Non profit

Ristorante multietnico: l’integrazione è servita

La formula vincente del "168" di Milano

di Gabriella Meroni

Dite addio ai tradizionali ristoranti cinesi, piccoli, pieni di ceramiche blu e lampade rosse e spesso un po’ cari. Sbarca in Italia un nuovo concetto di locale a gestione cinese che promette di diventare un nuovo punto di riferimento per famiglie, gruppi di amici e semplici amanti della buona tavola. Italiani e non. Il pioniere di questa tendenza è il nuovo ristorante “168” che ha aperto i battenti a Milano in viale Jenner 29, a poca distanza dall’ex moschea più famosa d’Italia.
Arredato in stile internazionale, con tanto di ponticello sospeso su un laghetto artificiale in cui nuotano decine di pesci rossi, il locale ha dimensioni da Expo di Shangai: 2mila metri quadri per 570 posti a sedere, e non c’è da stupirsi, visto che è sorto sulle ceneri di un grossista di abbigliamento e di una sala Bingo mai decollata. Ma i proprietari non hanno sovrastimato le possibilità di successo dell’impresa: ogni giorno infatti c’è il tutto esaurito a pranzo e cena, e nel fine settimana occorre arrivare prima delle 12 (o delle 19), per non fare la fila.
Ma qual è il segreto del “168”? Semplice, si mangia bene, l’ambiente è pulito e comodo, il servizio cortese e la formula vincente: a buffet, con quantità illimitata a prezzi popolari: la sera gli adulti spendono 20 euro, che scendono a 12 a pranzo nel weekend, e addirittura a 10 in settimana; i bambini la metà (bevande escluse). In tavola si può portare di tutto: dalle consuete specialità cinesi a quelle giapponesi passando per l’italianissima pizza, pesce cucinato in diversi modi, polpette, arrosti, verdure e insalate di tutti i tipi. E in più c’è un ottimo quadrilatero teppanyaki, un’area dove i cibi, scelti freschi dal cliente, sono cotti al momento su piastra. Così il ristorante è diventato un punto di ritrovo e incontro delle comunità di un quartiere davvero multietnico: cinesi e filippini, arabi e italiani, sudamericani e bengalesi mangiano gomito a gomito (tante le famiglie con bambini) superando tradizionali diffidenze e contribuendo ad accorciare le distanze tra gruppi spesso chiusi.
Il locale milanese potrebbe essere solo il primo di una serie? Ipotizzarlo è lecito, anche perché «in Cina e Oriente questo tipo di ristorante, low cost e di cucina internazionale, è molto diffuso», spiega Chiara Piccinini, docente di Lingua cinese alla Cattolica di Milano. Del resto, il nome è un programma: «Si tratta di un caso di omofonia», aggiunge Piccinini, «perché la pronuncia dei numeri 1, 6 e 8 assomiglia al motto cinese “Fai tanti soldi ovunque tu sia”, che nella cultura orientale è un augurio di prosperità, non un invito al mero accumulo di denaro».


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