Welfare

Rivoluzione Atelier INDIpendenza

Progetto per realizzare un laboratorio del fare, diretto all’indipendenza socio-economica dei titolari di protezione internazionale che si basa su tre parole chiave: visione: casa-lavoro-comunità. Interessati dall'iniziativa dell'associazione Gus (Gruppo umana solidarietà) i territori di Marche, Puglia e Sardegna

di Clelia Arduini

È una piccola grande rivoluzione quella che l’associazione Gus (Gruppo umana solidarietà) vuole realizzare con il progetto “ATELIER INDIpendenza: laboratorio del fare, diretto all’indipendenza socio-economica dei titolari di protezione internazionale”, finanziato dal Fami, Fondo Asilo, migrazione e integrazione del ministero dell’Interno.
Al centro del programma, che coinvolge i territori di Marche, Puglia e Sardegna con 100 beneficiari in totale, è la figura del migrante, inteso non come un soggetto disturbante e pericoloso, che pesa sulla collettività, ma come una risorsa umana, pensante e fattiva, con la sua professionalità, i suoi sogni e le sue necessità, su cui la comunità può realmente contare in termini sociali, economici e culturali.

Sono tre le parole chiave su cui il progetto costruisce la sua visione: casa-lavoro-comunità, cioè i principali livelli in cui si articola e si nutre in genere la vita degli esseri umani di tutto il mondo. Concetti scontati, quasi banali, ma che per una cospicua parte di popolazione rappresentano una chimera, un mondo lontano, irraggiungibile, che ci si può permettere di sognare solo nei sonni più sereni.
Spesso infatti il destinatario dei progetti di accoglienza rimane legato all’equipe che lo ha avuto in carico, faticando a staccarsi, a costruire legami autonomi con la comunità che lo ospita, a condurre in una parola una vita indipendente, decorosa e piena di quei valori che ciascun individuo di solito si dà come scopi di un’esistenza degna di essere vissuta.

In questo senso con il suo ATELIER INDI, Gus si inserisce all'interno di quella che viene definita “terza accoglienza”, quell’insieme di azioni volte ad accompagnare i migranti nella delicata fase di transizione tra la situazione di tutela istituzionale e la piena autonomia. Un passaggio tra i più problematici nei vari progetti messi in campo per favorire l’integrazione perché si tratta di una rinascita e di una “ricrescita” dell’individuo.
La parola Atelier, riferita proprio a questi atti, è intesa come uno spazio virtuale e fisico in cui, condividendo tecniche e saperi, il migrante ha l’opportunità di mettersi o di rimettersi in gioco, sviluppando e completando il proprio progetto professionale e di vita in un contesto favorevole alle relazioni, che lo aiuti a sentirsi parte della comunità.

Le buone pratiche di ospitalità partono dalla casa il cui significato non si ferma alla denotazione fisica di edificio, ma vive nel suo connotato sentimentale, relazionale e spirituale.
Su questo punto la sperimentazione proposta da Gus si rifà al modello di co-housing intergenerazionale, con la coabitazione tra migranti e giovani e tra migranti e anziani autosufficienti. Questi ultimi in particolare – considerati la memoria storica e le radici per il territorio – possono più di altri aiutare il migrante a comprendere le dinamiche culturali e locali.
Sono messe in campo anche misure di sostegno abitativo di diversa natura, quali l’orientamento all’offerta alloggiativa, la facilitazione all’accesso al mercato abitativo, l’intermediazione con i proprietari, il supporto economico per le utenze e l’acquisto degli arredi.

L’obiettivo di questa nuova forma di comunità “costruita” è provare ad abbattere i pregiudizi e promuovere l’ospitalità in una prospettiva di interscambio, di coesione sociale e di condivisione del tempo libero.

Alla voce lavoro, unico vero welfare sociale, Gus punta alla sperimentazione di modelli virtuosi di imprenditorialità, tra questi la riscoperta del lavoro artigiano come professione identitaria comune a più culture.
Nelle Marche si punta al settore calzaturiero e alla pelletteria, in Puglia, alla pietra leccese, alla ceramica, all’utilizzo creativo dei filati più antichi, in Sardegna ai tessuti e al cannucciato: nobili materiali su cui i migranti si metteranno al lavoro scoprendo sicuramente gangli comuni con le loro tradizioni.
In spazi già individuati si creeranno alcuni atelier dove i nuovi artigiani avranno la possibilità di essere affiancati da professionisti dei vari settori, ricevere una formazione on the job altamente qualificante, avere la possibilità di lavorare all’interno di botteghe artigiane e decidere di aprire una propria impresa individuale.
Nello specifico, si vogliono favorire e sostenere economicamente le esperienze di start-up e di co-working oltre che costruire una rete di aziende che, avendo necessità di manodopera, richiedano espressamente una mirata formazione professionale.

A corollario dell’esperienza artigianale, sono state studiate azioni di supporto quali il bilancio competenze, il supporto al riconoscimento di titoli, l’orientamento ai servizi per l’impiego, il conseguimento di patentini, la patente guida, le misure di supporto alla conciliazione casa-lavoro, i percorsi formativi non personalizzanti, le spese di supporto alle attività. Tutte azioni utili affinché i nuovi lavoratori possano camminare da soli.

A completare i percorsi di autonomia è la visione di una comunità forte e coesa, che includa il migrante come un cittadino a tutti gli effetti. Senza una collettività accogliente, inclusiva, aperta – infatti – il migrante non sarà mai realmente integrato pur avendo un lavoro e una professionalità. Per questo Gus, consapevole che questo aspetto sia la parte più complessa dell’auspicato viaggio verso l’indipendenza, ha costruito una serie di momenti partecipativi del beneficiario alla vita comunitaria, come la sua collaborazione con le associazioni del territorio per organizzare eventi culturali e momenti informativi, la sua partecipazione alla vita culturale e sportiva.
E poi momenti di incontro e di animazione sociale nei condomini solidali che ospitano esperienze di co-housing, con lo scopo di far conoscere alla comunità i nuovi ospiti con le loro storie, il loro trascorso di vita, i loro sogni, le loro aspettative.

Solo la conoscenza infatti può scacciare la paura ed è in questa direzione che Gus sta lavorando anno dopo anno, specie con questo progetto, alla costruzione della cittadinanza globale, strumento chiave per la creazione di una società civile attiva e di una comunità, che – come i condomini solidali e i laboratori artigianali dai prodotti multiculturali di ATELIER INDI – si arricchisce grazie alla valorizzazione delle diversità.


Le illustrazioni sono realizzate da Federica Ferri

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