Politica

Roberto Fico: “Basta con la pubblicità del gioco d’azzardo!”

La missione di un servizio pubblico è fare cultura, creare valore, produrre benessere. Il contrario di quanto accade con la diseconomia dell'azzardo. Intervenendo sulle polemiche di questi giorni, ecco una chiara presa di posizione del presidente della Commissione di Vigilanza della Rai, Roberto Fico (M5S).

di Marco Dotti

Il clima è rovente, non solo nelle case degli italiani. Anche al Senato, dove questa mattina è approdato il disegno di legge di riforma della Rai e si è iniziato a votare sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate dalla opposizioni. La Rai, ricordiamolo, opera da tempo senza un contratto di servizio, che è l'accordo stipulato con il Ministero dello Sviluppo economico a garanzia dello svoglimento del "pubblico servizio" sacduto nel dicembre 2012 (!). A tutt'oggi, la Rai opera senza questo contratto, in deroga a cosa non si sa, ma funziona così nel Paese dove – come diceva Prezzolini – "nulla è stabile, fuorché il provvisorio".

Eppure, il nuovo contratto di servizio è pronto da mesi e prevede al proprio interno alcune norme molto restrittive sulla pubblicità dell'azzardo, altro tema molto caldo – in Senato e non solo – di questi giorni.
Abbiamo incontrato Roberto Fico, deputato del M5S e Presidente della Commissione di Vigilanza della Rai, che ci spiega alcuni dettagli della questione.

Onorevole Fico, Rai e azzardo. Sembra un binomio incompatibile, eppure…
Eppure non si vuole firmare questo contratto di servizio… Un contratto innovativo, su questo tema, perché abbiamo fortemente voluto e inserito una norma che vietasse, nelle trasmissioni della televisione pubblica, qualsiasi pubblicità dell'azzardo. Purtroppo, la norma non è operativa perché il contratto di servizione della Rai non è ancora stato firmato. Stiamo però facendo di tutto affinché questa normativa venga comunque applicata.

La televizione pubblica deve concorrere alla crescita culturale degli italiani, non certo alla loro rovina. Il Paese si trova in una situazione critica, forse persino drammatica sul versante dei danni sociali prodotti dall'azzardo. La televisione pubblica non può contribuire ad alimentare questi danni che sfociano anche in malattie come il gioco d'azzardo patologico o azzardopatia.

Anche al netto della patologia, si tratta di un business enorme: 84,4 miliardi di fatturato annuo lordo – 1/3 del debito greco! – a tanto ammonta il denaro movimentato dal sistema dell'azzardo legale. Forse il problema risiede anche nel fatto che la pubblicità è un elemento costitutivo di questo business, si radica nell'immaginario, lo fa apparire "normale". Solo che oggi, più che la patologia, è proprio questa "normalità" a esplodere…
È fuor di dubbio che qui non sia una questione unicamente di "vizio" o di "patologia". O meglio; è anche una questione di patologia, ma è soprattutto una questione culturale. La Rai ha una funzione e gli italiani pagano un canone per questo, lo pagano per avere un servizio. La Rai dovrebbe essere anche veicolo di educazione. Ovviamente, non intendo dire che questa educazione debba essere un'induzione o una macchina stile Minculpop. Intendo dire una cosa molto semplice:

il servizio pubblico deve aiutare i cittadini a capire e li deve tutelare da ciò che li rende schiavi e li induce a distruggersi. Quando parliamo di azzardo parliamo di questo ed è la ragione per cui abbiamo insistito molto per far togliere la pubblicità dell'azzardo dai canali della Rai. E non ci fermeremo.

Eppure, il contratto di servizio giace da mesi senza essere firmato e non si riesce a fermare la pubblicità di lotterie e scommesse…
È una situazione assurda, lo comprendo. Ancora più assurda quando si trovano persone che dicono: "ma da questa pubblicità ricaviamo molti introiti…" Questo è un discorso inaccettabile per una attività pubblica che deve favorire benessere e cultura e non il loro contrario. Da un lato, abbiamo un problema culturale. Dall'altro, un problema materiale. I poteri che si muovono, attorno a questo business, sono grandi. Non tanto all'interno del contratto di servizio, ma a margine, soprattutto in Parlamento. Abbiamo visto che si sono mossi al Senato, dove sono state informate prima le "case del gioco", chiamiamole così, e solo dopo i senatori. Prima vengono informate le multinazionali e poi i senatori che dovrebbero elaborare o votare il testo di legge. E questo va contro ogni logica.
A che cosa si riferisce nello specifico?
Mi riferisco alla bozza di Legge Delega e mi riferisco a quello che accadde con Letta, alla Camera, quando scontarono l'evasione fiscale ad alcune società di slot machine…Era il 2013, con il famoso o famigerato decreto sull'Imu vennero condonati 2miliardi di euro di multe per evasione fiscale… Se si muovono certe agenzie del gioco d'azzardo, tutto è possibile e non succede niente. Ma se bisogna recuperare qualche centinaio di euro ai cittadini, allora parte Equitalia e lì non c'è santo che tenga. Debole con i forti e forte con i deboli: è lo Stato italiano.
Si blocca tutto, come ha detto, ma i cittadini non sono più inerti, si muovono, chiedono conto…
Una linea di speranza attraversa l'Italia, molte cose sono cambiate, me lo lasci dire, anche grazie al Movimento 5 Stelle. Si stanno attuando cambiamenti importanti in Italia. Anche all'interno del Parlamento, soprattutto sui temi della partecipazione o della trasparenza. Ma anche del gioco d'azzardo. Se penso al lavoro di colleghi come Giovanni Endrizzi, penso a un lavoro che lascerà traccia, perché è fatto di studio del problema e di ascolto dei cittadini. La spunteremo, anche su questo. Ci riusciremo tutti assieme e le cose cambieranno.
Oltre alla Rai, crede che si possa vietare completamente, senza "se" e senza "ma" la pubblicità dell'azzardo, come già si fa per i derivati del tabacco?
Non credo "si possa", credo fortemente che si debba. Lo si deve fare perché è una questione culturale e sociale. Noi ci impegneremo fortemente per vietare la pubblicità dell'azzardo. Prioritaria è la salute dei cittadini è scritto nella Costituzione…

… articolo 32:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività

Costituzione della Repubblica italiana, articolo 32, comma 1

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