Famiglia
Risoluzione Ue contro l’abbandono di neonati
Consiglio d'Europa "preoccupato" raccomanda politiche di prvenzione e tutela dei bambini e delle madri
Lo scorso 27 giugno il Consiglio d’Europa ha approvato la risoluzione che raccomanda ai 27 Paesi che aderiscono all’Unione di prevenire l’abbandono dei neonti. Si tratta di un atto di indirizzo che, per la prima volta, affronta il tema a livello comunitario rientrando negli orientamenti più recenti della Commissione Onu. A rilanciare la notizia, proprio oggi, il portale del Centro nazionale di documentazione sull’infanzia e l’adolescenza www.minori.it
Dal preambolo si legge che l’Assemblea è preoccupata perché ancora oggi il fenomeno dell’abbandono di bambini è ben lontano dal ridursi. Le difficoltà economiche, la povertà e l’Aids fanno sì che un forte tasso di abbandono di bambini alla nascita perduri in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale, e che anzi il fenomeno riappaia anche in alcuni paesi dell’Europa occidentale.
Molto dura la valutazione del Consiglio sulla pratica dell’adozione internazionale: “l’adozione è divenuta un mercato”, dice la risoluzione, “e la mancanza di neonati adottabili in Occidente rappresenta un fattore aggravante”.
Le raccomandazioni conclusive ruotano interamente intorno a un principio fondamentale: il diritto del bambino a vivere nella sua famiglia e a conoscere le sue origini. Da ciò discendono una serie di impegni che gli Stati dovrebbero assumersi, a cominciare dallo sviluppo di una politica attiva contro l’abbandono dei neonati, il sostegno alle giovani madri (in particolare le emigrate, le donne appartenenti a minoranze o le portatrici di Aids), il pieno accesso ai servizi di sanità riproduttiva.
Il Consiglio d’Europa invita gli Stati a convincere le madri a lasciare in ogni caso la loro identità, anche se il parto avviene in un contesto protetto, per far sì che i loro figli possano un giorno risalire alle loro origini.
Infine, “Ogni Stato deve avere l’obbligo di garantire, in qualsiasi momento, un ambiente familiare rassicurante ad ogni bambino, che si tratti della sua famiglia, della sua famiglia d’accoglienza o della sua famiglia adottiva”, si legge nel paragrafo conclusivo. “Nessun bambino deve senza ragione subire pregiudizi all’interno delle strutture educative, sanitarie e sociali disponibili. Un inadempimento a questi obblighi sarebbe indegno di uno Stato e del mantenimento della sua qualità di membro del Consiglio dell’Unione Europea”.
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