena concluso, i leader hanno assunto l’impegno di contrastare i trafficanti di essere umani: questo impegno non può prescindere dall’attivazione di un sistema di soccorso in mare. E insieme a questo abbiamo bisogno dell’apertura di vie regolari di accesso, tra cui corridoi umanitari e di evacuazione per le persone in fuga, ricongiungimenti familiari più rapidi e visti per studio».

Credit foto AP/Valeria Ferraro

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