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Risposta a quesito in ordine al trattamento dei dati personali relativi ad ammalati di Aids.

di Redazione

Non possono essere diffusi i nomi per le indagini sul consumo di farmaci

La privacy per i malati di Aids (Garante 20.1.99)

Per le indagini sul consumo dei farmaci le direzioni delle Unità sanitarie locali non possono utilizzare i dati nominativi sui malati di Aids, e anzi dovranno garantire che questi vengano conosciuti solo dai dipendenti dei reparti di malattie infettive, ed esclusivamente per scopi di cura. Lo ha ribadito il Garante per la protezione dei dati personali in risposta ad un quesito relativo al monitoraggio dei farmaci per i malati di Aids, l’Autorità in particolare ha sottolineato che la legge sulla protezione dei dati, pur prevedendo la possibilità da parte delle amministrazioni pubbliche di utilizzare dati sensibili, ha fatto salva la legge del 1990 in materia di Aids (n.135) che stabilisce l’obbligo per gli operatori sanitari di adottare tutte la misure necessarie per la tutela della riservatezza delle persone malate di Aids o affette da Hiv. Eventuali ricerche a scopo statistico potranno dunque essere fatte solo con dati anonimi.(04 febbraio 1999)

Risposta a quesito in ordine al trattamento dei dati personali relativi ad ammalati di Aids
E’ pervenuta la nota del 27/8/1998 con il quale il primario della divisione malattie infettive chiede il parere di questa Autorità in ordine alla richiesta di trasmissione di dati nominali e di indicazioni terapeutiche relative ai pazienti affetti da Aids pervenute dal direttore generale della U.L.S.S.

Al riguardo il Garante formula le seguenti osservazioni:

1) La suddetta richiesta della direzione della U.L.S.S. comporta la trasmissione, da parte della divisione di malattie infettive di codesto ospedale, di dati di estrema delicatezza e sensibilità dai quali non solo si desume chiaramente l’identità di tutti gli ammalati di Aids che sono stati ricoverati presso tale struttura, ma altresì il tipo di terapie cui gli stessi sono stati sottoposti e, ancor più specificatamente, l’indicazione temporale dei periodi durante i quali gli stessi sono stati sottoposti a terapia antiretrovirale, permettendo quindi di desumere informazioni anche sullo stato di avanzamento della terapia stessa;

2) va innanzitutto ricordato che la legge 31/12/1996 n.675 permette ai soggetti pubblici (quali una U.L.S.S.) di proseguire il trattamento dei dati sensibili, come quelli attinenti allo stato di salute, fino all’8 maggio 1999 (articolo 41, comma 5, come dall’articolo 9 del decreto legislativo 6/11/1998 n.389) anche quando il trattamento medesimo non sia previsto da un’espressa disposizione di legge avente le caratteristiche di cui all’articolo 22, comma 3 della legge.

Tuttavia la medesima legge n.675 (articolo 43, comma2) ha fatto salve alcune specifiche disposizioni di legge previgenti e tra esse ha confermato la vigenza, nella misura compatibile con la legge n.675, delle disposizioni contenute nella legge 5/6/1990 n.135 in materia di Aids;

3) tra le vigenti disposizioni della legge n. 135/1990 figura l’obbligo per “gli operatori sanitari che, nell’esercizio della loro professione, vengano a conoscenza di un caso di Aids, ovvero di un caso di Hiv” di adottare “tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita” (articolo 5, comma 1) e di comunicare i risultati degli accertamenti diagnostici, diretti o indiretti, “esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti” (articolo 5 comma 4).

L’articolo 6 vieta poi “ai datori di lavoro pubblici e provati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l’instaurazione di un rapporto di lavoro l’esistenza di uno stato di sieropositività”;

4) alla luce del descritto quadro normativo, la trasmissione dei sopracitati dati personali sensibili alla direzione sanitaria dell’U.L.S.S., motivata nella nota del 27/8/1998 da esigenze di rilevamento di dati concernenti il consumo dei farmaci, appare non conforme al preciso dettato normativo della legge n.135. Le finalità perseguite dalla direzione dell’U.L.S.S. sembrano essere di tipo statistico/contabile, non pertinenti quindi ad esigenze di cura delle persone affette da Aids. Il dettato della legge n.135 impone, però, il mantenimento di un rigoroso rispetto della riservatezza delle persone affette da Aids.

Pertanto rilevazioni e controlli sul numero delle presenze, sulla durata dei periodi di degenza, sul tipo di farmaci somministrati dovrebbero avvenire attraverso rilevazioni che siano in grado di preservare l’anonimato dei soggetti interessati;

5) uguale attenzione alla riservatezza degli ammalati di Aids dovrà essere posta in relazione alla raccolta ed alla conservazione dei dati nell’archivio elettronico della divisione di malattie infettive o di altri reparti ospedalieri, di cui vi è cenno nel punto quattro della nota del 27/8/1998.

Al riguardo occorre verificare che l’accesso ai dati nominativi degli ammalati sia possibile esclusivamente ai dipendenti delle divisione di malattie infettive o di altri reparti ospedalieri che abbiano reali esigenze di accesso agli stessi per ragioni di assistenza e cura ai medesimi pazienti. I nominativi9 di questi non dovranno invece essere accessibili ai dipendenti operanti in altre divisioni o presso le strutture amministrative dell’ospedale e della U.L.S.S. che dovranno, quindi, apprestare idonee misure di sicurezza;

6) in conclusione, sulla base degli elementi disponibili ed ai sensi dell’articolo 32, comma 1, della legge n.675, si invita codesta direzione generale a fornire a questa Autorità, entro il 15 gennaio 1999 ogni ulteriore elemento utile per una valutazione più compita del caso.

Si invita, inoltre, la medesima direzione generale a sospendere nel frattempo la raccolta dei dati nominativi in questione e la divisione malattie infettive a limitare i trattamenti di dati personali dei pazienti affetti da Aids alle sole operazioni strettamente pertinenti alle finalità di assistenza e cura degli stessi

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