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Ritorna il clima di Tangentopoli

Si allarga l'inchiesta sulla Protezione Civile. Affari, nomine e corruzione

di Franco Bomprezzi

Aria di Tangentopoli, il clima politico si è fatto improvvisamente cupo e preoccupato, dopo gli sviluppi dell’inchiesta della magistratura fiorentina su Protezione civile, appalti, corruzione. Non c’è solo Bertolaso, dunque, al centro delle indagini, e neppure i grandi funzionari pubblici arrestati, ma ora tocca a un personaggio importantissimo nella gerarchia del Pdl, il coordinatore Denis Verdini. I giornali di oggi non possono non dedicare molte pagine alle notizie, ai commenti, ai retroscena.

“Appalti, indagato Verdini”, è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Ieri sera il coordinatore nazionale del Pdl è stato sentito dai magistrati di Firenze per il reato di concorso in corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti, imprenditori e Protezione Civile.  In tarda serata Denis Verdini ha poi scritto un comunicato dicendo di essere indagato: «Dopo aver letto che il mio nome compariva per fatti marginali nell’inchiesta condotta dalla procura di Firenze in merito agli appalti per le opere emergenziali affidate alla gestione della Protezione civile – scrive l’onorevole Pdl – e dopo aver saputo dai giornali che il mio telefono era stato intercettato indirettamente, per una serie di colloqui con gli indagati, uno dei quali, Riccardo Fusi, è un mio carissimo amico da molti anni, ho chiesto al mio avvocato di verificare i fatti presso la magistratura. In questo modo ho appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di corruzione». «La vicenda che mi veniva contestata – ha aggiunto il coordinatore del Pdl – riguardava solo ed esclusivamente la segnalazione per la nomina di Fabio De Santis a Provveditore delle opere pubbliche per Toscana, Umbria e Marche. Ho quindi chiesto e ottenuto la disponibilità del procuratore della Repubblica di Firenze ad essere ascoltato quanto prima, cosa che è avvenuta nel pomeriggio di fronte ai pubblici ministeri Giuseppina Mione e Giulio Monferini, titolari dell’inchiesta, ai quali ho fornito serenamente e con la massima trasparenza le informazioni richieste, illustrando le motivazioni del mio intervento come unicamente riconducibili al tentativo di risolvere il problema del danno erariale conseguente all’appalto per la realizzazione della scuola Marescialli e carabinieri a Firenze. Ho quindi dimostrato – ha concluso Verdini – la mia più totale estraneità all’accusa». “Da Fivizzano al potere. La galassia di Denis uomo-chiave Pdl” è il ritratto firmato da Sergio Rizzo. Mentre nel dietro le quinte Paola Di Caro dà conto de “La furia del premier: nuova tangentopoli? Spiegate che non è così”: «Si rischia che la situazione degeneri pesantemente, al punto da condizionare la campagna elettorale e il risultato del Pdl». A pag 5 il CORRIERE riprende le risposte di Bertolaso alle domande di Repubblica titolando “«Il Quirinale non ha competenza sulle emergenze»- Sconcerto di Napolitano sull’autodifesa di Bertolaso. In una lettera riservata al premier i dubbi sulla spa”. A lato la nota di Massimo Franco “Il governo lo difende, ma il sottosegretario adesso appare più solo”, mentre ormai pare saltata definitivamente la privatizzazione della Protezione civile. Le pagine 8 e 9 sono infine appaltate all’inchiesta giudiziaria “Gli affari d’oro e le telefonate con l’ufficio del grande capo” e “I favori e gli appalti. La rete degli amici dall’Enac alla Rai”. Si legge un po’ di tutto a partire dal coinvolgimento di Anna Falchi e di Paolo Berlusconi ben evidenziati in due foto. 

“Corruzione, indagato Verdini” è l’apertura de LA REPUBBLICA: i servizi nelle pagine interne. Denis Verdini, coordinatore del Pdl (e presidente della Banca di credito cooperativo fiorentina), ieri è stato alla procura di Firenze per quasi due ore. Il suo nome è iscritto nel registro degli indagati: l’ipotesi è che si sia adoperato per favorire imprenditori amici tra cui Riccardo Fusi (del quale si pubblicano le intercettazioni dopo un incontro a Palazzo Chigi con Gianni Letta). Nei verbali intanto “Tutti gli uomini della ‘cricca’ spuntano nelle telefonate Leone, Lotito e cognati famosi”. Riferisce Carlo Bonini: oltre al cognato di Bertolaso, Francesco Piermarini, quello di Rutelli, Paolo Palombelli. Intanto Bertolaso è in Valgardena. «Tra breve sarà tutto una bolla di sapone» dice a Paolo Rumiz; per la Maddalena «l’ho rimosso io (De Santis) perché mi ha proposto un raddoppio dei costi. Da 300 a 600 milioni. Ho rivisto tutto con un professionista e abbiamo chiuso con 320. Ma lo sa quanti rialzi ho bloccato?». Pensa di ritirarsi, Bertolaso, e di andare in Africa a fare il medico. LA REPUBBLICA ospita un nuovo articolo del suo fondatore Eugenio Scalfari che risponde alla missiva di Bertolaso pubblicata ieri. Una ricostruzione non precisa, sottolinea l’ex direttore: in particolare il presidente Napolitano avrebbe espresso dubbi sull’opportunità di fare ricorso all’emergenza e al sistema delle ordinanze e lanciato allarmi precisi su un «sistema parallelo di produzione normativa» raggiunto attraverso il crescente uso di ordinanze d’urgenza. Anche sul decreto legge che è stato ritirato Napolitano aveva dubbi non ravvisando i requisiti di necessità e urgenza. Accanto al commento di Giorgio Bocca (“Se questo è il paese del «rubo dunque sono»”) segno la lettera di un volontario della Protezione civile: «sentire il marcio che sta uscendo anche dalla Protezione civile demolisce quello spirito di partecipazione rendendo inutile il nostro sacrificio».

IL SOLE 24 ORE dedica alla questione civile le pagine 6 e 7, con l’affondamento della norma sulla Spa in Parlamento e le novità dell’inchiesta: “Anche Verdini è indagato”, titola il quotidiano, che riporta alcune delle intercettazioni che lo riguardano. Il coordinatore del Pdl ha parlato più volte con Angelo Balducci: Verdini: «Sì sì ho lavorato bene con il ministro in maniera che le cose andassero…» Balducci: «Guardi è andato perfetto proprio adesso è solo un fatto formale però… Se lei mi consente.. Magari poi direttamente… Le vorrei così dare una cosa mia». Al problema della corruzione negli appalti è dedicato uno dei commenti anonimi di pag. 14, dal titolo “I venti anni persi dopo tangentopoli”: «Torna tangentopoli. O forse non è mai finita. Il problema non è soltanto nel rapporto giustizia-politica. Il problema è anche negli ingranaggi ordinari degli appalti pubblici e nel rapporto farraginoso fra cittadino e burocrazia. La Corte dei conti denuncia da tempo il ritorno del malaffare. C’è stato un periodo, dopo il 1994, in cui si fece uno sforzo per far prevalere anche in Italia regole di trasparenza e competizione: le trattative private furono azzerate, arrivarono le direttive europee, la regola della gara s’impose, si misero a punto progetti di semplificazione. Fu una stagione di rinascita civile. Durò poco. Il mercato degli appalti pubblici non fece quel salto di qualità che ci si aspettava. Troppo rigida la legge Merloni, si disse. Le amministrazioni pubbliche si confermarono fragili e distratte, le imprese si lanciarono in ribassi d’asta clamorosi, il mercato si bloccò. Arrivarono deroghe, tornò la trattativa privata per imprese e professionisti, rifiorì il sistema delle clientele, si fece più frequente il ricorso alle regole eccezionali e alle società pubbliche in house. Si sono persi vent’anni e anche qualche importante lezione della storia. Siamo di nuovo al punto di partenza».

ITALIA OGGI dedica alla questione Protezione Civile un articolo a pagina 4 a cura di Pierluigi Mantini, deputato dell’Udc,  “Meno furti se c’è più concorrenza” il titolo. Il deputato parte da una considerazione generale «C’è un clima tangentopoli che sembra avanzare. Certo i fatti di Milano sono espliciti e l’arresto in flagranza di Milko Pennisi segue il patteggiamento a due anni di condanna della signora Abelli e la pesante posizione processuale dell’assessore regionale Pier Gianni Prosperini. C’è nervosismo nell’aria, a Milano». Poi Mantini parla direttamente del caso Bertolaso e della PC, «Conoscendo personalmente Guido Bertolaso, soprattutto negli ultimi drammatici mesi di lavoro in Abruzzo, non credo che lui abbia preso soldi per sé né che si sia allietato con professioniste offerte da amici imprenditori». A questo punto il deputato fa il verso a Repubblica e alle dieci domande. Ecco i quesiti del parlamentare: «Smentisce o conferma, Guido Bertolaso, le imbarazzanti affermazioni rivelate dalle intercettazioni secondo cui avrebbe gestito lui il contratto di affitto dell’ex Arsenale della Maddalena per favorire la società della Marcegaglia, tenendo conto dei tempi e delle circostanze politiche? Ritiene opportuna, Guido Bertolaso, l’evidente promiscuità con un imprenditore che ha avuto importanti appalti dalla sua struttura per il G8?». In conclusione un analisi, attraverso il caso del Capo della PC, del male del Paese. «In ogni caso il problema è un altro. Bertolaso, uomo del fare, è l’emblema più prestigioso di una concezione assai diffusa nel Paese, a destra come a sinistra: quella secondo cui in Italia non è possibile realizzare interventi e opere pubbliche se non aggirando, derogando o addirittura violando le norme. Da qui l’ipertrofia delle attività di emergenza, dai terremoti alla Coppa Louis Vuitton, all’Expo, il trionfo dei poteri speciali, delle deroghe, dei commissari, dello straordinario che si impone sull’ordinario. La visione dell’Italia come un paese che non può essere normale ma deve essere governato con poteri speciali, sempre più estesi e incontrollabili».

Prima pagina de IL GIORNALE per “Tutti i nomi dell’inchiesta Bertolaso” e gli “Spiati e criminalizzati“  che annuncia servizi sino alla pagina 7 in cui  si fanno nomi e cognomi delle persone intercettate e le cui chiacchierate finiscono sui giornali «con sospetti  infamanti e nessun riscontro. Così è barbarie». « Ma la gogna non vale per tutti: silenzio sulle carte che parlano di “cricca Veltroni”». Se il fondo è di Alessandro Sallusti che scrive: «il solo fatto di telefonare diventa così una ipotesi di reato, indipendente dal contenuto della conversazione», è Sandro Biondi a pagina 6 che teorizza “Una regia dietro ai Pm” e scrive avendo davanti a sé l’orizzonte delle elezioni di marzo: «Se pensiamo a quello che è avvenuto nel corso dell’ultimo anno io credo di sì, penso che non sia assurdo anzi che sia ragionevole pensare che vi sia qualcuno che pianifichi i filoni d’inchiesta che individui i possibili bersagli e sintonizzi il tutto con l’ordine politico e quello dei mezzi di comunicazione».  «Nella cabina di regia  devono aver capto che Berlusconi è indistruttibile. Nessun attacco, nessuna inchiesta è stata capace di distruggerlo. Ecco allora che prende il via il piano B che consiste nell’attaccare i suoi principali collaboratori, quelli che non si fanno intimidire e non si lasciano irretire dalle lusinghe. Oggi è toccato a Guido Bertolaso. Il capo della Protezione civile era diventato troppo popolare, toppo connaturato alla filosofia di Berlusconi. Per quanto lo conosco  Bertolaso è  molto diverso per indole e formazione da Berlusconi. Ma anche l’uomo che ha saputo incarnare meglio quella politica del fare, del buongoverno.  Nell’attesa  che qualche magistrato abbia il coraggio di verificare l’esistenza di questi torbidi intrecci, la salvezza può venire solo dai cittadini in occasione delle prossime elezioni».

IL MANIFESTO: «SpAllata» è il titolo di apertura su un fondino nero che in prima pagina decapita la testa di Bertolaso con l’immancabile felpa della Protezione civile. «La bufera giudiziaria divide il governo. Che si rimangia la norma sulla Protezione civile Spa. Nelle intercettazioni la voce di Bertolaso, alla vigilia del sisma abruzzese: «Macché terremoto, zittite i ricercatori». E spunta il nome di Rutelli. Indagato Verdini, coordinatore Pdl». Due pagine all’interno con un commento di Ida Dominijanni «Politica o quasi. Il sottosegretario e l’estetica dell’efficienza». «(…)La trasformazione in Spa sarebbe, o sarebbe stata, solo il coronamento e il completamento di una trasformazione già avvenuta, la trasformazione dello Stato di diritto in Stato d’eccezione permanente, di cui la Protezione civile con i suoi attuali poteri è già emblema e sintesi (…)» e dopo aver riportato parte delle intercettazioni telefoniche del 14 dicembre, riferite all’organizzazione di un incontro fra Bertolaso e una giovane brasiliana conclude «Il quadretto si commenta da sé. Solo una cosa, in risposta al predicozzo quotidiano del Giornale dove ogni giorno si alternano le firme a difesa della privacy dell’uomo pubblico di turno e contro il moralismo e il giustizialismo di sinistra. Visto che mezza Italia, la stessa che accampa argomenti morali su tutto, dall’aborto alle droghe al fine-vita, sul sesso a pagamento si scopre improvvisamente disincantata, relativista e amorale, sospendiamo il giudizio etico e limitiamoci a quello estetico. Eticamente non sappiamo, ma esteticamente quel quadretto, è lecito dirlo?, fa un po’ schifo».

“Corruzione, indagato Verdini. Salta la Protezione civile spa”: questo il lancio in prima pagina di AVVENIRE. La cronaca a pagina 4, con dettagli sull’iter del decreto da cui- ha annunciato ieri Gianfranco Fini – «verrà stralciato il contestato articolo 16», con cui di fatto «il decreto viene completamente depotenziato». In realtà è una corsa contro il tempo, perché il decreto scade a fine febbraio e, una volta modificato, deve anche tornare al Senato. Oggi scadenza per presentare gli emendamenti, poi discussione in Commissione Ambiente, dove potrebbe essere introdotta la modifica: qui ci sarà Bertolaso. Domani l’aula della Camera. Il commento: «l’impressione è che il capo della protezione civile sia ogni giorno meno forte e che la resa sul decreto sia un ulteriore colpo alla sua voglia di tener duro».

LA STAMPA apre con il titolo “G8, indagato il coordinatore Pdl”. «Si allarga l’inchiesta sugli appalti alla Maddalena, nella quale è coinvolto Bertolaso» è l’incipit dell’articolo in prima pagina, che ha come seguito un ampio servizio da pagina 4 a pagina 7. «Favori e amicizie, ma anche tangenti, usura, e l’ombra della mafia: l’inchiesta sulla protezione civile svela il lato peggiore dell’Italia» è il sommario di un lungo articolo a pagina 6 e 7 che riporta i punti salienti dell’inchiesta fiorentina. Si tratta di una mega-inchiesta di venti volumi per oltre 20mila pagine che indaga i rapporti fra imprenditori e politici (mentre finora si è parlato solo di Bertolaso e del G8, rileva LA STAMPA). Uno degli aspetti più inquietanti è il ruolo della criminalità organizzata, che «in alcuni casi tenta l’inserimento negli affari degli imprenditori, in altri riesce ad avere un ruolo diretto» negli appalti e nelle tangenti, scrive LA STAMPA. «C’è anche un caso, clamoroso, di una tangente pagata con soldi chiesti in prestito ad usurai, collegati al clan casertano dei Casalesi». Sull’inchiesta fiorentina, scrive ancora LA STAMPA, incombe anche il fantasma di Cosa Nostra: nel mirino i rapporti fra l’imprenditore Riccardo Fusi, presidente della Baldassini-Tognozzi-Pontello, e il commercialista Pietro Di Miceli, indagato più volte per mafia. LA STAMPA riferisce dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto Denis Verdini, uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl (gli altri sono Sandro Bondi e Ignazio La Russa) in merito ai rapporti con Fusi. Nella cronaca il quotidiano di Torino riporta le intercettazioni telefoniche fra diversi membri della famiglia Verdini e l’imprenditore, da cui emerge soprattutto una serie di “favori” elargiti da quest’ultimo. LA STAMPA pubblica un profilo di Verdini, “L’uomo che guidò la fusione con An”, raccontandone l’ascesa all’interno del partito a partire dal ruolo di coordinatore unico di Forza Itali: Verdini «si  può considerare un forzista della prima ora, visto che nelle file berlusconiane si candidò alle amministrative del 1995». In un pezzo di commento, “Ora il Cavaliere teme davvero la tangentopoli-bis” Ugo Magri scrive di un premier sempre più sotto assedio tra «l’inchiesta fiorentina che trascina nel fango il coordinatore nazionale Verdini», «le voci incontrollate di nuovi coinvolgimenti parecchio in alto», «il dramma di Bertolaso tuttora sull’orlo delle dimissioni» e «il panico che circola nei Sacri Palazzi vaticani (leggi Giubileo  2000)». Tra gli intimi del premier vince la tesi che debba battere un colpo, dare un segnale forte. «La prova del nove» scrive LA STAMPA, saranno le candidature: «qui non si discute più di veline e soubrette, si parla di ras locali potenti che dalle patrie galere premono per essere ricandidati, o rivogliono il posto nonostante disavventure gravi».

E inoltre sui giornali di oggi:

SANREMO
AVVENIRE – Paginata durissima sul “Festival dei furbetti” che «parte già scorretto» in quanto ha stra-usato il caso Morgan. Attacco frontale anche a Povia e a Emanuele Filiberto. Il primo si è fatto pubblicità con una «canzone su Eluana», ma ora si vede che Eluana non c’è nè nel titolo né nel testo e dice «non è il tema a dar fastidio, disturba il fatto che sia io ad affrontarlo. Se lo faceva De André o Jovanotti…» e che «Qualcuno lassù mi ha aiutato a scrivere questa canzone».

VIA PADOVA
CORRIERE DELLA SERA – “Bossi: «Immigrati, no ai rastrellamenti»”, il leader leghista conferma la linea tracciata dal ministro Maroni in un’intervista al CORRIERE di ieri. Una linea apprezzata dall’opposizione (Anna Finocchiaro dice: «parole di buon senso», prima di chiedere di «passare ai fatti»). Intanto il responsabile del Welfare Sacconi lancia il suo piano nazionale per l’integrazione battezzato “Identità e incontro”: l’identità è la premessa del vero incontro. È nell’indifferenza che si genera il conflitto».

IL SOLE 24 ORE – “Vivere nella periferia «melting pot»” è il titolo di un articolo di Daniele Bellasio, neo-acquisto del SOLE 24 ORE (prima stava al Foglio): «Vivo in quel quartiere, attorno a via Padova, dove sabato scorso c’è stata la rivolta interetnica di gruppi di nordafricani contro sudamericani dopo l’uccisione di un ragazzo egiziano. Per come lo conosco è il quartiere migliore e contemporaneamente il più difficile in cui vivere. Sembra la Milano di secoli fa, quando era l’ingresso alla città, ma anche la zona un po’ bordello, dove si poteva fare quel che in centro non stava bene fare. Sembra un po’ New York, melting pot e shopping a ogni ora, magari in qualche via buia pare la New York prima della tolleranza zero di Rudy Giuliani.  Sembra un hinterland un po’ dimenticato dalle autorità, ma ben ricordato dalla crisi e dai suoi effetti. È vivo. Se la parola non fosse orribile, si potrebbe dire che «brulica» di viavai. Puoi comprare un kebab a mezzanotte, trattenerti in una delle più antiche enoteche di Milano dove un anziano oste trascina il peso e le gambe da un tavolo all’altro senza nemmeno più notare chi è seduto, figuriamoci se fa caso al colore della pelle. Puoi fare la spesa in un supermarket peruviano di ritorno dal cinema serale e comprare un regalo a tuo figlio in un piccolo negozio cinese che di straforo ti fa anche al volo lavoretti di sartoria. Però la tradizione, casa occupata compresa, resiste anche nei mercati comunali pieni di signore con il carrellino portasacchi oppure nella cartoleria dove entrando senti ancora quell’odore là di quando eri alle elementari. Qualche latteria ha chiuso, purtroppo, una era il centro del quartiere, ma la stanchezza ha vinto sulla perseveranza del proprietario. C’è un parco così ecologicamente corretto che il Wwf dovrebbe prenderlo a modello, dentro poi ci sono anche le scuole; per i ragazzi di giorno, con magari i cani di pomeriggio tardo, pare un mezzo paradiso, sebbene ben recintato e protetto a dovere. Come in tutte le avanguardie, nel bene e nel male, ci sono sacche di arretratezze, nel bene e nel male. È il più povero dei quartieri migliori e il migliore dei più poveri. Dipende dai punti di vista».

IL MANIFESTO – In prima pagina il commento di Alessandro Dal Lago «Milano da morire» dove si legge: «Se guardiamo ai fatti di Milano non dimentichiamo Rosarno (…) Ma a Milano è emerso qualcosa di più: il fallimento ufficiale della non politica verso gli stranieri con cui la destra, manovrata dalla Lega ha creduto di affrontare le migrazioni. Se Bossi, a cui un certo fiuto non manca, ha smentito le sparate sui rastrellamenti casa per casa del suo allievo Salvini, vuol dire che ha sentito puzza di bruciato. E cioè che l’ottusità razzista si stava ritorcendo contro la Lega. Da due decenni la destra domina Milano. Da quasi dieci, con l’eccezione del breve e insignificante intermezzo Prodi, la destra controlla le politiche di ordine pubblico (…)».

FRANE
AVVENIRE – “Cancellati dalla frana”, titola l’apertura di AVVENIRE. Il dato mette insieme i tanti allarmi in Sicilia, a cominciare dalla frana di San Fratello, «il paese che si sbriciola», con 2mila evacuati . Secondo la denuncia di Coldiretti, riportata, nel messinese sono a rischio idrogeologico 8 comuni su 10, in Sicilia 7 su 10. Mettere in sicurezza l’isola costerebbe un investimento di 1,8 miliardi di euro: sono stati investiti meno di 50 milioni. Secondo uno studio del Politecnico per mettere in sicurezza l’Italia intera servirebbero 44 miliardi: nel decennio 1994/2004 lo Stato ne ha sborsati 21, senza che questo abbia generato un minor rischio.

ASILI NIDO
CORRIERE DELLA SERA – ”Il ritardo dell’Italia negli asili nido” è il focus di oggi: «Emilia Romagna, Toscana e Umbria hanno le carte in regola per raggiungere l’obiettivo di Lisbona sui nidi: 33 posti ogni 100 bambini entro il 2010. La cattiva notizia è che il resto del Paese non ce la farà. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto degli Innocenti (incaricato del monitoraggio sui nidi) l’Italia è ferma a quota 23 per cento. Una percentuale ottenuta contando davvero tutto. Anche gli spazi gioco e i posti offerti alle materne a bambini che non hanno ancora tre anni. Se si tenesse conto solo dei nidi in senso stretto allora la copertura». 

AFRICA
AVVENIRE – Il libro di Dambisa Moyo, Dead Aid, esce in versione tascabile da Penguin e lei torna alla ribalta. La tesi della ex consulente della Banca Mondiale è che gli aiuti allo sviluppo sono come un «incaprettamento» per i paesi africani in quanto la disponibilità di fondi aumenta l’inflazione e disincentiva l’iniziativa privata. Pone anche un nesso tra i mille miliardi di dollari rovesciati negli ultimi 50 anni sul continente nero e il fatto che nello stesso periodo siano morte 40 milioni di persone in guerre africane.

CRISI
LA STAMPA – “Crolla il made in Italy, l’export 2009 a -20,7%”. Un anno da dimenticare, il 2009, per l’export italiano. Il crollo è pesante: -20,7%. E le importazioni seguono a ruota: -22%. Sono i peggiori flussi commerciali dal 1970 dice l’Istat. LA STAMPA analizza i dati e parla di “Milano Unica”, la fiera del tessile che si apre oggi fino a venerdì: 427 imprese provano a ripartire, ma gli affari sono calati di un terzo in due anni.

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