Politica
Roberto Maroni, politico popolare non populista
Roberto Maroni era uno di quei barbari che irruppero negli anni Novanta nella vita politica ma di cui si sentiva il bisogno, popolari non populisti, ironici rispetto ai riti delle burocrazie romane, quando non incazzati, allergici ai prefetti e alle prefetture gangli dello statalismo, altro che ministri dell’Interno! La sua continua attenzione alle realtà del Terzo settore e l'istituzione dell'Agenzia per le Onlus. Il nostro ricordo
È morto a 67 anni Roberto Maroni, dopo aver combattuto negli ultimi anni una grave malattia. Ex segretario della Lega, governatore lombardo e ministro dell’Interno e del Welfare. Lo hanno riferito amici ed esponenti del partito. L'uomo era malato da tempo ed è deceduto alle 4 del mattino nella sua casa di Lozza, in provincia di Varese. Segretario federale del Carroccio dal 2012 al 2013, dopo gli scandali dell’ultima gestione bossiana, è stato ministro dell'Interno nei governi Berlusconi I (per soli 8 mesi 1994-1995) e Berlusconi IV (dal 2008 al 2012) ministro del lavoro e delle Politiche sociali nei governi Berlusconi II e Berlusconi III, dal 2001 al 2006. È stato poi presidente della Regione Lombardia dal 2013 al 2018, succedendo a Formigoni.
Uno degli ultimi ricordi che ho di Roberto Maroni è quello di un incontro all’ultimo piano del Palazzo della Regione Lombardia, quando con Simone Feder e Marco Dotti, nell’ aprile 2013 fummo ricevuti come rappresentanti del Movimento No Slot. Avevamo solo una richiesta: prendere in mano la materia dell’azzardo e redigere una legge in Lombardia che tutelasse i cittadini da questa piaga sociale. La sua risposta fu rapida e attenta, il 16 maggio il Movimento No slot entrava in audizione per portare la sua voce ed il 15 ottobre eravamo insieme in consiglio regionale per festeggiare l’approvazione della legge regionale lombarda No slot. Una legge fortemente voluta da tutti!
Ma a colpirmi non furono solo la sua apertura, la sua capacità di ascolto, che del resto già conoscevo, delle realtà associative e la sua prontezza politica nel dare una riposta, ma la sua ironia, oserei dire, la sua bonomia se tale termine non risultasse troppo mieloso e da “buone notizie”. Mi colpì la sua ironia sullo sfarzo esagerato di quel piano “guarda Formigoni cosa ha fatto, aveva perso il senso della misura”, disse sorridendo. Poi seduti nella stanza con vista dai 150 metri su Milano, si avvicinò per farmi ascoltare una delle ultime performance della band a cui partecipava da molti anni e di cui andava orgoglioso (la sua era una vera passione musicale). Un segno che di non sola politica viveva.
Insomma, Roberto Maroni era uno di quei barbari che irruppero negli anni Novanta nella vita politica ma di cui si sentiva il bisogno, popolari non populisti, ironici rispetto ai riti delle burocrazie romane, quando non incazzati, allergici ai prefetti e alle prefetture gangli dello statalismo, altro che ministri dell’Interno!
In un’intervista del 7 novembre 2013 in occasione del varo della Legge regionale n. 8/13 per la prevenzione e contrasto dell'azzardo patologico rispose così a una mia domanda “Questa legge nasce dall’attenzione ai dati di fatto, dalla constatazione che la Lombardia è la Regione italiana che ha la spesa maggiore per il gioco e che, in particolare, in alcune zone come la provincia di Pavia si registra la spesa maggiore pro-capite in Italia, 2125 euro l’anno, il doppio della media nazionale, quasi l’8% del Pil della provincia è consumato nel gioco e questo, al di là dell’aspetto patologico, rovina le famiglie, le comunità, i territori, impoverendoli. Questo è un dato inaccettabile. Secondo il principio che cerco di seguire nella mia azione di governo e cioè che non tutto quello che succede in Lombardia dipende da me o è nei miei poteri d’intervento, ma tutto quello che succede in Lombardia m’interessa, mi deve interessare, e se vedo un fenomeno negativo io ho il dovere di intervenire per contrastarlo”.
Una risposta che restituisce la cifra della sua attività politica, la capacità di ascolto e il realismo, che bella quella considerazione “non tutto quello che succede in Lombardia dipende da me o è nei miei poteri d’intervento, ma tutto quello che succede in Lombardia m’interessa”.
Questa modalità di approccio la avevamo riscontrata anche quando Maroni guidò il ministero del Welfare, lì capì quanto importante era la presenza e il contributo del Terzo settore e fu per questo che accolse la spinta ad istituire l’Agenzia per le Onlus insediata a Milano nel marzo 2002, Agenzia che Maroni voleva poi trasformare in vera e propria Authority e che invece, stupidamente, la ministra Fornero decise di liquidare. Un'attenzione la sua che lo portò anche nella nostra sede a confrontarsi con le realtà associative del nostro Comitato editoriale, un dialogo che poi durò negli anni.
L’attenzione al Terzo settore lo portò nell’aprile 2012 a proporre che la tranche di rimborsi elettorali di circa 100 milioni che i partiti dovevano ricevere fossero devoluti al non profit ma nessuno dei partiti accettò l’idea che invece Maroni cercò di portare a terra relativamente ai 17 milioni spettanti alla Lega.
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