Formazione

Riso amaro alla barese

Dietro “Lacapagira”, caso cinematografico dell’anno, dove un regista esordiente, Alessandro Piva, racconta i bassi del capoluogo pugliese

di Mara Mundi

«La stampa locale ha calcato molto la mano sulla profezia del film, ma gioco d?azzardo e videopoker esistono da molto tempo e continueranno ad esistere. Il nostro non è un instant movie». La voce attraversa il filo del telefono senza alcuna inflessione dialettale.
A parlare è Alessandro Piva, trentaquattrenne salernitano ma barese per adozione negli anni del liceo. È il regista de ?Lacapagira?, il film autoprodotto e realizzato in economia nei bassifondi del capoluogo pugliese. Ha vinto il David di Donatello, Alessandro, e la soddisfazione di vedere la sua pellicola, girata in super 16 e gonfiata a 35 millimetri, in proiezione al Festival di Berlino nella sezione dedicata al cinema indipendente.
Traguardi ambiziosi, insomma, per quei settantacinque minuti di celluloide (corredati con sottotitoli in italiano) che in autentico dialetto barese raccontano di malavita, traffici illeciti di droga, bische clandestine e macchinette mangiasoldi. Subito riacceso il dibattito sull?intreccio tra fiction e realtà.
Proprio nei giorni scorsi, infatti, si è conclusa con quindici arresti, l?operazione ?Jolly?, condotta dai Carabinieri del reparto operativo provinciale di Bari, che ha interrotto un giro d?affari miliardario nel mercato dei videopoker. Oltre quaranta le indagini ancora in corso.
«Nelle intenzioni degli autori», riprende Alessandro, «?Lacapagira? attinge in chiaroscuro alla realtà che viviamo tutti i giorni a Bari. Può sembrare un film-denuncia, in realtà presenta solo riflessioni in agrodolce sul nostro vivere di periferia, lasciando allo spettatore libera chiave di lettura. Ai videogiochi truccati dedichiamo solo uno spaccato», precisa. «La coincidenza con i recenti fatti di cronaca è stata amplificata dalla stampa, che deve inseguire le notizie quando tengono desta l?attenzione pubblica. Poi, come da copione, si volta pagina, scordandosi del problema. È quello che succede con i videopoker truccati».

Voglia di riscatto e videopoker
Un fenomeno che investe l?intera Penisola, già da tempo. Non solo il Mezzogiorno. «Anche a Roma» riprende Alessandro. «So di una saletta dietro a un bar, ufficialmente aperta a tutti. Poi, ci trovi solo accaniti giocatori alle prese con full, jack ed assi virtuali». Come Lillino, uno dei tanti protagonisti di questo film corale. Piccolo impiegato barese, di quelli che cercano di arrotondare il magro stipendio del 27 di ogni mese affidandosi alla sorte. Di quelli che contraggono 850 mila lire di debiti a causa delle macchinette, ma che oltre l?orario di chiusura dei bar chiedono un credito di altre 50 mila lire per tentare il riscatto. Ad impedire a Lillino di continuare a dilapidare il patrimonio familiare arriva la moglie Nina. «I quindici personaggi che ruotano intorno alla storia offrono tutto il campionario che la vita può dare. A Bari, ti accorgi che il film non è finito quando lasci la sala. Ma continua nelle strade che pratichi ogni giorno», conclude, su questo tema, Alessandro.
È facile intuire che i fratelli Piva, Alessandro per la regia e Andrea per la sceneggiatura e il soggetto, volevano sperimentare un modo nuovo di fare cinema. Diverso. «Volevamo superare la scollatura tra finzione cinematografica e vita reale, riavvicinando queste due realtà. È una grande soddisfazione esserci riusciti. Il pubblico riconosce maggior credito alle vicende narrate sullo schermo perché sono quelle della gente qualunque. Del resto i film americani hanno forti agganci con la realtà, soprattutto nei dettagli. Anche chi non ha visitato il Bronx o Harlem si è fatto una precisa idea di come possano essere». Ma ?Lacapagira? è anche il film che ha restituito al dialetto barese la sua originaria identità, fatta di un gergo incomprensibile, quasi ermetico. È tutto il film che ha un forte sapore casereccio, a cominciare dagli attori, provenienti quasi tutti dalla comicità locale. Sono in tre a non recitare per professione. Tra questi, anche un avvocato, nei panni di un tecnico dei videogiochi pronto ad inventarsi mille astuzie per camuffare i videopoker in macchinette buone sole a fare due partite con i pacman.

Attori senza compenso
Il sapore delle cose fatte in casa si respira nella scelta di rinunciare ad ogni compenso.Una scelta fatta senza ripensamenti da tutti gli attori, che adesso hanno lanciato sul sito Internet de ?Lacapagira? (www.lacapagira.com, da non perdere, ndr) una vendita telematica di magliette promozionali, precisando che «il ricavato sarà devoluto agli attori». Continua a respirarsi anche online il clima di piena ilarità che comunque accompagna l?intero film, con accenti a volte drammatici, altre grotteschi. «Nostra ferma intenzione», puntualizza Alessandro, «è far pieno ricorso alle energie locali. Avvertivo il bisogno di rendere omaggio a una città che mi ha regalato preziosi momenti emotivi e culturali. A Bari ho fatto l?amore per la prima volta e per la prima volta ho litigato con dei ragazzi, giù in strada. Molte delle mie prime volte hanno Bari come cornice di sfondo. Ero allo stadio quando ho sentito parlare, per la prima volta in modo diffuso, il dialetto barese. Mi sembrava una lingua sconosciuta, non riuscivo a capire nulla. Poi ho cominciato ad amarla, e a capire che poteva rappresentare la faccia inedita del nostro Paese, espressione di tutti i piccoli mondi lontani, altrimenti irraggiungibili».
È un film fatto dalla gente, ?Lacapagira?. Fatto dal ristoratore che nelle quattro settimane di riprese, fra marzo e aprile dello scorso anno, riservava ogni sera una tavola per la troupe. Gratis. Un film fatto da chi metteva a disposizione la villa della nonna, per tecnici, operatori ed attori. Mentre gli enti restavano a guardare. «Adesso che il film ha risvegliato l?orgoglio di essere pugliesi, ci giungono le lusinghe tardive di autorità compiaciute. Ma ora non ci interessano. Siamo molto più gratificati dal successo che riscuotiamo nelle sale milanesi. E non solo dagli emigrati». Perché, per una volta, un?Italia divisa su tutto si trova unita, quando la capa gira.

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