Volontariato

Risposta a Luigi Manconi. Le anime di Lilliput

Questa settimana i lillipuziani continuano il dialogo. "Siamo diversi, tra noi ci sono tanti gruppi di ispirazione religiosa".

di Redazione

Sembra opportuno sgomberare subito il campo dai riferimenti ai voti eventualmente destinati a Rocco Buttiglione, ricordando che la Rete ha con estrema chiarezza preso la distanze da partiti e sindacati e che le espressioni di voto sono considerate fatti individuali che non hanno alcuna rilevanza né per i gruppi di base né per i Nodi né per alcuno degli altri ?luoghi? della Rete (Gruppi di lavoro tematici, associazioni, Tavolo delle campagne, ecc.).
Ovviamente ciò non significa che la Rete condanni la partecipazione alle competizioni elettorali o sia totalmente contraria a partiti e sindacati. La Rete si limita a verificare che i temi da lei affrontati sono al momento trascurati o contrastati dalle attuali forze politiche e mentre esclude la partecipazione a livello istituzionale e organizzativo della Rete di partiti e sindacati, non pone alcun ostacolo (ma vedrebbe come fatto o segnale positivo) alla partecipazione di singole sezioni o strutture territoriali alle iniziative sul territorio dei Nodi della Rete.
La Rete inoltre, in quanto si considera espressione della società civile, ha tra le sue finalità l?aumento della partecipazione della popolazione ai momenti decisionali, fermo restando che l?espressione del voto è purtroppo da tempo solo una parte poco significativa dei meccanismi democratici mentre è necessario ristabilire e rinforzare i sistemi di reale partecipazione.
Anche la lettura dei risultati delle ultime elezioni amministrative (contrariamente alle illusioni di alcuni politici), indipendentemente dalla destinazione dei voti, sembrano confermare questa irrilevanza della Rete a fini esclusivamente elettoralistici, che discende anche dalla natura dei problemi internazionali considerati fondamentali per definire gli obiettivi concretamente perseguiti dalla Rete.

Tra gli aspetti che è invece importante approfondire c?è sicuramente quello della cosiddetta ispirazione ?cattolica? della Rete. è evidente che molti dei tentativi di attribuire questa etichetta sono operazioni interessate per tattiche politiche oppure sono alcune delle numerosissime semplificazioni forzate della realtà eseguite dai mezzi di comunicazione di massa più grossolani o alla ricerca di notizie eclatanti (tipo «il movimento si spacca» o «i cattolici abbandonano i no global»).
Un?analisi più attenta dei documenti ispiratori e delle pratiche di mobilitazione dovrebbe far notare che anche se molti (peraltro non sono stati mai contati!) dei gruppi di base e delle associazioni che compongono la Rete o che con essa collaborano possono avere delle ispirazioni religiose, si tratta sempre di entità impegnate sui temi internazionali in modi molto avanzati come analisi e metodi di lavoro (che in America latina o in Africa significa essere tra le forze antiliberiste e di sinistra, anche se con i dovuti ?distinguo?) o che comunque non sono viste di buon occhio dalle istituzioni ecclesiastiche.
In sostanza varrebbe la pena di distinguere molto accuratamente tra le motivazioni interne, individuali e di gruppo, e le collocazioni politiche di fatto, metodo particolarmente utile nelle fasi sociali tumultuose e a rischi crescenti; una tale analisi, applicata anche ai Social forum rivelerebbe composizioni e provenienze, impensabili solo uno o due anni fa, e oggi rese necessarie dalla drammaticità delle situazioni.
Dopo i fatti di Genova, anche una (speriamo eventuale) guerra espressa dal sistema dominante rivelerà ulteriori salti ed espansioni nelle collaborazioni tra movimenti di base di ispirazione e comportamenti diversi ma unitari nelle finalità umane e negli obiettivi concreti.
Un discorso a parte (forse) meriterebbe l?ipotesi, ventilata da un interlocutore di Manconi, che il modello organizzativo della Rete sia mutuato da «esperienze parrocchiali o comunque chiaramente riconducibili al mondo cattolico».
Mentre è opportuno ricordare che la formula organizzativa faticosamente messa a punto a gennaio di quest?anno è ancora sperimentale e che molte critiche possono e devono farsi su come concretamente riesce a funzionare il modello prescelto (in sintesi, le decisioni valide per la Rete nel suo complesso devono essere prese dai Nodi, non ci sono né un direttivo né dei rappresentanti, il subnodo è solo una sede di facilitazione ed è comunque formato da rappresentanti di Nodi, le scelte strategiche e gli obiettivi concreti sono stabiliti nelle assemblee di tutti i Nodi, e così via), sembra veramente difficile il confronto con il funzionamento di chiese e parrocchie.
Da qualche giorno è sul sito della Rete (Rete Lillput) un documento destinato a facilitare il processo di monitoraggio dell?esperienza in corso, in modo da apportare modifiche e miglioramenti durante l?assemblea del 2003; sarebbe di estrema utilità per i Nodi se Manconi potesse prenderne visione e soprattutto potesse seguire lo svolgimento del processo almeno presso alcuni di essi.

Veniamo ora agli aspetti positivamente critici che abbiamo individuato nella risposta di Manconi e che francamente ci interessano molto di più. «Concentrazione sull?altro in carne e ossa»: queste parole ci sembrano piuttosto ?retrò? per i tentativi che ben prima di Seattle, e con un?intensità che ci sembra non avere precedenti, la Rete sta facendo per collaborare strettamente e a condizioni di pariteticità con i movimenti più avanzati del Sud e con le Reti omologhe del Nord (dalle 60 campagne per la cancellazione del debito estero dei paesi sottosviluppati al Movimento dei Sem Terra, dai collegamenti con le reti contro il cattivo uso delle biotecnologie e gli ogm ai coordinamenti contadini in Africa occidentale).
Possiamo accettare molte critiche sui ritardi, sulle improvvisazioni, sulla scarsa efficienza, sulla ridotta incisività rispetto al modello dominante, però non si può negare che stiamo finalmente tentando di lavorare a livello internazionale proprio come è necessario fare per affrontare i gravi danni della globalizzazione economica e le irrecuperabili modificazioni dei processi naturali.
Non si tratta di rendere meno ?lontani? i destinatari dell?azione (che fra l?altro si sono molto ?avvicinati? non per merito nostro ma per i meccanismi della globalizzazione, basti pensare agli immigrati uccisi giornalmente sulle nostre coste) ma proprio di lavorare insieme per bloccare dighe e per far distribuire farmaci a prezzi accessibili, ogni associazione nella propria realtà ma su strategie comuni.
Siamo convinti che uno dei fattori unificanti della Rete (ma anche di Attac, ecc.) sia proprio la presa di coscienza diffusa che il lavoro di un singolo gruppetto isolato non è sufficiente per contrapporsi ai processi globali, e che solo un lavoro di rete e la interconnessione delle reti possono permettere di ottenere dei risultati concreti.
Anche «la consequenzialità tra sistema dei valori e scelte e stili di vita (i comportamenti profondi)» deve essere letta non soltanto in termini di coerenze individuali, ovviamente perseguite e necessarie, ma soprattutto come presa di coscienza che gli attuali meccanismi di consumo e di utilizzo delle risorse naturali devono essere rifiutati non solo perché sono ingiusti ma perché stanno portando il pianeta verso un disastro annunciato.
è probabile che alcuni gruppi della Rete o altre componenti del movimento internazionale non siano perfettamente coscienti di che cosa comporta questa maturazione delle analisi. Anche alcune delle difficoltà, che stiamo sicuramente incontrando sul piano del funzionamento, sono dovute proprio alla differenza esistente tra perseguire un modello utopico liberamente scelto, ma proiettato in un futuro indeterminato (?no justice, no peace?) e sentire invece la necessità e l?urgenza di apportare subito delle modifiche al sistema dominante e di dover passare il più presto possibile a un sistema diverso, che permetta l?evoluzione della metà di umanità esclusa dall?attuale modello di sviluppo.

Anche le differenze interne alla Rete e fra la Rete e altre componenti del movimento possono essere in parte attribuite al confluire nella stessa esperienza organizzata di impegni molto concreti e scelti sulla base di un sano pragmatismo, (dalle botteghe del commercio equo e solidale alle iniziative sul consumo critico, dalla finanza etica alla Tobin tax), tra loro diversi e rispondenti a priorità differenti, ma uniti da sensibilità ed esigenze comuni, in particolare dalla scelta di perseguire obiettivi concreti e misurabili, che espone ai rischi delle disillusioni, ma permette di evitare le fumosità della politica e la vaghezza incontrollabile degli obiettivi delle organizzazioni internazionali.

La presa di distanza dai ?cortei? e comunque da tutte quelle iniziative che sono vere e proprie trappole del sistema dominante nelle quali i movimenti rischiano di esaurire le loro scarse forze, è dovuta in larghissima misura a questa esigenza di concretezza (cosa si è ottenuto facendo arrivare 100mila persone in piazza? Cosa fanno di concreto quelle 100mila persone il giorno dopo?), non certo a un ripudio cieco di uno strumento di presenza essenziale per la democrazia. Le manifestazioni di massa sono solo uno degli strumenti a disposizione di un movimento esteso e articolato quanto a motivazioni e finalità.
Oggi dovremmo (tutti) essere in grado di articolare le iniziative sul territorio, di aumentare gradatamente la pressione sulle istituzioni, di elaborare continuamente delle strategie ampiamente partecipate, di verificare in concreto i risultati ottenuti, sempre per tenere conto del fatto che i problemi si sono aggravati e non accennano a migliorare, anzi.

Infine, qualche parola sul ?narcisismo?, che peraltro ci sembra un po? difficile possa essere imputato alla Rete, che semmai pecca forse in senso opposto. Dall?interno, abbiamo semmai la sensazione che i gruppi aderenti si preoccupino troppo poco di far conoscere le esperienze in corso, cioè che alimentino poco la rete e le sue potenzialità di moltiplicazione, riscontriamo spesso un rifiuto di presenzialismo o di rivendicazione, tanto che si rifiutano persino alcuni metodi di comunicazione all?esterno giudicati troppo inflazionati e inquinati dal sistema dominante.
In qualche misura manca forse anche una piena coscienza delle potenzialità del lavoro di rete e della forza politica di una mobilitazione su tutto il territorio nazionale e con il supporto di reti internazionali. Le ambizioni, se ci sono, riguardano piuttosto i metodi per coinvolgere altre persone, per far partecipare fasce più larghe di popolazione, per entrare in contatto con esperienze estere, ma i modi sono più ?carbonari? e minimalisti che tendenti all?ostentazione carismatica e mediatica.
Perfino il semplice uso della rete informatica o di un ufficio stampa vengono sentiti come ancora estranei allo ?spirito lillipuziano? e lo sforzo organizzativo interno è molto concentrato a far emergere nella loro reale dimensione tutte le esperienze in corso all?interno e verso l?esterno ma il cammino non si presenta facile.
Grati per l?attenzione data al nostro lavoro, vorremmo ringraziare Luigi Manconi per l?occasione offertaci di precisare e qualificare l?impegno della Rete.

Info:
Lettera aperta di Luigi Manconi

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.