Politica

Ritorno al futuro

di Franco Bomprezzi

Mi accorgo adesso che sono trascorsi molti giorni dal mio ultimo intervento in questo amatissimo blog. Mi scuso con voi, e con Vita. Ma penso di aver capito che cosa mi è successo. Che cosa, in qualche misura, ha bloccato, in queste settimane, la mia libertà di scrittura. Il mio essere “FrancaMente” pronto a dire la mia, su temi che mi stanno a cuore, in assoluta serenità, e forse anche con un pizzico di incoscienza.

E’ successo che nel frattempo il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e l’assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, mi hanno chiesto di impegnarmi, da volontario, e di assumere un incarico politico ben preciso e di grande responsabilità, quello di consulente per le politiche sulle persone con disabilità. Non sono stato eletto in consiglio comunale. Mi è mancato, probabilmente, proprio il sostegno organizzato delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. 350 preferenze non sono poche, sono il quinto della bella lista Milano Civica per Pisapia, che ha eletto due consigliere, assai in gamba, Anna Scavuzzo ed Elisabetta Strada. Di questi miei voti di preferenza, senza presunzione, penso che una buona parte appartengano ai diversi mondi, ai cittadini milanesi che conosco e che mi conoscono, e non soltanto a una “lobby a rotelle”. Anzi.

Ma ormai questo è il passato. L’impegno che mi è stato proposto, in linea con le promesse e il lavoro comune svolto prima delle elezioni milanesi, è affascinante, complesso, emozionante. Ecco perché mi sono forse un po’ bloccato. Ho avuto paura che, scrivendo come sempre quello che penso, avrei potuto essere interpretato, soppesato e valutato in chiave politica, e non di semplice e normale comunicazione. Ho compreso, adesso, che questo limite va superato di slancio. La politica non è altro che la riproposizione, in termini di responsabilità individuale e collettiva, di ciò che siamo, di ciò che vogliamo.

Io voglio un mondo senza più persone invisibili, senza più persone senza diritti e senza dignità. Voglio contribuire, nel mio piccolo, a costruire una città capace di dare soluzioni semplici a situazioni complesse. Voglio essere un comunicatore, ossia una persona che “mette in comunicazione” mondi e culture che spesso non si parlano, non si ascoltano, non si conoscono. Voglio spingere le persone con disabilità e i loro familiari a partecipare alla vita pubblica, non solo per reclamare soluzioni utili al proprio vivere quotidiano, ma anche per restituire a tutta la comunità il grande bagaglio che possiedono, fatto di umanità, competenze, dignità, onestà, lavoro, sacrificio, concretezza, umiltà, serietà, intelligenza, ironia, gioia di vivere. Voglio vivere cinque anni da leone, in prima linea, mettendoci la faccia, e il cuore, e il cervello. Voglio contribuire  a rendere Milano la città di tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso. Voglio essere me stesso. Ho quasi sessant’anni, e mi sento giovane, ma non mi sento affatto soddisfatto. Voglio imparare, conoscere, ascoltare, visitare, condividere, proporre, battermi, vincere.

Torno  a scrivere qui perché qui, grazie a Vita, ho potuto sempre dire la mia in libertà. Questo è il luogo dove si incrociano persone libere, impegnate nel terzo settore, nel volontariato, nel giornalismo, nella politica al servizio della società, nelle aziende che non hanno in mente solo il profitto ma anche l’etica e la responsabilità sociale. Qui continuerò a depositare i miei percorsi, e a raccogliere i contributi di idee, di incoraggiamento, di critica, di proposta, di tanti amici che nel tempo hanno condiviso un percorso a ostacoli, ma ricco di momenti magnifici.

Mi piace adesso ricordare che nel 2003 a Milano mi è stato consegnato l’Ambrogino d’oro, su proposta di un consigliere comunale, Andrea Fanzago, che ora è in maggioranza, dopo tanti anni di opposizione. Ma quel riconoscimento mi venne dato dal sindaco di allora, Gabriele Albertini, espressione di quella parte politica che ora è all’opposizione della giunta guidata da Giuliano Pisapia. Per me quel giorno è indimenticabile, mi sono sentito allora finalmente cittadino milanese, non invisibile. E ho avvertito un nuovo senso di responsabilità, un impegno al quale non avrei potuto sfuggire. Quattro anni più tardi è stato il presidente Napolitano, il 3 dicembre del 2007,  a nominarmi Cavaliere della Repubblica, sempre per il mio impegno di comunicazione sulla disabilità.

Ora mi sento davvero quel “Cavaliere a rotelle”, definizione con la quale cerco di addolcire, attraverso un sorriso, la responsabilità verso tutti. Martedì a Genova parlerò, nella settimana dei Diritti, durante la presentazione del libro che ripubblica i testi di Rosanna Benzi, curati da Saverio Paffumi. Sarà il momento in cui il cerchio si chiude, e inizia il ritorno al futuro. Pensando a Rosanna e a tutte le persone con disabilità, e sono tante, che in questi decenni hanno combattuto e vinto le battaglie per i diritti di cittadinanza, e che ora non ci sono più. Persone che ci aiuterebbero, con la loro forza interiore, a combattere i nuovi pregiudizi, lo stigma, la convinzione errata che le persone disabili sono un peso e non una risorsa. Anche io, con molte meno limitazioni di Rosanna Benzi, ho il “vizio di vivere”. Ma da soli non si può vincere, e neppure combattere. E’ questa grande rete di umanità e di competenze, di passione civile e di amicizia fraterna, che oggi fa la differenza. “Todo cambia”, canta Mercedes Sosa, e la sua canzone ha accompagnato le immagini più belle di una stagione indimenticabile colorata di arancione e di speranza. Non se se tutto cambia. Mi basterebbe qualcosa. A partire da adesso. Insieme.


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